1. Introduzione: lo stress da caldo nella bufala da latte

Seconde le stime dell’IPCC (2022) la temperatura globale è aumentata di 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali. Dato l’attuale scenario climatico e le stime future poco incoraggianti (Segnalini et al., 2011;2013), dobbiamo aspettarci che gli allevamenti siano sempre più colpiti dagli effetti negativi dello stress da caldo (SC). Lo SC può essere semplicemente definito come una condizione che si verifica quando un animale non è in grado di dissipare un’adeguata quantità di calore endogeno, sia esso prodotto o assorbito dall’organismo, per mantenere l’equilibrio termico corporeo (Bernabucci et al., 2014). Questo accade quando la temperatura e l’umidità ambientale sono elevate, ovvero quando la temperatura ambiente è al di sopra della cosiddetta zona termoneutrale.

Ben noto è che lo SC può causare una serie di effetti negativi sui bovini da latte, tra cui una diminuzione della produzione di latte, una riduzione dell’assunzione di alimento, una riduzione delle prestazioni riproduttive e una maggiore suscettibilità alle malattie (Bernabucci et al., 2010). Inoltre, lo SC può causare cambiamenti fisiologici come un aumento della frequenza cardiaca e respiratoria, un aumento del flusso sanguigno verso la cute e un aumento della sudorazione che può portare a una perdita di elettroliti, disidratazione e infiammazione. Per questi motivi, lo SC ha un enorme impatto economico sull’industria lattiero-casearia globale. Nei bufali, allevati in condizioni intensive, sono disponibili meno informazioni sull’effetto dello SC rispetto a quelle reperibili per i bovini da latte. 

I bufali sono diffusi in molte aree del mondo, principalmente in Asia, in alcuni paesi del Mediterraneo, e in alcuni paesi dell’Europa orientale e dell’America latina (Marai & Haeeb, 2010). Pertanto, i bufali sono adattati a climi diversi. In particolare, per le loro caratteristiche morfologiche, anatomiche e comportamentali, si adattano meglio ai climi caldi e umidi (Marai & Haeeb, 2010). Rispetto alle vacche, sembra che i bufali siano più tolleranti allo SC e possano gestire meglio i climi tropicali, con minori effetti negativi sulla produzione e sulla fisiologia. Tuttavia, mostrano segni di maggiore disagio se esposti alla radiazione solare diretta (Marai & Haeeb, 2010; Matera et al., 2022). La temperatura corporea del bufalo è leggermente inferiore a quella delle vacche, ma la pelle del bufalo è generalmente nera. Questo fa sì che assorba una grande quantità di radiazione solare; inoltre, i bufali hanno un’evaporazione meno efficiente a causa della loro capacità di sudorazione piuttosto scarsa rispetto ai bovini in quanto presentano un numero ridotto di ghiandole sudoripare (Marai & Haeeb, 2010; Debbarma et al., 2018). La presenza ridotta di ghiandole sudoripare, il colore scuro della pelle e i peli radi del corpo influiscono negativamente sulla tolleranza al calore in questi animali.

La maggiore presenza di bufali si riscontra maggiormente alle latitudini caratterizzate da clima caldo-umido (aree tropicali e subtropicali). Per questo hanno sviluppato nel tempo meccanismi difensivi quali una grande quantità di melanina e di ghiandole sebacee che, rispettivamente, proteggono dai raggi ultravioletti (Shafie, 1985) e, attraverso il sebo secreto e sciolto dalle alte temperature, riflettono i raggi del sole alleviando così l’animale da un eccessivo carico termico esterno (Shafie & El-Khair, 1970). 

L’esposizione dei bufali al caldo provoca una serie di cambiamenti nelle loro funzioni biologiche che includono una diminuzione dell’assunzione di alimento, riduzione dell’efficienza alimentare, disturbi nel metabolismo dell’acqua, delle proteine, degli equilibri energetici e minerali, alterazioni delle reazioni enzimatiche (Kumar et al., 2018), riduzione della produzione e della qualità del latte (Costa et al., 2020), e una riduzione della manifestazione del calore e quindi della fertilità (Upadhyay et al., 2007). 

L’elevata temperatura e l’umidità dell’aria sono i principali fattori responsabili delle variazioni nelle reazioni fisiologiche degli animali, e queste variazioni possono essere diverse a seconda della specie e della razza (Mullich, 1960; Bernabucci et al., 2010). Come riportato in letteratura (Ji et al., 2020), i parametri termici sono i fattori chiave utilizzati per definire lo stress termico negli animali. Il più utilizzato è l’indice di temperatura-umidità (THI), che combina la temperatura con l’umidità dell’aria fornendo un unico indice che fornisce informazioni sulle condizioni di comfort dell’animale. 

Numerosi studi hanno stabilito soglie di THI per lo SC nei bovini ma sono pochi quelli che indicano i valori ottimali di THI per i bufali. Secondo Choudhary & Sirohi (2019) nei bufali i valori di THI <72 sono considerati ottimali, THI tra 72 e 79 sono considerati come “stress lieve”, 80-89 “stress moderato” e con valori ≥90 si hanno forme di “stress grave”. È stato visto che quando il THI massimo aumenta oltre 72, le condizioni di stress lieve nelle bufale si riflettono in un leggero calo della produzione di latte (Choudhary & Sirohi, 2019). 

Considerando gli effetti del THI sulle prestazioni riproduttive del bufalo, Dash et al. (2016) hanno classificato i mesi dell’anno in due categorie in base ai valori di THI: una zona di non stress termico (NHSZ) e una zona di stress termico (HSZ). I mesi da ottobre a marzo sono stati inclusi nella NHSZ, con il THI compreso tra 56,71 e 73,21, mentre i mesi da aprile a settembre sono stati considerati nella HSZ, con il THI compreso tra 75,39 e 81,60. All’interno dell’HSZ è stata anche caratterizzata una zona critica di stress termico (CHSZ). Il CHSZ corrisponde ai mesi di maggio e giugno, quando il THI varia da 80,27 a 81,60. Choudhary e Sirohi (2019) hanno riportato i livelli di soglia massima, minima e media di THI per il bufalo: i valori limite sono rispettivamente 74,37, 61,73 e 68,15. Il livello di soglia indica il livello critico di THI fino al quale l’animale può tollerare lo SC e dopo il quale si verifica un calo significativo della produttività. Così, nelle bufale, sebbene sia percepibile una diminuzione della produzione di latte dopo che il THI massimo supera i 72, la diminuzione è significativa solo quando il THI supera 74.

In condizioni di SC, i bufali modificano vari parametri fisiologici, come la temperatura rettale (TR), la frequenza respiratoria (FR), la frequenza cardiaca (FC), la temperatura cutanea (TP) e la temperatura corporea (TC) (Mishra, 2021). Questi sono considerati i principali parametri fisiologici che possono essere quantificati per valutare la presenza di condizioni stressanti come lo SC negli animali (Marai & Haeeb, 2010). È stato osservato che, rispetto ai bovini, quando si trovano in un ambiente riparato (es. stalle) i bufali non modificano la loro TC, FC e FR quando la temperatura dell’aria varia da 30-33 °C con umidità sia bassa (33-38%) che alta (82-88%) (Mullich, 1960). Invece, quando i bufali sono esposti al sole senza nessun tipo di riparo, il TC, FC e FR aumentano più rapidamente rispetto ai bovini (Mullich, 1960). Gudev et al. (2007) hanno osservato che l’esposizione delle bufale in lattazione alla radiazione solare diretta (THI = 77,83) provoca un aumento significativo della loro TR e FR, dimostrando che il carico termico è maggiore della capacità di dissipazione del calore del corpo. Lo stesso valore di THI non ha indotto variazioni significative di TR quando le bufale sono state poste all’ombra; tuttavia, il mantenimento della TR all’interno della zona termoneutrale è stato ottenuto a scapito di una maggiore FR. Uno studio condotto in Egitto (Mostageer et al., 1974) su bufale e vacche ha riportato che nelle stesse condizioni di allevamento (la temperatura dell’aria era di 30-33 °C), la TC media di entrambe le specie era la stessa (38,8 °C), mentre la FR era ampiamente diversa (27,19 per la bufala e 46,69 per le vacche, atti respiratori al minuto). 

2. Strategie di mitigazione

Ridurre gli effetti dello stress da caldo nei bufali è possibile agendo su diversi fronti. Una strategia a lungo termine è l’approccio genetico, ovvero la selezione dei soggetti più tolleranti allo SC. Approcci a breve termine sono l’adozione di strategie alimentari e manageriali.

Figura 1. Strategie per la mitigazione dello stress da caldo nelle bufale.

2.1. Alimentazione e strategie nutrizionali

Sono state sperimentate diverse strategie nutrizionali (Tabella 1) con l’obiettivo di mitigare lo SC nelle bufale da latte. Alcune di loro prevedevano l’additivazione di minerali e/o vitamine nella dieta (Megahed et al., 2008; Chaudhary et al., 2022; Evangelista et al., 2022); altre hanno previsto l’uso di foglie di Moringa oleifera (MOL) ricche in tannini, glicosidi, antociani, tiocarbammati e polifenoli che possono proteggere dallo stress ossidativo (Wafa et al., 2017); altre ancora si sono basate sulla modulazione dei livelli di fibra, proteine ​​ed energia con l’obiettivo di ridurre la produzione di calore metabolico nel rumine (Talukdar et al., 2017; Lakhani et al., 2021).

Tabella 1. Effetto di diversi trattamenti nutrizionali e alimentari su diversi parametri.

Evangelista et al. (2022) e Chaudhary et al. (2022) hanno osservato che l’integrazione a base di minerali e vitamine non influisce sull’ingestione di sostanza secca (SSI), ma piuttosto favorisce la produzione di latte (PL) con un aumento rispettivamente del 3,5% e del 10,9% L/giorno. Rispetto alla qualità del latte, Evangelista et al. (2022) non hanno riscontrato differenze significative nel contenuto di grassi, proteine ​​e lattosio ma hanno osservato effetti positivi sui parametri reologici del latte. Al contrario, Chaudhary et al. (2022) hanno osservato un aumento dei livelli di grasso, proteine ​​e lattosio. Chaudhar et al. (2022) e Wafa et al. (2017) hanno riscontrato effetti positivi sui parametri fisiologici che mostrano una significativa riduzione della TR, TP e FR (Tabella 1). Wafa et al. (2017) hanno esaminato l’effetto di MOL sulla qualità del seme e hanno riportato un aumento significativo della motilità e della vitalità del seme, e una diminuzione dell’incidenza di anomalie e danni all’acrosoma. Megahed et al. (2008) riportano un miglioramento del tasso di gravidanza (dal 62,5% al ​​75,0% durante la stagione estiva) integrando la dieta delle bufale con Vit E + Se. Kumar et al. (2019) hanno osservato un aumento della SSI (+3 kg/g), PL (+1 kg/g) e maggior percentuale di grasso del latte (+0,5 %) con una somministrazione intramuscolare di Vit E + Se. Inoltre, hanno anche osservato una diminuzione della TR (-1 °C), FR (-3 respiri/min) e FC (-5 battiti/min) nel gruppo trattato rispetto al gruppo di controllo.

La modulazione dei livelli di fibra nella razione ha migliorato la quantità di grasso del latte (con il miglior valore di 6,81% per la dieta contenente il 37% di NDF e l’8% di proteine ​​metabolizzabili) (Lakhani et al., 2021). Inoltre, è stata osservata una riduzione della FC (-4 battiti/min) in tutte le diete contenenti l’8% di PM. La dieta che ha migliorato i parametri fisiologici è stata quella contenente il 34,5% di NDF e l’8% di PM.

Talukdar et al. (2017) hanno valutato due diversi livelli di energia metabolizzabile nella dieta. L’energia metabolizzabile maggiore (+15%) non ha avuto alcun effetto sui parametri fisiologici, mentre EM minore (-15%) ha comportato un aumento della TR e TP. Ciò è probabilmente dovuto alla maggiore produzione di calore metabolico derivante dall’aumento del contenuto di fibra nella dieta

2.2. Strategie di raffrescamento

Una strategia per prevenire lo SC nelle bufale da latte è l’adozione di sistemi di raffrescamento (Figura 1, Tabella 2).  Molti autori hanno accertato l’effetto positivo del raffrescamento sui vari parametri indicativi del benessere degli animali sia in climi temperati che tropicali (De Rosa et al., 2009; Neglia et al., 2009; Aggarwal & Singh, 2010; Ahmad et al., 2017; 2019) e nei bufali sia femmine che maschi (Hoque et al., 2018). Neglia et al. (2009) hanno osservato nella bufala Mediterranea italiana che una maggiore disponibilità di spazio e la presenza di una piscina migliorano il tasso di concepimento entro 120 giorni dal parto (+13,8%), ed inoltre si ha una riduzione dell’intervallo parto-concepimento soprattutto nei mesi più caldi (aprile-agosto).

Tabella 2. L’effetto di diverse strategie di raffrescamento su diversi parametri.

Lo SC influisce negativamente sugli aspetti riproduttivi dei maschi, deteriorando la qualità dello sperma (De Rosa et al., 2009; Ramadan et al., 2009; Sharma et al., 2018; Gonçalves, et al., 2021). La temperatura massima per la spermatogenesi ottimale è 29,4 °C, mentre la temperatura minima è di 15,5 °C (Singh et al., 2014). Quando queste soglie vengono superate, gli animali vanno in stress e la spermatogenesi ne risente negativamente. Hoque et al. (2018) hanno visto che in condizioni di camera climatica controllata (THI 72,66±2,30 al mattino e 81,66±2,51 nel pomeriggio), l’uso di più docce al giorno (4 al giorno) può migliorare la qualità dello sperma rispetto ad una sola doccia.

La presenza di pozze migliora sia la quantità che la qualità del latte, e incrementa la capacità di dissipazione del calore degli animali; inoltre, sembra essere un metodo più vantaggioso rispetto alle doccette (Aggarwal & Singh, 2010). Aggarwal e Singh (2010) hanno osservato che, nelle bufale all’inizio della lattazione, l’uso di pozze naturali migliora SSI e di conseguenza la PL, e riduce la TR e la FR soprattutto durante la sera, rispetto ad un sistema che prevedeva ombra e ventilatori. Anche secondo De Rosa et al. (2009) l’uso di piscine migliora la PL (+1,8 kg/capo nel periodo caldo, cioè il mese di luglio). Le caratteristiche del latte non sono state influenzate, ma il latte del gruppo con la piscina ha mostrato una maggiore presenza di cellule somatiche. Questi autori hanno inoltre osservato che la presenza di piscine aumenta le interazioni sociali tra gli individui. 

Altri ricercatori (Yaday et al., 2016) hanno confrontato l’utilizzo di pozze naturali con la nebulizzazione per un periodo di tre mesi (maggio, giugno e luglio, THI medio rispettivamente di 79,88, 80,57 e 85,36). La produzione di latte si è ridotta in entrambi i trattamenti, ma la riduzione è stata inferiore per il trattamento che ha previsto l’uso delle pozze. La TR e la FR sono diminuite in entrambi i gruppi, ma sono diminuite maggiormente nel gruppo pozze (a luglio). La FC è aumentata nel gruppo pozze. L’uso di pozze e la nebulizzazione sono ugualmente efficaci nel prevenire il calo della PL nei mesi di maggio e giugno (periodo caldo-secco); tuttavia, le pozze sono molto più efficaci nel mantenere la PL nel mese di luglio (periodo caldo-umido).

Due studi simili, su bufalo Nili-Ravi, hanno testato tre diversi metodi di raffrescamento. Il primo studio è stato condotto durante un’estate caldo-umida (Ahmad et al., 2017) e il secondo è stato condotto durante un’estate caldo-secca di una regione subtropicale (Ahmad et al., 2019). I tre sistemi adottati sono stati: ombra (S), ombra con ventilatori (SF) e ombra, ventilatori e doccette (SFS). I risultati sono stati simili in entrambi i climi. Una maggiore PL è stata osservata in SF e SFS. La qualità del latte (grasso, proteina e residuo secco magro) è migliorata per SF e SFS, mentre non è stata trovata alcuna differenza per il contenuto di lattosio nel clima umido (Ahmad et al., 2017). Nel clima secco (Ahmad et al., 2019), invece, il contenuto di lattosio era più alto nel gruppo SF e SFS che nel gruppo S. In condizioni di clima caldo-secco (Ahmad et al., 2019), è stata osservata una SSI maggiore in entrambi i gruppi trattati (+17,34% e +5,40% per SFS e SF, rispettivamente rispetto al gruppo S). L’assunzione di acqua era maggiore nel gruppo di controllo rispetto ai due gruppi trattati. Gli stessi risultati sono stati ottenuti anche durante una stagione estiva caldo-secca (Ahmad et al., 2019). Nel clima caldo-umido, diversi parametri sono stati ridotti come la FR (ridotta del 24,70 e del 42,47% respiri al minuto nei gruppi SF e SFS, rispettivamente, rispetto al controllo), la FC (ridotta del 10,36% e del 23,32% % battiti al minuto per SF e SFS, rispettivamente, rispetto al controllo) e la ST (ridotto di 0,87 in SF e 2,09 °C in SFS rispetto al controllo).

Inoltre, Ahmed et al. (2019) hanno studiato gli effetti dei tre sistemi di raffrescamento (S, SF e SFS) sul comportamento alimentare dei bufali. Il tempo di alimentazione (min/24 h) è aumentato da S a SFS (rispettivamente 246,33, 280,33 e 309,50 min/giorno per S, SF e SFS). Il tempo totale trascorso a bere (min/24 ore) S, SF e SFS è stato rispettivamente di 24,67, 22,50 e 19,50. Il tempo di ruminazione era più alto nella SFS (399,00 min/24 h), seguita dalla SF (385,17 min/24 h) e dalla S (360,83 min/24 h). Inoltre, hanno osservato che il tempo totale trascorso in posizione sdraiata mostrava un valore maggiore nella SFS che nella S. Il tempo trascorso in locomozione (min/24 h) era rispettivamente di 92,50, 76,33 e 68,67 per S, SF e SFS. Questi comportamenti indicano un maggiore benessere del bufalo trattato con SFS rispetto al bufalo trattato con SF e a quelli trattati solo con S.

Tali autori hanno concluso che il miglior protocollo di raffrescamento da utilizzare è la combinazione tra ombra, ventilatori e doccette.

Recentemente, i sistemi silvo-pastorali (SPS) sono stati proposti come metodo alternativo all’allevamento convenzionale, in quanto in questi sistemi la temperatura ambientale è inferiore a quelli convenzionali e vi sono più possibilità di riparo dai raggi solari (Athaide et al., 2020; Galloso-Hernández et al., 2021). I SPS hanno un effetto benefico su TR, TP, e FC rispetto ai sistemi convenzionali (Athaide et al., 2020). Inoltre, migliorano anche il comportamento alimentare degli animali (Galloso-Hernández et al., 2021).

Tratto da: “Responses of Dairy Buffalo to Heat Stress Conditions and Mitigation Strategies: A Review”, Animals 13, no. 7: 1260. doi.org/10.3390/ani13071260.

Autori

Petrocchi Jasinski Francesca, Evangelista Chiara, Basiricò Loredana e Bernabucci Umberto.