Al via la nuova Commissione ASPA sui Metodi di Valutazione dell’Impatto Ambientale dei Sistemi Zootecnici.

La Commissione è parte dell’Associazione Italiana per la Scienza e le Produzioni Animali (ASPA) che da 50 anni si adopera per favorire il progresso delle scienze e delle tecnologie che interessano gli animali in produzione zootecnica. La commissione è stata istituita ad inizio 2024 ed è permanente, è composta da 15 esperti nella materia appartenenti a Università ed enti di ricerca nazionali e l’adesione è su base volontaria.

La sostenibilità ambientale degli allevamenti è una problematica che l’Associazione affronta da anni con il dovuto rigore scientifico. Tuttavia, all’interno della sua comunità, sussiste ancora una certa disomogeneità nell’applicazione di metodiche e procedure per valutare le relazioni tra zootecnia e ambiente. Nell’ambito della valutazione dell’impatto ambientale, infatti, è possibile adottare diverse metodologie, che sono tutte lecite dal punto di vista scientifico.

Il metodo del Life Cycle Assessment (Analisi del Ciclo di Vita, LCA) è quello attualmente più diffuso fra la comunità scientifica per la stima della sostenibilità ambientale delle produzioni zootecniche. Nell’ambito dell’applicazione del metodo LCA, tuttavia, pur seguendo una procedura standardizzata, è possibile adottare scelte differenti. In primis, rispetto ai confini del sistema, ovvero dei processi da includere nell’analisi che possono variare a seconda delle finalità dello studio. Infatti, possiamo considerare quali confini del sistema “i cancelli della stalla”, oppure considerare tutto il ciclo di un prodotto secondo un approccio denominato “dalla culla alla tomba”. Anche l’unità funzionale, ovvero l’unità di misura di riferimento a cui verrà imputato l’impatto ambientale, può riferirsi all’unità di prodotto (ad es. il kg di latte o di carne) o di superficie (ad es. ettaro).

Un’altra procedura negli schemi LCA che può essere soggetta a diverse interpretazioni è l’allocazione, ovvero come viene ripartito l’impatto fra il prodotto principale e i co-prodotti, come ad esempio tra il latte vaccino e la carne di vacche riformate. Questa può essere fisica (rispetto alla massa o al volume), oppure economica (rispetto ai ricavi) o riferita al valore nutrizionale (rispetto all’energia, proteine, grasso, ecc.). Differenti metodi di allocazione comportano risultati diversi negli studi LCA, a parità di confini del sistema e unità funzionale adattati. Per esempio, le procedure di allocazione da applicare al caseificio tra il Grana Padano DOP come prodotto principale e i sottoprodotti della lavorazione casearia (es. siero, burro, ecc.) possono influenzare il risultato finale. Difatti, l’impronta carbonica di 1 kg di Grana Padano sarà di 16,9 kg CO2 eq. adottando un’allocazione economica, 15,2 kg CO2 eq. adottando quella basata sul contenuto nutrizionale, mentre sarà 10,3 kg CO2 eq. con un approccio di allocazione basata sul contenuto in sostanza secca (Bava et al., 2018).

L’impronta carbonica, che indica quanto un bene contribuisce al riscaldamento globale, è espressa in termini di “CO₂ equivalente” (CO₂ eq) per permettere un confronto standardizzato tra i gas serra, che hanno una diversa capacità di esercitare il riscaldamento globale. Il metano mostra fattori di caratterizzazione differenti a seconda del report IPCC a cui si fa riferimento, il che genera ulteriori differenze. Per esempio, il Quarto Rapporto di Valutazione (AR4, 2007) ha assegnato al metano un GWP di 25 su 100 anni, mentre nell’ultimo rapporto (AR6, 2021) viene assegnato al metano biogenico un coefficiente pari a 27 e a quello fossile un coefficiente di 29,8.
Negli ultimi anni, inoltre, sempre in termini di condivisione delle metriche, si parla anche di quantificazione della differenza fra metano biogenico e fossile e di nuovi metodi per meglio tenere in considerazione il comportamento in atmosfera dei gas a emivita breve, rispetto a quelli a emivita lunga (ad es. il GWP* proposto da Allen et al., 2018).

La stima delle emissioni può essere fatta utilizzando equazioni diverse con una diversa accuratezza come quelle disponibili per il calcolo del metano enterico, classificate come Tier 1 nel caso di quelle più semplici e meno accurate o Tier2/Tier 3 nel caso di quelle più complesse e più accurate (IPCC 2019 a, b). Allo stesso modo, anche il metodo di caratterizzazione dell’impatto può essere scelto fra vari modelli con impatto sul risultato finale (ad es. EPD, CML-IA, EF, ReciPe, etc.). Fra i diversi metodi si possono riscontrare delle differenze in termini di fattori di caratterizzazione utilizzati. Ultimamente, vista la necessità di quantificare, oltre alle emissioni, anche il sequestro di carbonio da parte dei suoli agricoli, la comunità scientifica sta cercando di trovare un metodo condiviso in tal senso.

Gli indicatori ambientali spesso risultano meno favorevoli per i sistemi estensivi rispetto a quelli intensivi, ma bisogna considerare che, al momento, non tengono conto dei servizi ecosistemici. L’unico aspetto attualmente considerato è il sequestro di carbonio.

Questo significa che, con gli attuali metodi di valutazione, i sistemi intensivi spesso risultano più efficienti in termini di impatto ambientale per unità di prodotto (ad es. per litro di latte o per chilogrammo di carne) rispetto ai sistemi estensivi. I sistemi intensivi, infatti, sono generalmente più produttivi per unità di animale o di superficie.

Tuttavia, questi indicatori non riflettono i benefici ambientali più ampi che i sistemi estensivi possono offrire, come la promozione della biodiversità, la preservazione del paesaggio e il supporto alla salute del suolo. I sistemi estensivi, ad esempio, possono contribuire alla conservazione di habitat naturali e al mantenimento della biodiversità locale, oltre a migliorare la fertilità del suolo.

In termini di carbonio, i sistemi estensivi offrono spesso un potenziale di sequestro (o “sink”) di carbonio nel suolo e nella vegetazione, che può contribuire a compensare parte delle emissioni. Tuttavia, gli attuali indicatori ambientali considerano poco o nulla questo aspetto, risultando in un quadro incompleto. L’inclusione dei servizi ecosistemici e del sequestro di carbonio aiuterebbe a fornire una valutazione più equilibrata dei sistemi estensivi, riconoscendo il loro ruolo nella sostenibilità ambientale.

La commissione nasce, quindi, dall’esigenza di fare chiarezza sullo stato dell’arte relativamente alla valutazione degli impatti ambientali dei sistemi zootecnici e per definire delle linee guida sugli approcci metodologici, che possano essere di supporto alla comunità scientifica di riferimento.

Inoltre, la commissione si è posta l’obiettivo di divulgare informazioni sulla sostenibilità degli allevamenti per contrastare la diffusione delle fake news.
Su queste tematiche, di recente, è stata rilasciata da parte di alcuni membri della commissione un’intervista al Corriere della Sera disponibile qui!

Autore

Gruppo Editoriale ASPA – Giuseppe Conte, Alberto Stanislao Atzori, Fabio Correddu, Luca Cattaneo, Gabriele Rocchetti, Antonio Natalello, Sara Pegolo, Aristide Maggiolino, Antonella Della Malva, Giulia Gislon, Manuel Scerra

Bibliografia

Allen, M. R., Shine, K. P., Fuglestvedt, J. S., Millar, R. J., Cain, M., Frame, D. J., & Macey, A. H. (2018). A solution to the misrepresentations of CO2-equivalent emissions of short-lived climate pollutants under ambitious mitigation. Npj Climate and Atmospheric Science, 1(1), 16.

Bava, L., Bacenetti, J., Gislon, G., Pellegrino, L., D’Incecco, P., Sandrucci, A., Tamburini, A., Fiala, M. & Zucali, M. (2018). Impact assessment of traditional food manufacturing: The case of Grana Padano cheese. Science of the total environment, 626, 1200-1209.

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