In seguito alle pubblicazioni precedenti della serie “Vi raccontiamo i latti fermentati” (Vi raccontiamo i latti fermentati: un’introduzione per conoscerli da vicino e Vi raccontiamo i latti fermentati: prebiotici e probiotici) approfondiamo un latte fermentato tutto nostrano, l’unico ad avere origini italiane. Si tratta del Gioddu, latte fermentato acido-alcolico di natura sarda.

Mio padre s’alzava sempre alle quattro del mattino. La sua prima preoccupazione, al risveglio, era andare a guardare se il mezzorado era venuto bene. 

Natalia Ginzburg – Lessico famigliare

 

Il mezzorado di cui scrive Ginzburg in quel libro, specchio sul mondo funesto e amaro della Seconda Guerra Mondiale, è un latte acido, che, suo padre, Giuseppe Levi aveva importato dalla Sardegna. Si trattava di una sorta di yogurt, che andava preparato la sera per il giorno dopo, e accudito con meticolosa prudenza. Il telo che si apponeva sul contenitore fermentante non doveva essere scostato, pena la non riuscita del mezzorado, così raccontò la scrittrice in un’intervista tanti anni fa. 

Questo latte fermentato sardo è l’unico con origini italiane, e ha tanti nomi quanto è vasta la Sardegna. Può infatti essere chiamato Gioddu, Miciuratu, Mezzoraddu o Latte ischidu

Noi per comodità, e per rifarci allo studio della ricercatrice che abbiamo intervistato, lo chiameremo Gioddu. 

Il Gioddu ha origini antichissime e probabilmente, come per altri latti fermentati tra cui lo yogurt (di cui abbiamo parlato in Vi raccontiamo i latti fermentati: lo yogurt), la sua scoperta è stata casuale. Durante la transumanza i pastori trasportavano il latte in dei contenitori, in cui presumibilmente molto spesso si avviava una fermentazione involontaria. Da lì si è originato un latte fermentato di consistenza cremosa, dal colore bianco porcellanato e dal sapore acidulo, la cui ricetta si è poi compresa e perpetrata negli anni. I pastori avranno, difatti, sicuramente notato quanto questo prodotto fosse più sicuro e si potesse mantenere più a lungo del latte crudo, poiché, come abbiamo ribadito nei capitoli precedenti, la fermentazione di per sé procura dei benefici al prodotto. In cima alla lista dei giovamenti suscitati da questo processo vi è la salubrità dell’alimento (l’ambiente acido non è confortevole a molti patogeni), e il prolungamento della shelf-life. Da non dimenticare il secondo gradino del podio dei benefici dovuti alla fermentazione del latte, cioè la trasformazione del lattosio in acido lattico, che determina maggior digeribilità dell’alimento, il che, certamente, è stata una della caratteristiche notate dai pastori sardi. La questione del lattosio non nasce certo ai nostri giorni, la differenza sta solo nell’attenzione che le si pone adesso.

Per addentrarci nei meandri di questa tradizione abbiamo chiamato in aiuto la Dott.ssa Nicoletta Mangia, ricercatrice in microbiologia presso il Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari, che ha condotto in collaborazione con l’Università Federico II di Napoli, l’Università Politecnica delle Marche e l’Università di Torino, uno studio sulla comunità microbica che abita il Gioddu

Tale latte fermentato è stato inserito tra i PAT (che abbiamo spiegato in Prodotti Agroalimentari Tradizionali: un’importante tutela per il patrimonio gastronomico), in un elenco gestito e aggiornato dal Mipaaf, in cui si possono trovare tutti i sinonimi di tale latte fermentato, mentre su Sardegna Agricoltura è possibile rinvenire tutto il processo e le tecniche di lavorazione.

Lo studio dei casari-ricercatori

Inziamo dunque la chiacchierata con la Dott.ssa Mangia che ci espone il suo studio, presentandoci questo latte fermentato tipico del Made in Italy

Il Gioddu è un latte fermentato ottenuto da latte di pecora o capra di razza sarda, dopo fermentazione acido-alcolica. Infatti, a concorrere allo sviluppo della fermentazione sono batteri lattici e lieviti, microrganismi autoctoni, provenienti dal latte, dal contenitore e dall’ambiente di lavorazione. Per cercare di mantenere una certa stabilità ed ottenere prodotti finiti analoghi, in casa o presso anziani pastori il Gioddu viene realizzato prendendo parte del prodotto precedente (chiamato madringhe) e inoculandolo nel latte da fermentare. Come per lo yogurt, il latte va prima pastorizzato, o meglio in questo contesto verace e casereccio viene bollito. 

Ma per valorizzare e commercializzare tale prodotto è necessario un metodo sistematico per la sua realizzazione, e un consorzio microbico di riferimento da poter inoculare senza subire alterazioni. E’ per questo che la Dott.ssa Mangia, innamorata del suo territorio e dei frutti che genera, ha deciso di portare avanti questo progetto, non ancora ultimato, disponibile sulla rivista scientifica canadese International Journal of Food Microbiology, con il titolo Microbiological characterization of Gioddu, an Italian fermented milk (per accedere all’articolo cliccare qui).

La ricerca è stata condotta partendo dagli albori del processo, ovvero realizzando il Gioddu. Essendo un prodotto artigianale, gli studiosi si sono trasformati in casari, e si sono armati di latte ovino (rigorosamente della mungitura di giornata), attrezzatura adatta, pazienza e volontà per ottenere la materia del loro studio. Per quanto riguarda il consorzio, l’innesto è stato prelevato dal siero della Fruhe (altro formaggio tipico sardo ottenuto anch’esso da latte di pecora), per poter innescare la fermentazione. Questo del consorzio, come ci espone chiaramente la Dott.ssa Mangia, è un problema non da poco. E in relazione a tale prodotto, infatti, la questione è ancor più evidente perché, essendo i fermenti autoctoni, sono subordinati all’ambiente. Questo comporta che variano in base ai contenitori dove viene lasciato fermentare, al luogo di produzione, alle mani dell’operatore e all’attrezzatura che utilizza, nonché al tipo di latte, dato che viene lavorato sia latte di pecora che di capra. 

Nel caso del presente studio sono state adottate tutte le tecniche in accordo alle regole d’igiene, dunque il latte è stato pastorizzato e poi raffreddato. Per procedere alla rilevazione della comunità microbica, e dello stato generale del latte fermentato sono state portate avanti verifiche passo passo. Anzitutto è stato determinato il pH, dopoché è stata effettuata la conta microbica, in differenti terreni di coltura. Si è poi proseguito con l’estrazione del DNA, il sequenziamento e poi l’assegnazione tassonomica. Infine, è stato determinato il profilo cromatico del gioddu ed eseguite le analisi statistiche

I risultati hanno rilevato la presenza di batteri lattici, di cui tra i principali Lactobacillus delbrueckii, Streptococcus thermophilus, Lactobacillus kefiri; per quanto concerne i lieviti è stata accertata la presenza di Kluyveromyces marxianus, Galactomyces candidum e Geotrichum galactomyces, come nucleo fondamentale. 

La presenza di Lactobacillus kefiri, batterio lattico principale del Kefir, è significativa in quanto si tratta di un microrganismo benefico per la salute umana, il che andrebbe ad avvalorare la credenza popolare sarda sul contributo del Gioddu nei confronti dell’organismo. Probabilmente poi, come molti altri latti fermentati, anche nel Gioddu proliferano probiotici e prebiotici. 

Nonostante i risultati ottenuti siano un passo in avanti verso la commercializzazione, ulteriori studi devono essere condotti. In particolare, anche per il fattore confezionamento. Essendo, infatti, un latte fermentato acido-alcolico, una condizione da tenere sotto controllo è la produzione di anidride carbonica durante la fermentazione alcolica da parte dei lieviti. La CO2 potrebbe, se non controllata, aumentare il volume della confezione, rendendo il prodotto inadatto alla vendita. Oltre a queste accortezze tecnologiche, nei successivi studi andrà valutata anche la differenza tra il latte di pecora e capra a livello di comunità microbica. 

Blue Zone

Il Gioddu viene prodotto in tutta la Sardegna, ma i luoghi di maggior fruttuosità sono Ogliastra e Barbagia, che rispettivamente utilizzano latte di capra e pecora. Interessante il fatto che queste due località sono state designate dal Professor Pes Blue Zone, ovvero aree geografiche con un’alta concentrazione di centenari e ultracentenari. 

È stato dimostrato che l’alimentazione è il fattore principale per vivere a lungo, e soprattutto vivere in salute. Non sembrerebbe dunque un caso che proprio le Blue Zones della Sardegna siano quelle in cui è prevalente la realizzazione del latte fermentato Gioddu. 

Si ricorda la Dott.ssa Mangia che tale latte “acido” era presente in tutte le case, e che quindi il suo consumo era all’ordine del giorno. Principalmente veniva mangiato a colazione, ma anche a merenda con il pane carasau, anticipazione del moderno yogurt con cereali. C’è chi poi ne consiglia anche il consumo con aggiunta di miele; anche in questo caso, come per altri latti fermentati, la versatilità è una costante. In molte famiglie, come per la famiglia della scrittrice Ginzburg, questo latte acido veniva preparato la sera per la mattina. Il latte da fermentare, dopo essere stato bollito e lasciato raffreddare, veniva posto in un contenitore “sporco” del giorno precedente, in tal modo il consorzio veniva mantenuto stabile. In seguito, il latte veniva coperto con un telo e lasciato fermentare. Si poteva consumare la mattina seguente, o dopo alcuni giorni di mantenimento in frigo, in base all’acidità che il gusto era in grado di tollerare. 

Commercializzazione

Attualmente il Gioddu non viene commercializzato presso la GDO, data la mancanza di certezze riguardo il consorzio microbico, e data la mancanza di un disciplinare o comunque di un regolamento che ne imposti la tecnologia e la biotecnologia di produzione. Viene elargito in agriturismi, bar di un certo tipo, e si può trovare nei mercati che vendono prodotti tipici casalinghi e artigianali. 

A tal ragione aspettiamo la conclusione degli studi della Dott.ssa Mangia affinché il Gioddu possa poi essere disponibile anche per chi non vive in Sardegna, e soprattutto per poter vantare un altro alimento all’interno del mondo Made in Italy.

Per saperne di più riguardo le caratteristiche organolettiche, l’ONAF ha condotto una degustazione del Gioddu, e la scheda tecnica è disponibile a questo link.