Premessa

Il consumatore occidentale è sempre più attento al rispetto dei diritti degli animali, alla salvaguardia dell’ambiente e alla propria salute. Il 15 marzo 2016 la Commissione Europea (Eurobarometro 2016) ha pubblicato un’indagine sulla percezione del benessere degli animali condotta presso i cittadini Europei.

  • Il 94% dei cittadini pensa che proteggere il benessere degli animali d’allevamento sia importante.
  • L’82% pensa che gli animali dovrebbero essere tutelati meglio di quanto non lo siano ora.
  • Il 64% degli intervistati vorrebbe avere più informazioni sul trattamento degli animali d’allevamento nel loro paese.
  • L’89% crede che la legislazione europea dovrebbe obbligare le persone ad avere cura degli animali usati per fini commerciali.
  • Metà dei cittadini dell’Unione Europea guarda le etichette per identificare prodotti con più alti standard di benessere animale ed il 59% è disposto a pagare di più per prodotti migliori.

Questi risultati non sorprendono perché nel “Libro bianco sulla sicurezza alimentare”, pubblicato nel 2000, già era indicato che le persone non desiderano consumare carne e latte proveniente da animali che hanno sofferto.

Accanto a questo desiderio c’è però un aspetto complesso che riguarda la definizione di cosa è il benessere della bovina da latte e, più in generale, degli animali che vivono a stretto contatto con l’uomo. Il rischio gravissimo che si corre è quello dell’antropomorfizzazione, ossia il considerare l’etologia di questi animali come se fosse simile a quella dell’uomo.

Un allevamento che rispetti il diritto delle bovine ad esprimere al meglio il loro naturale comportamento deve presupporre una perfetta conoscenza della loro etologia, condizione che porterebbe anche ad ottenere le migliori prestazioni produttive, riproduttive e sanitarie. Un concetto fondamentale è che il benessere oltre ad essere un fattore etico è anche un requisito della produzione. Un animale che soffre sia fisicamente che psicologicamente non sarà pienamente produttivo e soprattutto avrà un fertilità, una salute e una longevità non ottimali.

Nelle persone cresce sempre più la sensibilità alla propria salute e quindi anche al fatto che non ci siano nel latte e nella carne residui di sostanze chimiche dovute ai trattamenti sanitari effettuati sulle bovine come ormoni, anti-infiammatori e antibiotici. Per quest’ultimo gruppo di sostanze esiste un elevatissimo e obiettivo rischio. Ogni anno muoiono nel mondo 700.000 persone per l’antibiotico-resistenza. Se non si prendono rapidi e seri provvedimenti si stima che nel 2050 tali decessi saliranno a 10.000.000.

All’allevamento della bovina da latte e, più in generale, dei ruminanti viene attribuito, a torto o a ragione, la maggiore responsabilità nella produzione dei gas serra (GHG), ossia di quei gas come l’anidride carbonica  (CO2) e il metano (CH4) responsabili dell’innalzamento della temperatura dell’aria del nostro pianeta. Inoltre, la grande quantità di deiezioni da esse prodotte può portare ad un rischio di sovraccarico nei suoli e nelle acque di azoto (N), fosforo (P) e potassio (K).

E’ tuttavia importante ricordare che la bovina da latte può utilizzare, anche se non esclusivamente, e quindi valorizzare alimenti che monogastrici come l’uomo non possono utilizzare, come le fibre (NDF) e l’azoto non proteico, trasformandoli in proteine ad alto valore biologico come la carne e il latte. Tutto ciò restituendo al suolo concimi naturali (collaborazione sistemica).

L’allevamento della bovina da latte o, più in generale, dei ruminanti è accusato, oltre che di inquinare l’aria, il suolo e l’acqua, di utilizzare in modo eccessivo le risorse idriche sia per produrre gli alimenti zootecnici che per la normale gestione dell’allevamento. Tale considerazione può trovare un fondo di verità quando si parla della coltivazione del mais, pianta notoriamente bisognosa di grandi quantità di acqua ma fortemente produttiva. Con le tecniche adottate dalla “Stalla Etica” l’uso dell’acqua necessaria al lavaggio delle corsie di alimentazione e per la sala di mungitura è ridotto al minimo in quanto parte di essa viene recuperata e riciclata in allevamento. Viene inoltre mossa all’allevamento l’accusa di consumare energia. A tal proposito la “Stalla Etica” prevede l’adozione di impianti per la produzione di biogas che utilizzano solo liquame e le ampie superfici dei tetti possono ospitare sia impianti foto-voltaici che solare-termici.