La produzione tradizionale dei foraggi richiede ampie superfici agricole ed è condizionata in resa e qualità dalle condizioni pedologiche e climatiche tanto che negli ultimi anni l’imprevedibilità meteorologica ha avuto un impatto diretto sulla produttività, costringendo gli allevatori a gestire fluttuazioni rilevanti nella quantità e qualità del foraggio da un raccolto all’altro.
In risposta a queste criticità, i foraggi idroponici sono stati proposti negli ultimi anni come una soluzione complementare alla foraggicoltura tradizionale, soprattutto per aziende dove acqua e terra sono risorse limitate.
Il progetto di ricerca FORIDRO, finanziato dall’Università di Napoli Federico II e coordinato dalla prof.ssa Masucci del Dipartimento di Agraria, ha condotto un’analisi approfondita su questo tipo di foraggi.
I principali risultati dello studio (Masucci et al., 2024), recentemente pubblicati sulla rivista Journal of Dairy Science, organo ufficiale dell’American Dairy Science Association, esaminano in dettaglio le potenzialità e i limiti di questa tecnologia, valutandone l’applicazione come alternativa ai foraggi tradizionali.
Cosa sono i foraggi idroponici?
L’idroponica è un metodo di coltivazione verticale in cui le piante vengono coltivate fuori suolo in condizioni controllate di luce, temperatura e disponibilità idrica.
Sono stati sviluppati numerosi sistemi idroponici per la produzione di foraggio, variabili per dimensioni e livello di automazione, ma tutti si basano sulla germinazione e sulla crescita indoor di semi a rapida crescita, principalmente cereali, in particolare orzo.
Questi sistemi possono produrre foraggi freschi e di alta qualità in modo costante durante tutto l’anno, tipicamente in un periodo di tempo di 6-10 giorni e, ovviamente, non risentono delle condizioni climatiche o delle caratteristiche del suolo.
La coltura idroponica ha il potenziale non solo di alleviare i problemi associati alle colture foraggere tradizionali, ma anche di migliorare la produzione di latte grazie a un approvvigionamento costante di foraggio di alta qualità.
Lo studio: due foraggi e tre diete a confronto
L’efficacia del foraggio idroponico nell’alimentazione degli animali da latte è stata valutata conducendo una prova presso l’azienda bufalina Le Cerase e l’annesso caseificio La Baronia, in Campania.
L’azienda dispone di un impianto di produzione di foraggio idroponico a ciclo continuo, completamente automatizzato, capace di produrre fino a 1.000 kg al giorno di sostanza secca (6.000 kg di prodotto fresco) di foraggio idroponico di orzo.
Come parametro di confronto è stato utilizzato l’insilato di mais, alimento di grandissima diffusione negli allevamenti da latte grazie ad elevata resa e valore nutrizionale ma che, tuttavia, richiede notevoli quantità di acqua, fertilizzanti e superfici agricole, risorse sempre più scarse e costose.
Nella prova di alimentazione 33 bufale in lattazione sono state divise in tre gruppi omogenei, alimentati con diverse diete, sinteticamente descritte in tabella 1:
- D0 – Dieta tradizionale a base di silomais.
- D50 – Parziale sostituzione (50%) nella razione del silomais con orzo idroponico.
- D100 – Completa sostituzione del silomais con orzo idroponico.

Tabella 1. Ingredienti, sul tal quale e sulla base della sostanza secca (tra parentesi), composizione chimica (% di sostanza secca, salvo diversa indicazione), digeribilità in vitro della sostanza secca e della fibra detergente neutro (IVDMD e IVNDFD) e ingestione di sostanza secca delle diete sperimentali somministrate a bufale in lattazione (media ± deviazione standard)
Le bufale sono state monitorate per sette settimane, analizzando peso corporeo, consumo di sostanza secca, produzione e qualità del latte.
I risultati ottenuti sono stati oggetto di un’ulteriore analisi specifica del caso studio in esame, focalizzata sulla valutazione dell’impronta energetica, del consumo idrico e delle performance economiche.
Pur essendo basata su un caso di studio, i risultati di questa analisi mostrano trend che possono essere considerati sufficientemente generalizzabili.
I risultati
Vantaggi produttivi: leggero incremento della quantità di latte con qualità invariata
Uno dei risultati più rilevanti dello studio è che le bufale alimentate con una dieta interamente a base di orzo idroponico (D100) hanno mantenuto una produzione di latte leggermente superiore rispetto al gruppo di controllo (D0).
In particolare, è stata osservata una maggiore persistenza della lattazione, probabilmente dovuta alla maggiore degradabilità ruminale e al maggiore apporto di zuccheri del foraggio idroponico rispetto al silomais (Figura 1).

Figura 1: Produzione lattea nel tempo nei tre gruppi di bufale alimentate con una dieta a base di silomais (D0), dieta in cui 50% dell’insilato di mais è stato sostituita da foraggio di orzo idroponico (D50), dieta in cui tutto il silomais è stato sostituita da foraggio di orzo idroponico (D100).
Dal punto di vista qualitativo, il latte prodotto dalle bufale alimentate con orzo idroponico (D50 e D100) non ha mostrato differenze significative rispetto a quello delle bufale alimentate con silomais (D0). Il contenuto di grasso, proteine e lattosio è rimasto costante, così come i parametri di coagulazione, fondamentali per la trasformazione in mozzarella.
Uno studio complementare, condotto dallo stesso gruppo di ricerca e pubblicato sulla rivista International Dairy Journal (Balivo et al., 2024), ha evidenziato che la dieta a base di orzo idroponico (D100) consente un miglioramento del profilo acidico del grasso della mozzarella senza alterarne in misura sensibile il profilo sensoriale.
Questi dati sono particolarmente promettenti, poiché quantità e qualità del latte rappresentano parametri cruciali per gli allevatori. Inoltre, i consumatori manifestano una crescente preferenza per prodotti provenienti da animali alimentati con foraggio fresco, percependo questa pratica come sinonimo di qualità superiore del prodotto finale e di maggiore attenzione al benessere animale.
Vantaggi ambientali: riduzione del consumo idrico
Uno degli aspetti più interessanti della produzione idroponica dei foraggi è la sua efficienza nell’uso dell’acqua. Nel caso oggetto di studio, che conferma dati già riportati in letteratura, la produzione di 1 tonnellata di sostanza secca di orzo idroponico è stata stimata in circa 41 metri cubi d’acqua, rispetto ai 281 necessari per il silomais.
Questo significa che la produzione di orzo idroponico è circa sette volte più efficiente rispetto al silomais dal punto di vista idrico (Tabella 2).

Tabella 2. Costo di produzione e indici di efficienza di uso dell’energia e dell’acqua riferito al kg di sostanza secca (SS) di insilato di mais e foraggio idroponico di orzo.
È importante sottolineare che questo dato è stato rilevato in assenza di un sistema di riciclo dell’acqua utilizzata nell’impianto idroponico e, quindi, potrebbe essere ulteriormente migliorato implementando adeguate tecnologie.
Le Problematiche: resa energetica e costi
Sebbene l’orzo idroponico presenti vantaggi significativi in termini di consumo idrico, il suo utilizzo su larga scala è limitato da alcune criticità evidenziate dall’analisi dell’impronta energetica e delle performance economiche.
L’impronta energetica calcolata per il sistema idroponico lo rende meno efficiente rispetto al silomais in termini di energia necessaria per produrre una tonnellata di foraggio (Tabella 2). Questa inefficienza è riconducibile al ciclo produttivo estremamente breve dell’idroponica (6-10 giorni) che limita drasticamente la fase fotosintetica e impedisce un accumulo significativo di zuccheri.
Di conseguenza, la resa energetica della trasformazione seme-foraggio si attesta inferiore a 1, un valore nettamente inferiore rispetto ai quasi 12 del silomais, che beneficia di un ciclo colturale più lungo.
In questo senso, l’utilizzo di foraggio idroponico in sostituzione del concentrato, attualmente pratica comune negli allevamenti con impianti idroponici, sebbene apparentemente attraente, comporta in realtà una significativa riduzione dell’efficienza energetica per unità di prodotto idroponico ottenuto.
Dal punto di vista economico, questo si traduce in costi di produzione dell’orzo idroponico circa quattro volte superiori rispetto a quelli del silomais coltivato in azienda (Tabella 2). La voce di spesa più significativa è rappresentata dal costo dei semi di orzo, che incide per circa il 60% sul costo totale. Di conseguenza, l’orzo idroponico può risultare competitivo solo se è in grado di aumentare significativamente la resa del latte, compensando così i costi di produzione più elevati
Scenari e areali di utilizzo
L’analisi condotta evidenzia come l’orzo idroponico possa rappresentare un’alternativa per migliorare la produzione di foraggi e, di conseguenza, incrementare la produzione di latte negli allevamenti di ruminanti. Gli areali e gli scenari maggiormente favorevoli alla produzione di foraggi idroponici posso essere così individuati:
- Aree a risorse limitate. In aziende caratterizzate da scarsità di terra, l’idroponica consente di ottenere foraggi di alta qualità su piccole superfici. Inoltre, la significativa riduzione dell’impronta idrica rende l’idroponica una tecnologia particolarmente adatta per gli allevatori che operano in aree caratterizzate da scarsità d’acqua o da condizioni climatiche avverse, dove la variabilità delle precipitazioni rappresenta un fattore limitante. A questo proposito, lo stesso gruppo di ricerca ha partecipato ad uno studio finanziato dalla Regione Puglia e pubblicato su Frontiers in Veterinary Science (Ceci et al., 2024) che ha valutato positivamente la possibilità di impiegare acque sanificate da reflui urbani nella produzione di foraggi idroponici.
- Sostituzione di foraggi di bassa qualità e poco produttivi. L’orzo idroponico può risultare competitivo rispetto a foraggi di scarsa qualità e dalla limitata resa produttiva garantendo un prodotto più uniforme e nutrizionalmente completo che permette di incrementare la quantità di latte prodotto.
- Adattamento ai cambiamenti climatici. Grazie alla sua indipendenza dalle condizioni meteorologiche e alla possibilità di essere praticata in ambienti controllati, l’idroponica rappresenta una risposta efficace alle sfide poste dai cambiamenti climatici, assicurando una produzione stabile nel tempo.
Le problematiche da superare
Nonostante i benefici, l’adozione su larga scala dell’orzo idroponico presenta due importanti limiti. Il primo è rappresentato dalla scarsa resa energetica della trasformazione del seme in foraggio che incide significativamente sui costi di produzione. Per un’adozione su larga scala, sono necessari ulteriori sviluppi tecnologici e miglioramenti nelle tecniche di produzione, che consentano innanzitutto di incrementare la resa energetica e quindi ridurre i costi per unità di energia somministrata all’animale.
Inoltre, mentre nelle coltivazioni foraggere tradizionali le deiezioni animali vengono utilizzate come fertilizzante, arricchendo il suolo e garantendo il riciclo dei nutrienti, nei sistemi idroponici questo processo è interrotto. Questo aspetto rende necessarie strategie specifiche di gestione dei reflui per evitare di aggravare un problema già complesso.
In conclusione
Lo studio ha evidenziato che l’orzo idroponico ha il potenziale per diventare una risorsa nell’allevamento dei ruminanti da latte, soprattutto in contesti dove l’acqua e il terreno sono risorse limitate. Tuttavia, il suo utilizzo su larga scala richiede ulteriori analisi e ottimizzazioni, sia dal punto di vista economico che in termini di impronta energetica. Inserita in adeguati contesti produttivi, questa tecnologia potrebbe contribuire a rendere gli allevamenti da latte più resilienti.
Autori
Felicia Masucci (email: masucci@unina.it), Francesco Serrapica e Antonio Di Francia – Dipartimento di Agraria Università degli Studi di Napoli Federico II