Resistenza agli antimicrobici dei batteri zoonotici e commensali. Qual è la situazione in Italia?
Secondo il nuovo report del Ministero della Salute, sebbene il fenomeno sia diffuso, l'implementazione di politiche di riduzione ha consentito per alcune filiere e determinati agenti batterici di ottenere risultati incoraggianti

Il Ministero della Salute ha pubblicato in questi giorni la nuova “Relazione sulla resistenza agli antimicrobici dei batteri zoonotici e commensali negli animali destinati alla produzione di alimenti e nelle carni derivate (2014-2023)”, in linea con gli obiettivi definiti nel Piano Nazionale di contrasto all’antibiotico-resistenza (PNCAR) 2022-2025.
Il documento è il frutto della collaborazione tra il Ministero della Salute (DGISA e DGSA) e Il Centro di Referenza Nazionale per l’Antibioticoresistenza e National Reference Laboratory for Antimicrobial Resistance (CRN-NRL-AR) presso l’Istituto Zooprofilattico sperimentale del Lazio e della Toscana, e fornisce una sintetica visione d’insieme sulla situazione attuale della resistenza agli antibiotici negli agenti batterici patogeni zoonotici principali e nei commensali opportunisti trasmissibili lungo le filiere degli animali destinati alla produzione di alimenti (linea carne, uova), a partire dall’istituzione in Italia del Programma Nazionale di Monitoraggio attuale, nel 2014.
L’informazione in esso contenuta fornisce anche un contributo significativo finalizzato alla valutazione di opzioni per l’attuazione di misure di gestione del rischio per il consumatore.
I risultati
I dati prodotti dal suddetto Programma, basato su un disegno di studio rappresentativo a livello nazionale, confermano che la resistenza e la multiresistenza (MDR) nelle popolazioni batteriche oggetto di monitoraggio è diffusa sia nei principali patogeni zoonotici che nei batteri indicatori opportunistici commensali.
Il rilevamento continuo della proporzione di isolati di E. coli multi-resistenti (MDR) e pienamente suscettibili (FS) consente di monitorare negli anni gli effetti degli interventi per limitare la pressione selettiva esercitata dall’impiego degli antibiotici negli allevamenti.
Tali dati hanno consentito di verificare nel tempo che, sebbene in Italia la multiresistenza sia ampiamente diffusa in tutte le produzioni animali oggetto di indagine, nelle filiere avicole si è verificato un progressivo aumento della popolazione di E. coli indicatore commensale FS (e parallelamente una diminuzione di
E. coli MDR).
Nella filiera del bovino <12 mesi e del suino i parametri di MDR e FS si mantengono abbastanza stabili nel tempo e non sono stati evidenziati veri e propri trend nella distribuzione delle resistenze e delle suscettibilità negli anni.
La diffusione di E. coli produttori di ESBL/AmpC sia in campo umano che animale costituisce un importante problema e impatto dal punto di vista sanitario globale. Queste popolazioni di E. coli, presentano spesso co-resistenza a cinque o più classi di antimicrobici, inclusi altri HPCIAs, rendendo difficile trovare trattamenti antibiotici efficaci.
La situazione nella filiera del bovino < 12 mesi e in quella suinicola è simile, con un’alta prevalenza di questa popolazione negli allevamenti. Nella filiera avicola, invece, si è assistito a un’importante diminuzione della prevalenza di E. coli produttori di ESBL/AmpC, come conseguenza di una riduzione della pressione selettiva complessiva esercitata dall’uso di varie classi di antimicrobici somministrati durante i cicli di produzione, che è avvenuta sia nei tacchini che nei polli da carne a partire dal 2017.
A partire dal 2019 è stata rilevata per la prima volta la presenza di E. coli produttori di carbapenemasi in suini da ingrasso e negli anni successivi anche in bovini <12 mesi, ed in modo sporadico anche in polli e tacchini da ingrasso.
Queste evidenze sottolineano la necessità di un monitoraggio continuo di E. coli produttori di carbapenemasi nell’allevamento nazionale, che attualmente ha prevalenze molto basse nella gran parte delle produzioni da carne.
Tuttavia, la frequenza di isolamento di questi agenti batterici nelle produzioni suine (circa il 6% nel 2021 e nel 2023), necessita di azioni di mitigazione dell’esposizione ai beta lattamici (aminopenicilline ad ampio spettro, cefalosporine di terza e quarta generazione) negli agenti batterici zoonotici e commensali opportunisti in questa importante filiera produttiva.
Relativamente ad altre problematiche ancora presenti e/o emergenti è stata evidenziata nella relazione l’alta prevalenza di resistenza ai fluorchinoloni (HPCIA) in Campylobacter jejuni nella filiera del pollo da carne e la resistenza alle cefalosporine ad ampio spettro in Salmonella Infantis nei polli da carne.
In conclusione questi dati evidenziano che sebbene il fenomeno sia ampiamente diffuso in Italia, l’implementazione di politiche di riduzione ha consentito per alcune filiere e/o per determinati agenti batterici di ottenere risultati incoraggianti. Esemplare è il caso della drastica riduzione e mantenimento di basse frequenze di resistenza alla colistina, a seguito dell’attuazione da parte delle filiere produttive (e specialmente di quella dei polli e del tacchino da ingrasso) delle raccomandazioni sull’uso prudente da parte delle istituzioni di sanità pubblica veterinaria.
Infine è importante sottolineare che monitorare in modo costante la diffusione di questi agenti batterici è fondamentale per tutelare la salute umana e animale. La trasmissione all’uomo di agenti patogeni resistenti e/o di geni di resistenza trasferibili tra batteri della stessa specie o di specie diverse, può avvenire attraverso l’ambiente o il contatto diretto con gli animali ma anche tramite il consumo di alimenti non adeguatamente sottoposti a cottura o trattati in maniera inadeguata dal punto di vista igienico al momento della preparazione.
Infine, è importante essere consapevoli che una corretta igiene della manipolazione, ad esempio delle carni vendute al dettaglio durante la preparazione, o a livello domestico, di ristorazione, etc., minimizza e di fatto previene le contaminazioni e le colonizzazioni per contato diretto degli operatori e dei consumatori da parte di agenti trasmissibili con gli alimenti, inclusi gli agenti eventualmente resistenti agli antibiotici.