Allevamenti ed emissioni di gas serra: come stiamo andando? Ce lo dice il rapporto ISPRA 2025

Il settore agricolo è stato responsabile dell’8.4% delle emissioni totali nel 2023, con un calo del 16% circa dal 1990

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12 Maggio, 2025

Quando si affronta il tema delle emissioni di gas serra e di ammoniaca legate all’agricoltura, in particolare alla zootecnia, si riscontra spesso una forte incoerenza tra i dati disponibili. Questa eterogeneità genera confusione e scoraggiamento tra coloro che lavorano con serietà per rendere il proprio allevamento più sostenibile.

Per garantire un futuro solido al settore zootecnico e dialogare in modo efficace con chi mette in discussione la sua rilevanza, è essenziale poter contare su informazioni e dati affidabili e precise.

Fin dal 2020, la nostra rivista segue con attenzione la pubblicazione dell rapporto “Le emissioni di gas serra in Italia: obiettivi di riduzione e scenari emissivi” redatto dall’ISPRA, ovvero l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, che rappresenta l’autorità di riferimento in Italia per quanto riguarda le emissioni atmosferiche (leggi anche “Contro la disinformazione, la scienza: guida agli istituti che fanno chiarezza“) e i cui dati rivestono un ruolo cruciale per tutto il comparto agroalimentare.

In questi giorni è stata pubblicata la nuova edizione del rapporto, di cui andiamo ad evidenziare gli aspetti più rilevanti per il nostro settore.

La nuova edizione 

Il rapporto delinea il quadro emissivo italiano a partire dal 1990 fino al 2023, evidenziando le tendenze in atto e identificando i fattori chiave che influenzano l’andamento delle emissioni dei gas serra.

In generale, le emissioni italiane totali di gas serra, espresse in CO2 equivalente, sono diminuite del 26.4% tra il 1990 ed il 2023, una riduzione riscontrata in particolare dal 2008 e che è conseguenza sia della calo dei consumi energetici e delle produzioni industriali causato dalla crisi economica e dalla delocalizzazione di alcune produzioni industriali, che dalla crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili, da un incremento dell’efficienza energetica e dal passaggio all’uso di combustibili a minor contenuto di carbonio.

Il settore energetico si conferma la principale fonte di emissioni nazionali di GHG, contribuendo per l’80.3% nel 2023, anche se con un calo 27.7% dal 1990 al 2023.

Una sintesi delle emissioni di gas serra (GHG) suddivise per settore e del trend dal 1990 è riportata nelle figure di seguito.

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Figura 1 – Emissioni nazionali di gas climalteranti nel 2023 per categorie settoriali (proporzione stimata in base al contributo in CO2 equivalente)

 

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Figura 1.1 – Variazione percentuale delle categorie emissive 2023 vs 1990

L’impatto dell’agricoltura

Il settore agricolo è stato responsabile di circa l’8.4% delle emissioni totali nel 2023, con un calo pari a -15.6% dal 1990 (figura 1.1), principalmente a causa della riduzione del numero dei capi, delle superfici e produzioni agricole, della riduzione dell’uso dei fertilizzanti sintetici e dei cambiamenti nei metodi di gestione delle deiezioni.

La zootecnia occupa una posizione centrale nell’analisi del comparto agricolo italiano, in quanto costituisce la principale fonte di emissioni di gas serra del settore (76%), generate dalla fermentazione enterica delle razioni nell’apparato digerente del bestiame, e, in particolare, dei ruminanti, dalla gestione delle deiezioni negli stoccaggi, dallo spandimento e dalla deposizione al pascolo dei reflui zootecnici.

La produzione animale, in particolare quella bovina, è responsabile in larga misura delle emissioni di metano (CH), prodotte attraverso la fermentazione enterica, e del protossido di azoto (N2O), derivante in gran parte dalla gestione delle deiezioni e dall’applicazione al suolo di effluenti zootecnici.

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Tabella 1 – Emissioni di gas serra per il periodo 1990-2023, per gas in agricoltura (kt CO2 eq.)

 

Figura 2 – Peso emissioni gas serra allevamenti (76% del settore agricoltura) – contributo per categoria animale

Consideriamo ora le sorgenti emissive più significative del settore agricoltura. Tra il 1990 e il 2023, le emissioni zootecniche da fermentazione enterica si sono ridotte di circa il 16%, passando da 17,1 a 14,4 milioni di tonnellate di CO₂ equivalente. Questo risultato non è stato ottenuto tanto per effetto di innovazioni tecnologiche quanto per trasformazioni demografiche del patrimonio zootecnico nazionale.

Il numero complessivo di bovini in Italia, ad esempio, è diminuito del 28% nello stesso periodo, passando da 7,8 a 5,6 milioni di capi, con una riduzione particolarmente significativa tra le vacche da latte (–40%). Nonostante questa flessione, la produzione complessiva di latte è rimasta stabile grazie a un notevole incremento della produttività individuale: la resa per capo è raddoppiata, da circa 4 500 kg a oltre 8 500 kg l’anno.

Questo significa che le emissioni per litro di latte prodotto sono diminuite, migliorando l’efficienza emissiva del comparto. Tuttavia, l’effetto “scala” della concentrazione produttiva nelle aree più intensive ha comportato problemi locali di pressione ambientale, soprattutto in termini di gestione degli effluenti.

La gestione delle deiezioni zootecniche rappresenta un’altra importante fonte emissiva. Le emissioni provenienti da questo comparto sono stimate essere circa 6,5 Mt CO eq nel 2023, e sono costituite per tre quarti da metano e per un quarto da protossido di azoto.

La strategia più efficace per la loro mitigazione, implementata su larga scala in Italia, è la digestione anaerobica. A partire dal 2008, il numero di impianti biogas è cresciuto rapidamente: nel 2023 se ne contavano circa 1 900, per lo più di piccola taglia (inferiore a 1 MW), in grado di trattare complessivamente 15 milioni di tonnellate di effluenti zootecnici all’anno.

Il processo di digestione permette non solo di ridurre le emissioni dirette di CH4 dallo stoccaggio, ma anche di stabilizzare l’azoto contenuto nei reflui, diminuendo le emissioni di NO che si verificano durante e dopo la distribuzione sul suolo. Il residuo del processo, il digestato, se correttamente utilizzato, ha un valore agronomico simile al refluo ma con minore potenziale emissivo.

Secondo le stime presentate nel rapporto, lo scenario con politiche aggiuntive (WAM), una proiezione elaborata da ISPRA (e da altri enti di pianificazione climatica) per stimare l’andamento futuro delle emissioni di gas serra considerando non solo le politiche e misure già adottate ma anche quelle pianificate o annunciate, prevede un forte incremento della quota di effluenti trattati.

Si stima che al 2030, il 38% delle deiezioni sarà avviato a digestione anaerobica, contro il 16% osservato nel 2022. Questo comporterebbe un aumento sostanziale della produzione di biogas, da 3,9 a 5,8 miliardi di metri cubi, contribuendo non solo alla riduzione delle emissioni zootecniche, ma anche al raggiungimento degli obiettivi energetici del PNIEC, favorendo la sostituzione di fonti fossili.

In tale contesto, il ruolo delle colture dedicate resta controverso: se da un lato esse possono migliorare la resa metanigena del processo, dall’altro comportano impatti aggiuntivi in termini di uso del suolo, emissioni indirette e concorrenza con le colture alimentari.

Oltre alla fermentazione enterica e alla gestione dei reflui, un ulteriore contributo emissivo deriva dall’applicazione di effluenti al suolo. Qui entra in gioco il protossido di azoto, un gas serra ad altissimo potenziale di riscaldamento (circa 265 volte la CO su un orizzonte di 100 anni). Le emissioni di NO dai suoli agricoli sono collegate alla quantità di azoto disponibile, alla modalità e al periodo di distribuzione e alle condizioni pedo-climatiche.

Il rapporto sottolinea come l’adozione di tecniche di spandimento mirato, l’iniezione del digestato nel terreno, l’uso di coperture sui vasconi di stoccaggio e la razionalizzazione del carico di azoto per ettaro siano misure già applicate in molte aziende e in grado di ridurre le perdite emissive, anche se ancora poco diffuse su scala nazionale.

Guardando al futuro, il rapporto ISPRA evidenzia che senza ulteriori interventi, la sola traiettoria tendenziale del settore zootecnico non sarà sufficiente a rispettare gli impegni di riduzione previsti per i settori non ETS. La riduzione attesa al 2030, nello scenario di riferimento (WM), è infatti limitata a circa il 12% rispetto al 2005.

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Figura 3 – Scenario emissivo del settore Agricoltura

Solo l’applicazione coerente e diffusa di misure aggiuntive – come gli additivi anti-metanogeni nelle razioni, la selezione genetica orientata alla minore produzione di CH4, l’ampliamento della digestione anaerobica, la valorizzazione di sottoprodotti organici e scarti agroindustriali – può spingere il settore verso un vero percorso di decarbonizzazione.

Inoltre, viene indicata come strategica la partecipazione del settore zootecnico ai mercati volontari del carbonio. La recente legge 41/2023 prevede infatti la possibilità di certificare crediti di carbonio derivanti da pratiche agricole e forestali che incrementano l’assorbimento di CO o evitano emissioni: la corretta gestione dei reflui, la riduzione dell’uso di fertilizzanti azotati, il sequestro carbonico nei pascoli permanenti, la piantumazione di siepi e alberature nei sistemi pastorali possono generare crediti valorizzabili economicamente. Questo potrebbe diventare, in prospettiva, un secondo reddito per gli allevatori, a patto che siano sviluppati strumenti chiari, trasparenti e accessibili per la misurazione e la verifica dei benefici climatici.

In sintesi, il settore zootecnico italiano si trova oggi davanti a un bivio: da un lato, è riconosciuto come una delle principali fonti emissive non ETS, dall’altro possiede un elevato potenziale di mitigazione se accompagnato da innovazioni tecnologiche, sostegno economico, formazione degli operatori e riforme normative coerenti.

Il percorso per la neutralità climatica al 2050 passa anche dalla stalla, e la transizione ecologica della zootecnia potrà avvenire solo se inserita in un disegno sistemico che tenga insieme competitività, benessere animale, sicurezza alimentare e tutela dell’ambiente.

Il documento integrale può essere scaricato cliccando qui: “Le emissioni di gas serra in Italia: obiettivi di riduzione e scenari emissivi” – ed. 2025

Autore: Elisabetta Simonetti

 

 

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