La stagione di nascita può influenzare la longevità funzionale dei vitelli
Uno studio Americano ha indagato l'effetto della stagione di nascita sulla durata della carriera produttiva delle vacche Holstein

La longevità funzionale delle vacche da latte è un indicatore chiave non solo della sostenibilità economica dell’allevamento, ma anche della resilienza degli animali agli stress ambientali e sanitari. A questo proposito, un recente studio pubblicato su JDS Communications da un team misto di ricercatori dell’Università della Florida e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza ha indagato l’effetto della stagione di nascita sulla durata della carriera produttiva delle vacche Holstein. I risultati, ottenuti analizzando dati di migliaia di soggetti allevati in California e Florida, forniscono spunti interessanti anche per le strategie gestionali degli allevamenti italiani.
Materiali e metodi: una sperimentazione su larga scala
I ricercatori hanno raccolto dati relativi a circa 19.000 vacche Holstein nate in un periodo di 10 anni (2012-2022) rimaste produttive per più di 5 lattazioni e provenienti da due realtà climaticamente molto diverse: la Florida, caratterizzata da un clima caldo-umido, e la Central Valley della California, nota per estati molto calde e inverni miti. Gli animali sono stati classificati in base alla stagione di nascita: stagione fresca (dicembre-marzo) e stagione calda (giugno-settembre), per analizzare successivamente parametri come il numero di lattazioni completate, l’età alla riforma, la causa di eliminazione dalla mandria e la durata della vita produttiva.
Risultati: stress neonatale e riduzione della longevità
In entrambi gli Stati, le bovine nate nella stagione fresca hanno mostrato una probabilità significativamente inferiore di essere riformate precocemente rispetto a quelle nate in estate.
In Florida, il 14,5% delle vacche ha completato cinque o più lattazioni. Tra queste, ben il 72% era nato durante la stagione fresca, contro solo il 28% nato nella stagione calda.
In California, i risultati sono stati analoghi: il 20,4% delle vacche ha raggiunto almeno cinque lattazioni, con una prevalenza del 56,3% per le nate nella stagione fresca e del 43,7% per quelle nate nella stagione calda.
Le cause principali di riforma anticipata nelle nate in estate erano associate a disturbi riproduttivi (in particolare infertilità e ritardi nell’intervallo parto-concepimento), mastiti cliniche e patologie podali. Gli autori ipotizzano che lo stress da caldo subito nei primi mesi di vita, durante lo sviluppo del sistema immunitario e scheletrico, possa aver compromesso in modo irreversibile la resilienza e la capacità produttiva delle vacche.
Quali implicazioni per la gestione degli allevamenti?
La ricerca suggerisce che la stagione di nascita non è solo un dettaglio anagrafico, ma può influenzare profondamente la carriera produttiva di una bovina. Se confermati in altri contesti climatici, questi risultati aprirebbero scenari gestionali interessanti.
In primo luogo, la programmazione delle nascite, ove possibile, potrebbe essere orientata a favorire i parti nei mesi più freschi, sfruttando una migliore vitalità neonatale e un’accelerazione dei ritmi di crescita iniziali.
Inoltre, per i vitelli nati durante l’estate, sarebbe opportuno intensificare le misure di gestione per mitigare l’impatto dello stress da caldo, ad esempio migliorando la ventilazione, l’ombreggiamento e l’accesso ad acqua fresca già nelle prime settimane di vita.
Infine, questi dati possono essere integrati nei modelli predittivi di selezione genetica o di gestione della mandria, considerando il mese di nascita come un possibile predittore di longevità, accanto ai parametri tradizionali.
Limiti dello studio e prospettive future
È importante sottolineare che lo studio è stato condotto in ambienti caratterizzati da condizioni climatiche estreme. Di conseguenza, l’applicabilità dei risultati a contesti più temperati, come quello italiano, dovrà essere validata da ulteriori ricerche. Tuttavia, considerando il progressivo aumento delle temperature medie globali e la frequenza sempre maggiore di ondate di calore estivo, anche in Europa, questi dati appaiono particolarmente rilevanti per gli allevatori proiettati verso una gestione sempre più resiliente al cambiamento climatico.
La relazione tra condizioni ambientali nella fase neonatale e performance produttive a lungo termine è un campo di studio emergente che merita ulteriore attenzione, integrando analisi ambientali, metaboliche e genetiche per affinare sempre di più le strategie di allevamento.
Lo studio completo è stato pubblicato sulla rivista Journal of Dairy Science ed è consultabile cliccando qui.