Ha francamente molto sorpreso e sbigottito la redazione di Ruminantia leggere una news pubblicata da Agenzia Giornalistica Italia – AGI il 2 gennaio 2025 dal titolo “Nasce Hilda la mucca che non inquina: è geneticamente modificata” a cui segue la frase “I geni dell’animale sono stati modificati per bloccare il rilascio di gas serra nocivi quando erutta e produce aria”.
AGI riprende un articolo uscito sempre il 2 gennaio sul quotidiano britannico The Telegraph, ma travisandolo completamente soprattutto nel titolo e nel catenaccio.
Il pezzo riporta la notizia della nascita di una vitella, di nome Hilda, grazie alla fecondazione in vitro, tecnica utilizzata da decenni sia negli animali che nell’uomo, che avrebbe una minore produzione di metano. L’animale è parte di un progetto, chiamato Cool Cows, che mira a selezionare bovini caratterizzati da ridotte emissioni enteriche di gas serra per accelerare il percorso degli agricoltori britannici verso l’obiettivo di zero emissioni nette.
Tutti i centri genetici del mondo stanno selezionando riproduttori che per litro di latte o kg di carne emettono meno metano ma lo stanno facendo con la tradizionale selezione genetica e genomica, anche perché allo stato attuale le tecniche di modificazione genetica (GMO o OGM, NGT o TEA) sono negli animali ancora in una fase sperimentale, sia per le difficoltà tecniche che ciò comporta e sia per i vincoli etici che ci sono.
Affermare in un titolo che ci sono bovine geneticamente modificate è quindi fuorviante e pericoloso.
Per “geneticamente modificato” si intende infatti una profonda modifica del DNA di un organismo vivente attraverso l’inserimento di geni alieni o della stessa specie. Quanto avvenuto per la “mucca Hilda” non ha quindi nulla a che fare con questo.
Il nostro stupore non nasce dall’ennesima fake news, ma dal fatto che per scrivere l’articolo ci sia stata l’intermediazione di un giornalista e non un “uomo qualunque”.
Ci aspettiamo a questo punto un chiarimento spontaneo dai colleghi di AGI perché “errare humanum est”, e una nota di protesta di chi ha istituzionalmente il ruolo di difendere l’immagine delle produzioni animali sarebbe quanto mai opportuna.