Se analizziamo l’impatto delle attività antropiche sull’ambiente possiamo affermare con certezza che l’inquinamento ha avuto origine contestualmente allo sviluppo della civiltà umana. Un recente studio condotto dal Desert Research Institute (Dri), in Nevada, e pubblicato sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences” ha dimostrato, ad esempio, attraverso dei carotaggi di ghiacciai della Groenlandia, che l’inizio dell’inquinamento da piombo è avvenuto durante l’età del ferro, con il raggiungimento del primo picco alla fine del II secolo a.C., all’apice della Repubblica romana. Dalla rivoluzione industriale in poi l’accelerazione di tali processi è progredita in maniera esponenziale, dando alla luce l’inquinamento ambientale come lo conosciamo oggi.
Dal punto di vista legislativo, in tutti gli Stati si è cominciato a normare le questioni ambientali alla fine del XX secolo, ed una tappa fondamentale in questo processo è stata la Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo del 1992 a Rio de Janeiro, dove è stata adottata la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) con l’obiettivo di stabilizzare le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera a un livello sostenibile e quindi prevenire gravi conseguenze del cambiamento climatico. La convenzione è entrata in vigore nel 1994 e nel 1997 è stato approvato il “Protocollo di Kyoto”, ovvero il primo documento contenente obblighi di riduzione e limitazione giuridicamente vincolante delle emissioni di gas serra per i Paesi industriali ratificanti. Il periodo di validità era stato definito dal 2008 al 2012 (1° periodo di impegno) e dal 2013 al 2020 (2° periodo di impegno). Il Protocollo di Kyoto è stato sancito da oltre 191 Paesi in totale, ed è entrato in vigore nel 2005, dopo essere stato firmato da oltre 55 Paesi responsabili di almeno il 55 percento delle emissioni di CO₂ dei Paesi industrializzati nel 1990. Gli Stati Uniti (responsabili da soli del 36,2% del totale delle emissioni) non hanno mai aderito al Protocollo di Kyoto e il Canada lo ha abbandonato prima della fine del primo periodo. I Paesi dell’Unione Europea, la Svizzera, l’Australia e alcuni altri Paesi, invece, hanno assunto impegni di riduzione fino al 2020 nell’ambito del secondo periodo di impegno.
Il contesto normativo europeo e l’Italia
In Europa, dal 1973 la Commissione vara regolarmente dei programmi di azione per l’ambiente (PAA) pluriennali che definiscono le proposte legislative e gli obiettivi futuri per la politica ambientale dell’intera Unione. L’ultimo, entrato in vigore nel maggio 2022, è l’ottavo e definisce gli obiettivi ambientali e climatici fino al 2030, ribadendo la visione per il 2050 delineata nel settimo PAA, ovvero quella di garantire il benessere per tutti, nel rispetto dei limiti del pianeta. In questo contesto si sono succedute tre direttive inerenti la qualità dell’aria e dell’ambiente, ovvero la Direttiva 96/62/CE, la Direttiva 1999/30/CE, e l’attuale Direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa, emanata il 21 maggio del 2008 e in vigore tutt’oggi.
A livello nazionale, tale direttiva è stata recepita con il Decreto Legislativo 155/2010 che istituisce un quadro normativo unitario, abrogando le normative precedenti in materia. Tale decreto regolamenta i livelli di biossido di zolfo (SO2), biossido di azoto (NO2), ossidi di azoto (NOx), monossido di carbonio (CO), particolato (PM10 e PM2.5), benzene (C6H6), ozono (O3), oltre ai livelli nel particolato PM10 di cadmio (Cd), nichel (Ni), arsenico (As), piombo (Pb) e benzo(a)pirene (BaP). Al suo interno vengono definiti diversi tipi di soglie che si distinguono per tipo di bersaglio da proteggere (salute umana, vegetazione, ecosistemi) e per tempistiche di conseguimento (breve o lungo termine): valore limite; valore obiettivo; obiettivo a lungo termine; soglia di informazione e di allarme; livello critico.
Il DL 155/2010 ha individuato nelle Regioni le autorità competenti e responsabili della valutazione della qualità dell’aria e della redazione dei Piani di Risanamento della qualità dell’aria, che devono individuare le necessarie misure da mettere in atto per ottemperare agli standard previsti dalla normativa. Per svolgere i monitoraggi e le valutazioni, è stato stabilito di suddividere il territorio in zone e agglomerati, cui corrispondono differenti modalità di misurazione dei livelli degli inquinanti atmosferici: misurazioni in siti fissi, misurazioni indicative e tecniche di modellazione.
Ma qualcosa non ha funzionato…
Nonostante lo sforzo legislativo finora riepilogato, il sistema messo in piedi nel nostro Paese non sta fornendo i risultati preventivati, motivo per cui l’Italia è stata condannata dalla Corte di Giustizia europea per aver superato il valore limite delle concentrazioni di particelle inquinanti, in modo continuato, dal 2008 al 2017. In particolare, sono due le sentenze che accusano l’Italia di inadempienza, ovvero la causa C-644/2018 del 10 novembre 2020 e la causa C‑573/19 del 12 maggio 2022 che ci imputano il superamento dei valori limite per le polveri sottili PM10 e per il biossido di azoto NO2.
Per quanto le situazioni di inadempienza riguardino il 17% del territorio nazionale, secondo i giudici europei non è mai stata chiesta una proroga o una deroga dalle condizioni imposte dalla normativa in maniera corretta, né tantomeno si è mai dimostrata l’esistenza di circostanze eccezionali. Per questo motivo al nostro Paese viene contestato di:
- aver superato in modo continuativo e sistematico i valori fissati per il particolato (PM10) (con violazione dell’art. 13 e l’allegato XI della direttiva 2008/50);
- non aver adottato misure adeguate a garantire il rispetto dei valori limite (violazione dell’art. 23 c. 1 e l’allegato XV parte A);
- non aver fatto in modo che i piani per la qualità dell’aria prevedano misure adeguate affinché il superamento dei valori sia il più breve possibile (violazione dell’art. 23 c. 1).
Come risolvere la situazione e, soprattutto, in che misura si trovano coinvolte le aziende agricole e zootecniche?
In risposta alla situazione di infrazione che si è andata a delineare, il nostro Governo ha emanato il Decreto-legge 12 settembre 2023, n. 121 “Misure urgenti in materia di pianificazione della qualità dell’aria e limitazioni della circolazione stradale” nel quale è stato stabilito che le regioni Piemonte, Lombardia, Veneto e Emilia-Romagna dovevano provvedere, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dell’atto, ad aggiornare i rispettivi piani di qualità dell’aria, modificando, ove necessario, i relativi provvedimenti attuativi, alla luce dei risultati prodotti dalle iniziative già messe in campo per ridurre le emissioni inquinanti.
Ecco cosa prevedono, dunque, i nuovi piani per la qualità dell’aria di queste Regioni
Piemonte
Rif. Norm. Deliberazione del consiglio regionale_2024-12-20 n. 93034
Le misure previste per l’ambito agricoltura e zootecnia (Agr) hanno l’obiettivo primario di ridurre le emissioni di NH3 derivanti dalla gestione dei reflui e dalle coltivazioni con fertilizzanti. In secondo luogo, è stato ritenuto opportuno intervenire sulle emissioni di PM10 derivanti dalla pratica degli abbruciamenti e dall’utilizzo di mezzi agricoli. Le misure stabilite sono 5 con relative 10 azioni individuate.
Lombardia
Rif. Norm. Delibera 2634 del 26 giugno 2024
Il nuovo PRIA della Lombardia include obiettivi inerenti sia gli stoccaggi che le tecnologie di spandimento dei reflui. Le disposizioni si basano sull’individuazione di target di riduzione definiti e raggiungibili con l’applicazione di buone pratiche (BAT – Best Available Technologies) alle quali sia associabile, singolarmente per ogni pratica, una potenziale quota di riduzione dell’ammoniaca (cui si associa una quota, seppur non proporzionale, di riduzione di polveri sottili).
A) Prescrizioni regionali relative alla copertura degli stoccaggi degli effluenti zootecnici:
- Per le nuove strutture di stoccaggio per le aziende che producono e stoccano quantitativi di azoto escreto superiore a 3.000 kg/anno: – obbligo di copertura degli stoccaggi con tecniche ad efficienza di riduzione delle emissioni pari o superiore al 60% a partire dal 1° gennaio 2027.
- Per le strutture di stoccaggio esistenti:
– per le aziende che producono e stoccano quantitativi di azoto escreto compreso tra 3.000 e 25.000 kg/anno, obbligo di copertura degli stoccaggi esistenti con pratiche o tecniche ad efficienza di riduzione delle emissioni pari o superiore al 40% entro il 1° gennaio 2025 e con tecniche ad efficienza di riduzione delle emissioni pari o superiore al 60% entro il 31 dicembre 2029;
– per le aziende che producono e stoccano quantitativi di azoto escreto superiore a 25.000 kg/anno, obbligo di copertura degli stoccaggi esistenti con tecniche ad efficienza di riduzione delle emissioni pari o superiore al 40% entro il 1° gennaio 2025 e con tecniche ad efficienza di riduzione delle emissioni pari o superiore al 60% entro il 31 dicembre 2027.
B) Prescrizioni regionali relative alle tecniche di distribuzione degli effluenti zootecnici
In riferimento alle tecniche di distribuzione degli effluenti zootecnici in fase liquida è stato stabilito che:.
- Per le aziende che distribuiscono quantitativi di azoto escreto compreso tra 3.000 e 25.000 kg/anno:
– con decorrenza immediata, obbligo di distribuzione degli effluenti di allevamento con pratiche o tecniche ad efficienza di riduzione delle emissioni pari o superiore al 45%;
– a partire dal 1° gennaio 2026 la distribuzione con piatto deviatore dovrà essere effettuata con interramento immediato.
- Per le aziende che distribuiscono quantitativi di azoto escreto superiore a 25.000 kg/anno:
– con decorrenza immediata, obbligo di distribuzione degli effluenti di allevamento con pratiche o tecniche ad efficienza di riduzione delle emissioni pari o superiore al 45%;
– a partire dal 1° gennaio 2027 obbligo di distribuzione degli effluenti di allevamento con pratiche o tecniche ad efficienza di riduzione delle emissioni pari o superiore al 65%;
– a partire dal 1° gennaio 2025 la distribuzione con piatto deviatore dovrà essere effettuata con interramento immediato.
Si dispone inoltre il divieto dell’uso di attrezzature a getto libero anche a bassa pressione (sotto le 2 atm) a partire dal 1° gennaio 2025 e il divieto di utilizzo del piatto deviatore dal 1° gennaio 2029 per tutte le aziende che distribuiscono quantitativi di azoto escreto pari o superiori 3.000 kg/anno.
Le prescrizioni di cui al punto A) si applicano a tutto il territorio regionale ad esclusione delle seguenti casistiche: aziende che producono e/o stoccano quantitativi di azoto escreto inferiori a 3.000 kg/anno; aree agricole svantaggiate montane ai sensi del Regolamento europeo sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR). Le prescrizioni di cui al punto B) si applicano a tutto il territorio regionale ad esclusione delle seguenti casistiche: aziende che distribuiscono quantitativi di azoto escreto inferiori a 3.000 kg/anno; terreni con pendenza maggiore del 15% (fatte salve le prescrizioni per le distribuzioni in pendenza previste dalle specifiche discipline regionali); zone montane; aree agricole svantaggiate montane ai sensi del Regolamento europeo sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), terreni seminati su sodo (no tillage); terreni con coltura in atto, colture permanenti con interfilari inerbiti, prati (inclusi ipermanenti), prati-pascoli e pascoli.
Veneto
Rif. Norm. Deliberazione della Giunta Regionale n. 480 del 02 Maggio 2024
Sono state introdotte misure relative alla copertura delle vasche di stoccaggio dei reflui (AG.4) e alla dotazione di attrezzature che consentano la distribuzione con immediato interramento di fertilizzanti chimici (AG.2) o di liquami e letami zootecnici (AG. 3) Nell’ambito della misura AG. 4 sono comprese inoltre pratiche finalizzate ad efficientare e ottimizzare la gestione dei reflui al fine di ridurre le emissioni di ammoniaca e dei gas ad effetto serra.
Emilia-Romagna
Rif. Norm. Deliberazione 30 Gennaio 2024, N. 152 e PAIR 2030 Norme tecniche di attuazione
Il documento approvato dalla Regione Emilia-Romagna dispone misure di promozione di buone pratiche agricole che riguardano ad esempio:
- attività di informazione e consulenza alle imprese sul tema dell’alimentazione degli animali al fine di ridurre, attraverso modifiche della dieta degli animali, l’azoto escreto nonché sul tema dell’applicazione delle tecniche dell’agricoltura di precisione per l’ottimizzazione dell’uso dell’azoto per la concimazione;
- incentivazione nella realizzazione di coperture di vasche di stoccaggio delle deiezioni o di vasche con un rapporto superficie libera/volume del contenitore inferiore o uguale a 0,2 m2 /m3;
- sostituzione dei lagoni con vasche coperte o che assicurino un adeguato rapporto superficie libera/volume del contenitore inferiore o uguale a 0,2 m2 /m3 ovvero messa in atto di modalità di stoccaggio delle deiezioni con tecniche alternative di media/alta efficienza rispetto alla riduzione delle emissioni di ammoniaca;
- acquisto o della modifica di attrezzature già nella disponibilità dei potenziali beneficiari al fine di conseguire migliori performance ambientali (es. sostituzione dell’organo distributore di un carro botte già presente) sia per le singole aziende che condiviso tra diverse di esse, attraverso l’introduzione di macchinari e attrezzature idonee allo spandimento secondo le più efficienti tecniche per limitare le emissioni di inquinanti in atmosfera nonché che operino l’interramento dei fertilizzanti chimici;
- incentivazione di pratiche di distribuzione degli effluenti secondo le più efficienti tecniche per limitare le emissioni di inquinanti in atmosfera nonché di pratiche di fertilizzazione sostenibili;
- incentivazione dell’applicazione delle migliori tecniche di stabulazione degli animali per consentire la riduzione delle emissioni di ammoniaca in fase di ricovero.
Viene disposto inoltre:
- Copertura degli stoccaggi dei reflui zootecnici non palabili dal 1° gennaio 2030, nelle zone della Pianura Est, Pianura Ovest e dell’Agglomerato di Bologna, le aziende agricole in esercizio alla data di approvazione del Piano, sono obbligate alla copertura degli stoccaggi dei reflui zootecnici non palabili con tecniche di riduzione delle emissioni di ammoniaca a media o alta efficienza o sostituzione con vasche con un rapporto superficie/volume inferiore o uguale a 0,2 m2 /m3. Costituiscono tecniche di riduzione delle emissioni di ammoniaca a media o alta efficienza quelle indicate alle tabelle riportate al paragrafo 11.5.3.5 della Relazione generale.
- Per la distribuzione di liquami e del digestato non palabile su terreni con pendenza media minore del 15%, nelle zone di Pianura Ovest, Pianura Est e dell’Agglomerato di Bologna, è obbligatorio adottare sistemi di erogazione a pressione non superiore alle 2 atmosfere all’uscita del sistema di distribuzione tali da non determinare la polverizzazione del getto ovvero sistemi di distribuzione che abbiano una maggiore efficacia nel contenimento delle emissioni quali, ad esempio, quelli indicati alle tabelle al paragrafo11.5.3.5 della Relazione generale.
- Dal 1° ottobre al 31 marzo, nelle zone di Pianura ovest, Pianura est e dell’Agglomerato di Bologna e fermo restando quanto indicato al comma 1, è obbligatorio l’interramento dei liquami e del digestato non palabile entro le 12 ore dallo spandimento, fatta eccezione per terreni con copertura vegetale in atto o con semina già effettuata.
- Il Piano prevede l’obbligo di incorporazione per lo spandimento dei reflui palabili e il divieto di stoccaggio dei liquami in lagoni nei confronti delle nuove aziende agricole secondo le modalità stabilite al paragrafo 11.5.3.3 della Relazione generale e al regolamento regionale in materia di utilizzazione agronomica.
Per gli allevamenti si è, inoltre, stabilito:
Al fine di contenere le emissioni di ammoniaca, nelle zone della Pianura Est, Pianura Ovest e dell’Agglomerato di Bologna, l’Autorità competente, in sede di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) e dell’autorizzazione unica ambientale (AUA) per i nuovi allevamenti con potenzialità che supera le soglie indicate nel D.lgs. n 152/2006 per l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera, adotta le migliori tecniche disponibili tra quelle applicabili ad ogni singola fase dell’allevamento. In particolare, l’Autorità competente si attiene ai seguenti criteri:
- applicazione di tecniche nutrizionali che conseguano una riduzione dell’azoto escreto di una quota non inferiore al 10% rispetto a una dieta standard, da stimare tramite un bilancio dell’azoto calcolato con il modello BAT tool o con altri strumenti di stima similari;
- adozione di tipologie di stabulazione comprese tra le migliori tecniche disponibili a media o alta efficienza;
- copertura delle vasche di stoccaggio dei liquami con copertura fissa rigida o flessibile, o comunque l’adozione di una delle migliori tecniche disponibili per lo stoccaggio dei liquami classificabile ad alta efficienza; la copertura dei cumuli o stoccaggio in capannone dei reflui palabili o l’adozione di un’altra delle migliori tecniche disponibili classificabile a media o alta efficienza;
- spandimento dei reflui effettuato con incorporazione immediata, o con tecniche classificabili ad alta efficienza;
- stima delle emissioni di ammoniaca in ogni fase tramite un modello di calcolo quale il BAT-Tool.
In merito ai fertilizzanti si prevede che, a partire dal 1° gennaio 2026, nelle zone di Pianura Ovest, Pianura Est e dell’Agglomerato di Bologna, è obbligatoria l’incorporazione nel terreno dei fertilizzanti a base urea, nel più breve tempo possibile e comunque entro le 24 ore successive, fatti salvi i casi di copertura vegetale in atto o semina già effettuata.
In conclusione
Sperando di non avervi annoiato troppo, ma piuttosto di aver contributo a districarvi nel dedalo normativo in cui è necessario orientarsi, non ci resta che attendere i risvolti concreti delle misure stabilite a livello locale. Sicuramente è necessario un grande impegno da parte di tutti, e l’augurio è che le aziende vengano supportate fattivamente nell’applicazione di queste norme, innanzitutto a livello economico, ma anche e soprattutto a livello tecnico con la formazione e messa in campo di professionalità che possano affiancare l’agricoltore e l’allevatore nel passaggio a sistemi produttivi più consapevoli.
Considerando la complessità e la mole della documentazione sopra richiamata, chiunque fosse interessato a conoscere i dettagli è invitato ad approfondire i singoli ambiti direttamente sul testo integrale del documento allegato in ogni singola sezione regionale.