Una riforma storica: gli animali come soggetti di diritto nel Codice Penale

Approvato definitivamente al Senato il ddl 1308: inasprite le pene per i reati contro gli animali e introdotte nuove tutele giuridiche dirette

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3 Giugno, 2025

Il 29 maggio 2025 segna una data cruciale nella storia della tutela giuridica degli animali in Italia. Con l’approvazione definitiva in Senato del disegno di legge n. 1308, si completa una riforma attesa da anni e si inaugura un nuovo paradigma normativo: per la prima volta, il Codice Penale riconosce espressamente gli animali come soggetti di diritto, portatori di un interesse proprio alla protezione, svincolato dalla mera proiezione del sentimento umano.

La modifica più simbolica è forse quella introdotta all’articolo 1 della legge, che sostituisce la rubrica del Titolo IX-bis del Libro II del Codice Penale in “Dei delitti contro gli animali”. Una scelta linguistica che riflette un cambiamento concettuale profondo: non è più la compassione umana il bene giuridico tutelato, ma l’integrità e la dignità dell’animale in quanto essere senziente.

Gli interventi sul Codice Penale

La riforma inasprisce in modo significativo le pene per i principali reati in materia. L’articolo 544-bis punisce ora l’uccisione di un animale con la reclusione da sei mesi a tre anni, accompagnata da una multa da 5.000 a 30.000 euro. Nei casi più gravi – quando si ricorre a sevizie o si prolunga volontariamente la sofferenza – la pena arriva fino a quattro anni di reclusione e 60.000 euro di multa.

Similmente, l’articolo 544-ter, relativo al maltrattamento di animali, prevede ora pene detentive da sei mesi a due anni, non più sostituibili alternativamente con la sola multa.

L’articolo 544-quinquies, che vieta i combattimenti tra animali, è stato anch’esso potenziato: chi organizza o partecipa a tali eventi rischia da due a quattro anni di carcere, e anche l’addestramento di animali a tali fini o le scommesse connesse sono autonomamente puniti con pene pecuniarie e detentive.

Si segnala inoltre l’introduzione dell’articolo 544-septies, che prevede circostanze aggravanti qualora i fatti siano commessi in presenza di minori, nei confronti di più animali, o se le immagini delle violenze vengono diffuse online.

Rafforzata la tutela in fase processuale

La riforma interviene anche sul Codice di Procedura Penale con l’introduzione dell’art. 260-bis, che disciplina l’affidamento definitivo degli animali oggetto di sequestro o confisca ad associazioni, enti o persone fisiche, subordinato al versamento di una cauzione. Una novità che ha lo scopo di assicurare il benessere degli animali già nella fase cautelare, prevenendo l’abbattimento o la dispersione degli esemplari coinvolti nei procedimenti penali.

Ad ulteriore tutela, si stabilisce il divieto di abbattimento o alienazione degli animali nel corso delle indagini o del dibattimento, anche in assenza di sequestro formale.

Responsabilità degli enti e norme speciali

Per la prima volta, i delitti contro gli animali rientrano anche nel campo di applicazione del d.lgs. 231/2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti. Le sanzioni possono raggiungere fino a 500 quote, con l’aggiunta di pene interdittive per un massimo di due anni.

Sono state poi riviste numerose norme in materia di animali da affezione, traffico illecito, uso di catene e mancata identificazione, oltre che le sanzioni per reati ambientali legati alla fauna selvatica e alla distruzione di habitat naturali.

Il valore di una svolta

Al netto della tecnicalità giuridica, questa riforma rappresenta un cambio di passo storico per il nostro ordinamento e una conquista civile per chi opera, a vario titolo, nel settore zootecnico, veterinario, agricolo o semplicemente per chi ha a cuore il rispetto della vita animale.

Chi lavora negli allevamenti, nei centri di raccolta, nei rifugi, chi insegna e chi fa ricerca, chi cura, trasporta, nutre, chi ogni giorno gestisce animali con responsabilità e consapevolezza sa bene quanto questo riconoscimento fosse necessario.

Non si tratta di un cedimento emotivo del legislatore. È, al contrario, l’affermazione solenne che il rispetto per l’animale – e per chi lavora per il suo benessere – non è più una gentile concessione, ma un dovere giuridico. Una responsabilità collettiva. Un riflesso della nostra maturità come comunità.

 

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