Come monitorare la digeribilità dei fieni
Il fieno è una componente fondamentale nella dieta dei ruminanti, e sulla sua digeribilità non è possibile transigere. In questo articolo vediamo quali sono i parametri e le analisi necessarie per verificarla

Quando il foraggio secco, sia esso essiccato naturalmente al sole o tramite forni (disidratato) o essiccatoi aziendali, occupa una parte importante della razione, la sua digeribilità è di fondamentale importanza.
Di fieno se ne fa largo uso nelle aree marginali del nostro Paese, dove è impossibile irrigare e/o insilare, oppure dove disciplinari come quello del Parmigiano Reggiano ne impongono una grande quantità in razione (min 50%) per ragioni legate alla tradizione e alla qualità del formaggio.
Dei fieni è sì interessante conoscere la loro concentrazione in proteina grezza, ma quello che è veramente importante è sapere qual è la digeribilità dell’NDF. Tutti sappiamo che significa questo acronimo ma ”repetita iuvant”, ossia “le cose ripetute giovano”.
Tutto ciò che i ruminanti mangiano, dai concentrati ai foraggi, è composto da cellule vegetali, ad eccezione dei grassi aggiunti, dell’azoto non proteico, dei minerali e delle vitamine.

La cellula vegetale.
A differenza delle cellule animali, queste hanno una parete più o meno spessa fatta prevalentemente di carboidrati strutturali che un tempo chiamavamo genericamente fibra ma che ormai da molti decenni definiamo NDF, acronimo di Fibra Neutro Detersa, che altro non è che la tecnica analitica utilizzata per quantificarla prima dell’avvento del NIR. Da un punto di vista chimico l’NDF è grosso modo la sommatoria di emicellulose, cellulose e lignina, ed è la porzione della cellula vegetale che racchiude il citoplasma dove sono contenuti gli altri nutrienti come le proteine, gli amidi, gli zuccheri, le vitamine, parte dei minerali e i grassi. Più la parte cellulare è spessa, minore sarà proporzionalmente il volume del citoplasma, e quindi i nutrienti intracellulari, e maggiore sarà l’NDF.
La proporzione tra emicellulose, cellulose e lignina dipende da fattori genetici, dal livello di maturazione della pianta, e da clima e piovosità. Le emicellulose sono la fibra più digeribile in assoluto mentre la lignina non lo è affatto. A parità di NDF, un fieno con un basso livello di ADF (Fibra Detergente Acida) è sicuramente preferibile, poiché un’elevata concentrazione di ADF indica un contenuto maggiore di cellulosa e lignina, componenti con una ridotta digeribilità o degradabilità ruminale. Meno lignina c’è, migliore sarà ovviamente la digeribilità dell’NDF.
Oggi i NIR permettono di analizzare l’aNDFom che, rispetto all’NDF, non contiene alcuna frazione di amido ed è privo di ceneri. Questo paramentro ha per tanto soppiantato la vecchia NDF, anche perché la differenza tra i due valori è spesso molto ampia.
Misurando l’NDF quantifichiamo indirettamente lo spessore di questa parete.
Nei precedenti articoli della rubrica di Ruminantia “Allevare Parmigiano Reggiano” abbiamo dimostrato con i dati ANAFIBJ che le razioni utilizzabili nel relativo Comprensorio, anche se apparentemente più “diluite” rispetto a quelle del resto della Pianura Padana, non alterano significativamente le performance produttive, riproduttive e sanitarie delle bovine da latte.
La fisiologia di questi animali si è evoluta per valorizzare i carboidrati fibrosi in modo migliore rispetto agli amidi e ai grassi. La selezione naturale che per milioni di anni ha plasmato i ruminanti ha agito in un contesto dove essi mangiavano erba e non foraggi essiccati dall’uomo. L’erba ha in generale una fibra di elevata digeribilità e apporta due importanti fattori di crescita del microbiota ruminale che sono gli zuccheri e la proteina solubile. Si sa che, quando si avvicina la fienagione, cresce l’ansia degli allevatori di fare un buon raccolto di qualità, dal momento che la pioggia e il caldo estremo potrebbe far maturare le piante in men che non si dica.
Nelle diete a base di fieno, se esso è di un’annata particolarmente nefasta poco si può fare. Pensare che con i concentrati, ammesso che sia possibile aumentarne le quantità in razione per via del disciplinare, si possano evitare gli effetti negativi legati alla scarsa qualità del fieno è spesso un’illusione. Si possono certo inserire concentrati fibrosi come le buccette di soia, la polpa di barbabietola e la crusca, ma in quantità limitata e senza aspettarsi miracoli. Una fienagione fatta di piante troppo mature e un’essiccazione lunga e tormentata dalle piogge inevitabilmente infliggono un danno irreversibile alla qualità del fieno, casa di cui non si può non tenere conto quando si fanno le razioni.
Oltre a stipare il fieno per tipologia d’essenza, numero di taglio e bontà del prodotto, è bene organizzare un controllo analitico routinario della qualità del fieno puntando decisamente sulla digeribilità dell’NDF, oltre che sui parametri analitici tradizionali. La tecnologia NIR permette di eseguire analisi a costi contenuti di analiti essenziali per utilizzare come metodo di formulazione delle razioni il CNCPS.
E’ sicuramente importante conoscere la proteina grezza di un fieno e quanta di questa sia solubile e legata all’ADF e all’NDF, perché ciò la rende meno disponibile alla fermentazione ruminale.
C’è poi l’ADIP, che rappresenta la frazione della proteina grezza (PB) che è legata all’ADF è che quindi non è disponibile per le fermentazioni ruminali. Questo parametro quantifica soprattutto la proteina danneggiata dal calore in reazioni tipo quella di Maillard. Si tratta di un parametro che troviamo molto alto nei foraggi mal disidratati, nei fieni che durante l’imballaggio si scaldano molto per via dell’eccesiva umidità e nei concentrati proteici surriscaldati. È una frazione proteica che può dare problemi di salute alle bovine se arriva in grande quantità nel grosso intestino.
Di grande importanza pratica è valutare la digeribilità dell’NDF a 30 ore, anche se nei referti analitici dei laboratori più specializzati troviamo anche quella a 12,120 e 240 ore.
Importante è anche quantificare la quota di NDF indigeribile, anche qui a 12, 30, 120 e 240 ore. Ovvio è che più elevata è la quota di NDF digeribile a 30 ore migliore sarà il contributo di nutrienti che il fieno potrà dare all’animale che lo ingerisce.
Conclusioni
Chi pensa che per ragioni sia tecniche che economiche sia utile monitorare oggettivamente la digeribilità del fieno aziendale o acquistato (qualificazione del fornitore) può richiedere al laboratorio di cui si serve le seguenti analisi NIR/CNCPS.
Umidità | % sostanza secca |
Proteina greggia | % sostanza secca |
Proteina solubile | % della proteina greggia |
Proteina legata all’ADF (ADIP) | % sostanza secca |
Proteina legata all’NDF (NDIP) | % sostanza secca |
aNDFom | % sostanza secca |
ADF | % sostanza secca |
ADL | % sostanza secca |
Digeribilità NDF 30h | % aNDFom |
Digeribilità NDF 240h | % aNDFom |
NDF indigeribile 30h | % sostanza secca |
NDF indigeribile 240h | % sostanza secca |
Zuccheri | % sostanza secca |
Ovviamente, questo set di analisi serve a verificare la digeribilità dei foraggi per potergli dare un valore nutrizionale e commerciale. Come valori di riferimento è bene utilizzare la tecnica del benchmark, ossia confrontare le proprie analisi con quelle degli anni precedenti e con i valori medi del laboratorio di riferimento per una determinata essenza vegetale e taglio.
Nel caso si tratti di foraggi disidratati serve anche a quantificare la quantità di proteina danneggiata dal calore e pertanto indisponibile. Per formulare diete con il CNCPS sono necessari altri nutrienti analizzabili ben noti ai nutrizionisti.