Nell’era dell’urbanizzazione selvaggia, dell’incessante cementificazione del suolo e dei sempre più avversi cambiamenti climatici, una legge che dovrebbe proteggere il nostro prezioso territorio sembra essere scomparsa nel labirinto burocratico e politico. “Che fine ha fatto la legge sul consumo del suolo?”: è una domanda che riecheggia tra le rovine di parchi naturali trasformati in parcheggi e campi agricoli divorati da nuove costruzioni. In questa inchiesta ci addentriamo nel cuore di un vuoto normativo che minaccia l’equilibrio tra sviluppo e sostenibilità ambientale.

Mentre le città si espandono a dismisura e gli ecosistemi vengono sacrificati sull’altare del profitto, la mancanza di regolamentazione efficace rischia di condurci verso un punto di non ritorno. Attraverso un’analisi approfondita e critica, esploreremo le molteplici facce di questo dilemma, evidenziando le conseguenze nefaste di politiche lassiste e di leggi inerti.

Ma non ci limiteremo a esaminare il problema: ci immergeremo anche nel marasma legislativo, tracciando il percorso tortuoso delle proposte di legge che, pur promettendo cambiamento, sono state sistematicamente accantonate, seppellite sotto il peso degli interessi economici o della miopia politica. In questa rassegna delle proposte naufragate, analizzeremo i retroscena delle manovre parlamentari e le forze in gioco che hanno impedito il sorgere di una soluzione concreta.

Attraverso dati, testimonianze e riflessioni, questa inchiesta mira a gettare luce su un problema urgente, ma spesso trascurato, che minaccia il futuro delle generazioni a venire e che non possiamo permetterci di ignorare se vogliamo preservare il nostro patrimonio ambientale per le generazioni future.

Contesto e definizioni

Il suolo, nelle sue condizioni naturali, offre al genere umano i servizi ecosistemici indispensabili per il suo sostentamento fornendo risorse come alimenti, biomassa e materie prime; regolando il clima, catturando e immagazzinando carbonio, controllando l’erosione e il flusso di nutrienti, regolando la qualità dell’acqua, proteggendo e mitigando gli eventi idrologici estremi; sostenendo processi come la decomposizione della materia organica e la mineralizzazione, fornendo habitat per le specie e contribuendo alla conservazione della biodiversità; offrendo anche servizi culturali come il paesaggio ed il patrimonio naturale.

Tuttavia, il suolo è anche una risorsa limitata e fragile, spesso trascurata e sottovalutata nei suoi effetti sulla perdita di funzionalità. Le pratiche agricole, zootecniche e forestali scorrette, insieme ai cambiamenti nell’uso del suolo e agli impatti locali dei cambiamenti climatici globali, possono causare gravi processi di degradazione che limitano o addirittura eliminano la funzionalità del suolo. Spesso tali danni diventano evidenti solo quando sono irreversibili o quando lo stato di degrado è così avanzato da rendere estremamente costoso ed economicamente svantaggioso il ripristino. (Ispra)

Per poter comprendere al meglio l’argomento che qui ci occupa ritengo indispensabile fornire due definizioni:

Consumo di suolo: variazione da una copertura non artificiale (suolo non consumato) a una copertura artificiale del suolo (suolo consumato), con la distinzione fra consumo di suolo permanente (dovuto a una copertura artificiale permanente) e consumo di suolo reversibile (dovuto a una copertura artificiale reversibile).

Rigenerazione urbana: locuzione che designa i programmi di recupero e riqualificazione del patrimonio immobiliare alla scala urbana che puntano a garantire qualità e sicurezza dell’abitare sia dal punto di vista sociale sia ambientale, in particolare nelle periferie più degradate. (Treccani)

Alcuni dati dall’ultimo rapporto SNPA

Negli ultimi tempi, e per diverse ragioni, i riflettori si sono riaccesi su un problema radicato e persistente nel tessuto della nostra nazione: il consumo di suolo, una minaccia crescente per gli equilibri e lo sviluppo del già fragile ecosistema italiano. Insieme all’innalzamento delle temperature nelle zone urbane e all’aggravarsi del rischio idrogeologico, anche la notizia dell’inesorabile avanzata della cementificazione delle aree urbane ed extraurbane, con città come Roma, Torino e Milano che si contendono il triste primato, ha riportato il tema al centro dell’attenzione e dei dibattiti politici.

Il consumo di suolo è monitorato dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), istituito dalla legge 28 giugno 2016, n. 132, che annualmente pubblica il rapporto nazionale “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” dal quale si evincono dati allarmanti.

Secondo l’ultimo rapporto SNPA, infatti, nel 2022 il nostro paese ha perso 2,4 m2 di suolo al secondo, avanzando in soli dodici mesi di altri 77 km2, oltre il 10% in più rispetto all’anno precedente. Un ritmo preoccupante che, se non contrastato, avrà conseguenze devastanti sull’ambiente, sull’economia e sulla qualità della vita.

Le città diventano sempre più calde. Nei principali centri urbani italiani, infatti, la temperatura cresce all’aumentare della densità delle coperture artificiali, raggiungendo nei giorni più caldi valori compresi tra 43 e 46 °C nelle aree più sature e seguendo andamenti diversi a seconda delle caratteristiche del territorio circostante.

Ma il consumo di suolo incide anche sull’esposizione della popolazione al rischio idrogeologico (oltre 900 – in un solo anno – gli ettari di territorio nazionale reso impermeabile nelle aree a pericolosità idraulica media), e provoca la costante diminuzione della disponibilità di aree agricole eliminando in 12 mesi altri 4.500 ettari, il 63% del consumo di suolo nazionale.

Tuttavia, nonostante gli sforzi di monitoraggio, i dati recenti evidenziano un panorama allarmante di trasformazioni territoriali che comportano la perdita di risorse fondamentali e dei relativi servizi ecosistemici.

Questi i costi nascosti ad oggi dovuti alla perdita dei servizi ecosistemici ricalcolati in base ai nuovi dati: 9 miliardi di euro ogni anno a causa della perdita di suolo rilevata tra il 2006 e il 2022.

(Per un approfondimento sul tema si rimanda alla Videointervista di Michele Munafò, dirigente dell’ISPRA e curatore del report “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”.)

Un problema che non è una novità

Il problema non è nuovo e si intreccia strettamente con le sfide di crescita economica che affliggono le società moderne. Già nell’epoca della ricostruzione e del boom economico degli anni ’50 e ’60, opere letterarie e cinematografiche come “La speculazione edilizia” di Italo Calvino (1963) e “Le mani sulla città” di Francesco Rosi (1963) evidenziavano le criticità legate all’espansione incontrollata e agli abusi edilizi. In particolare, la pellicola di Rosi è un manifesto di denuncia della corruzione e della speculazione edilizia dell’Italia di quegli anni. Significativa è una delle frasi del film che recita: «I personaggi e i fatti qui narrati sono immaginari, è autentica invece la realtà sociale e ambientale che li produce

A livello sovranazionale il tema ha ricevuto attenzione già dal 1972 con l’adozione da parte del Consiglio d’Europa della Carta Europea del Suolo. Questo documento per la prima volta ha sottolineato l’importanza del suolo come risorsa non rinnovabile e ha promosso misure per una gestione sostenibile del territorio.

Il concetto di sviluppo sostenibile, emerso nel Rapporto Brundtland del 1987, è diventato un faro per affrontare le sfide ambientali e sociali connesse allo sviluppo. Tuttavia, nonostante i progressi concettuali, la pratica è rimasta spesso lontana dai principi enunciati, con continue trasformazioni del territorio a discapito dell’ambiente e della qualità della vita.

Sovranità alimentare: una contraddizione senza la terra

L’attuale governo invoca, sin dagli albori della campagna elettorale, il raggiungimento della sovranità alimentare, ovvero la capacità di un paese di produrre cibo sufficiente per soddisfare le proprie esigenze, e di farlo in modo sostenibile e resiliente nel lungo termine. Tuttavia, questa ambizione si scontra la preoccupante realtà del consumo del suolo agricolo.

In trent’anni, il 20% della SAU (Superficie Agricola Utilizzabile) è stata infatti inghiottita dall’espansione urbana, dalle infrastrutture, dal degrado delle aree periurbane e dall’abbandono dei territori collinari e montani.

Ma come possiamo puntare alla sovranità alimentare se ci viene a mancare la terra su cui coltivare?

Appare quindi evidente una contraddizione tra le dichiarazioni d’intento del governo e la sua inerzia nel contrastare il consumo del suolo. Nonostante la gravità del problema, non sono state adottate misure concrete per tutelare la SAU e promuovere un modello agricolo sostenibile.

La cementificazione del territorio, in particolare, contribuisce a una serie di problemi che minano la capacità del suolo di svolgere le sue funzioni vitali:

  1. Deficienza di produzione agro-zootecnica: la perdita di suolo agricolo riduce la capacità di produrre cibo in rapporto alla domanda della popolazione, mettendo a rischio la sicurezza alimentare e aumentando la dipendenza dalle importazioni.
  2. Impermeabilizzazione e deflussi idrici: la cementificazione del suolo impedisce il normale assorbimento dell’acqua piovana nel terreno, causando problemi di ristagno idrico e allagamenti nelle aree circostanti, mentre l’acqua non assorbita scorre altrove, aumentando il rischio di erosione del suolo e inquinamento idrico.
  3. Deficienza di vegetazione e assorbimento di CO2: la cementificazione riduce la copertura vegetale, diminuendo la capacità del territorio di assorbire CO2 dall’atmosfera e contribuendo così all’effetto serra e ai cambiamenti climatici.

Di chi è la competenza al momento

Il consumo di suolo rientra nella materia “governo del territorio”, cui afferiscono i profili dell’urbanistica e dell’edilizia (si vedano, su tale ambito, le sentenze C-Cost. n. 303 e 362 del 2003). Tale materia è ricompresa nel novero delle materie di legislazione concorrente (articolo 117, comma terzo, della Costituzione) nelle quali “spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione esclusiva dello Stato“; spetta quindi alle regioni la potestà regolamentare.

L’assenza di una legge nazionale sul consumo di suolo ha diverse implicazioni negative:

  • Mancanza di una visione strategica: non esiste un piano nazionale per contrastare il consumo di suolo e le politiche adottate a livello regionale e locale sono spesso frammentarie e inefficaci.
  • Difficoltà di attuazione: le leggi regionali e locali sul consumo di suolo sono spesso difficili da applicare a causa della mancanza di risorse e di personale qualificato.
  • Incertezza per le imprese: le imprese che investono in Italia si trovano ad affrontare un quadro normativo incerto e frammentato, che rende difficoltoso pianificare gli investimenti a lungo termine.

Dall’immobilismo al (timido) risveglio 

La prima iniziativa legislativa per limitare il consumo di suolo risale al governo Monti (61° esecutivo, secondo e ultimo della XVI legislatura), quando nel 2012 l’ex ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Mario Catania, presentò il Rapporto “Costruire il futuro: difendere l’agricoltura dalla cementificazione” e il disegno di legge “Valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo di suolo, che non fu approvato a causa dello scioglimento anticipato delle Camere.

Durante la successiva legislatura (XVII), furono presentati diversi progetti di legge, ma fu solo il 12 maggio 2016 che la Camera approvò un testo elaborato dalla Commissione Ambiente (A.C. n. 2039).

“Era una buona legge, una legge utile. È stato finora l’unico tentativo serio”, ricorda Ermete Realacci, all’epoca presidente della Commissione. “Ma in Senato venne bloccata da ostacoli trasversali. C’era chi diceva che era troppo, ma anche chi diceva che era troppo poco”.

La proposta prevedeva incentivi per la rigenerazione urbana, il riutilizzo degli edifici vuoti e delle aree dismesse, la riqualificazione energetica e la demolizione e ricostruzione degli edifici inefficienti dal punto di vista energetico, e recepiva l’indicazione Ue per azzerare il consumo di suolo entro il 2050. Tuttavia, non è stato fatto nulla fino alla fine della legislatura e la legge faticosamente approvata alla camera con 355 emendamenti si è definitivamente arenata in Senato.

Nella legislatura successiva con gli esecutivi Conte e Draghi (XVIII), le varie proposte, sia quelle ereditate che quelle di “nuova” ideazione, non hanno ottenuto alcun progresso nonostante l’aggravarsi della situazione. Una possibile spiegazione risiede nel fatto che questi temi non hanno avuto sufficiente risonanza mediatica nel dibattito pubblico a causa del contesto economico sfavorevole dovuto alla crisi pandemica da Covid-19 che ha interessato il mondo intero. Più semplicemente possiamo dire che in quel momento storico le priorità sembravano/erano altre.

Venendo ad oggi, durante l’attuale legislatura, sotto il Governo Meloni (XIX), sono state presentate 11 proposte:

Quattro dal Pd: quelle dei senatori Anna Rossomando e Franco Mirabelli, comunicate il 13 ottobre 2022, quella del deputato ed ex sottosegretario all’Ambiente Roberto Morassut, presentata nella stessa data, e quella della deputata Chiara Braga, presentata in data 26 maggio 2023.

Una dal Verde Angelo Bonelli, comunicata il 19 gennaio di 2023.

Due proposte sono state avanzate da Forza Italia: quelle dei senatori Maurizio Gasparri e Mario Occhiuto, comunicate rispettivamente il 15 giugno e il 7 settembre 2023.

Una dal Leghista Marco Dreosto, comunicata alla presidenza il 10 ottobre 2023.

Tre proposte sono state presentate dal M5S, la prima dalla deputata Stefania Ascari, l’8 novembre 2022, la seconda dalla deputata Patty L’abbate, il 26 settembre 2023, la terza, nonché quella di più recente presentazione, dalla senatrice Elena Sironi, il 20 febbraio 2024.

Le proposte sono state assegnate all’8ª Commissione permanente Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica (Senato) e alle Commissioni riunite Ambiente 8ª e Agricoltura 13 ª (Camera).

Attualmente, 4 delle 11 proposte (Morassut, Ascari, L’abbate e Bonelli) sono ferme alla fase di assegnazione, per cui l’esame in commissione, per ora, non è neanche cominciato.

Per una delle proposte (Braga) l’esame in commissione è iniziato alle ore 10:30 del 3 ottobre 2023 e si è concluso alle ore 15:10 dello stesso giorno con il rinvio del seguito dell’esame ad altra seduta. A distanza di cinque mesi però l’esame della proposta Braga non è ancora ripreso.

Per le restanti 6 proposte (Rossomando, Mirabelli, Gasparri, Occhiuto, Dreosto e Sironi) l’esame in Commissione è iniziato solo il 12 marzo u.s.; questo probabilmente perché, se all’ordine del giorno di una Commissione si trovano contemporaneamente progetti di legge identici o vertenti su materia identica, l’esame deve essere abbinato, così come nel caso di progetti di legge testualmente identici l’abbinamento è disposto d’ufficio.

Ci troviamo dunque di fronte a un’assenza di regolamentazione efficace che rischia di portarci oltre un punto di non ritorno, con conseguenze disastrose per il nostro ambiente e per le future generazioni.

L’analisi delle proposte legislative mostra un quadro desolante: nonostante gli sforzi di alcuni legislatori, le proposte sono rimaste bloccate o sono avanzate a passo di lumaca attraverso un processo legislativo farraginoso. Il contesto politico e mediatico non ha dato loro la dovuta attenzione, e le priorità sembravano essere altrove.

Ma non tutto è perduto. Questo ritratto della situazione può fungere da richiamo all’azione. È urgente che la società civile, le istituzioni e i legislatori uniscano le forze per portare avanti una legislazione efficace che protegga il suolo e promuova uno sviluppo sostenibile.

La situazione in Europa

Dunque, nonostante l’urgente necessità di tutelare il suolo, a livello nazionale non sono ancora state adottate misure specifiche. L’Europa potrebbe quindi assumere un ruolo di primo piano in questo campo, fornendo agli Stati membri un quadro normativo generale da recepire nei propri ordinamenti.

Tuttavia, l’iter di adozione della Direttiva per il monitoraggio e la resilienza del suolo, presentata dalla Commissione Europea il 5 luglio 2023, è ancora in corso. Il Parlamento e la Commissione non hanno ancora adottato la Direttiva, e le prossime elezioni europee potrebbero ritardare ulteriormente il processo, anche perchè l’approvazione di una Direttiva di questo tipo si scontra inevitabilmente con interessi economici e politici oramai consolidati.

Le ragioni per cui l’Italia e l’Europa non sono ancora riuscite ad adottare una legge specifica e completa sul consumo del suolo, infatti, sono molteplici e complesse, ma possiamo ipotizzarne alcune.

  • Mancanza di priorità politica: nonostante la crescente consapevolezza dell’importanza del suolo, la sua tutela non è ancora considerata una priorità politica né in Italia né in Europa. Questo si traduce in una mancanza di risorse finanziarie e umane dedicate al problema e in un’assenza di volontà politica per trovare soluzioni efficaci.
  • Difficoltà di definizione: il consumo di suolo è un concetto complesso e sfuggente, difficile da definire e misurare in modo univoco. Questo rende difficoltoso l’approntamento di una legge che sia efficace e applicabile in modo uniforme in tutto il territorio italiano e europeo.
  • Conflitti di interesse: esistono diversi interessi economici che possono ostacolare l’adozione di una legge sul consumo del suolo. Ad esempio, il settore edile e industriale ha spesso un forte interesse a sfruttare il suolo per nuove costruzioni e infrastrutture.
  • Competenze frammentate: la gestione del suolo è una competenza che in Italia è frammentata tra diversi enti e livelli di governo, dalla Regione al Comune. Questo rende difficile coordinare le azioni e rende più complicato l’applicare una legge nazionale.
  • Mancanza di consapevolezza: la popolazione in generale non è ancora sufficientemente consapevole dell’importanza del suolo e delle minacce a cui è sottoposto. Questo rende difficile mobilitare l’opinione pubblica a sostegno di una legge sul consumo del suolo.

Riflessioni conclusive

L’analisi condotta fin qui ci restituisce una realtà allarmante: il consumo di suolo rappresenta una minaccia crescente per l’equilibrio ambientale e sociale del nostro Paese, e le città si espandono a ritmo frenetico, divorando la superficie agricola utilizzabile senza alcuna misura di contenimento. Le conseguenze di questa espansione incontrollata sono visibili sotto i nostri occhi: perdita di biodiversità, degrado ambientale, impossibilità di produrre cibo sufficiente per soddisfare le esigenze del paese e aumento dei rischi legati ai cambiamenti climatici.

Nonostante la consapevolezza dell’urgenza di agire, il percorso legislativo per contrastare il consumo di suolo è stato costellato da ostacoli e rallentamenti. Le proposte di legge presentate nel corso degli anni sono rimaste spesso lettera morta, bloccate da interessi economici consolidati e da una mancanza di volontà politica.

La mancanza di una normativa efficace e completa sul consumo di suolo si riverbera su diversi livelli: dalla mancanza di una visione strategica a livello nazionale, alla difficoltà di coordinamento tra gli enti locali. Il risultato è un vuoto normativo che favorisce l’abusivismo edilizio e mette a rischio il nostro futuro e quello delle generazioni a venire.

Tuttavia, non tutto è perduto. L’Europa potrebbe ancora giocare un ruolo chiave nel promuovere una legislazione comune per contrastare il consumo di suolo.

Per cambiare rotta e invertire il trend di consumo del suolo, è necessario un impegno concreto da parte delle istituzioni e della società nel suo complesso. È indispensabile promuovere una maggiore consapevolezza dell’importanza del suolo e delle sue funzioni ecologiche, oltre a una migliore coordinazione tra gli enti territoriali e una legislazione chiara e incisiva.

La legge sul consumo del suolo è diventata una vittima dell’inarrestabile burocrazia e dell’apatia politica. È stata sepolta sotto strati di proposte inerti, soffocata dall’egoismo economico e dall’indifferenza verso il nostro ambiente.

Alla domanda “che fine ha fatto la legge sul consumo del suolo?” potremmo rispondere che è annegata in un mare di inefficienza e negligenza, dimenticata da politici che faticano a prendere posizioni elettoralmente impopolari e che sperano toccherà a quelli che arriveranno dopo di loro affrontare l’attuale crisi ambientale. Ma sarebbe una risposta inutile oltre che arrendevole, quindi non sarà in questa sede che ci daremo una risposta definitiva, anzi, è qui che porremo altre domande, chiediamo responsabilità ai nostri rappresentanti e reclamiamo un’azione immediata non tanto e non solo per noi ma soprattutto per le generazioni che verranno.