Casciotta d’Urbino DOP, il formaggio che parla di sostenibilità

Simbolo di rinascita rurale, che unisce storia, biodiversità e innovazione per costruire un futuro sostenibile nelle terre alte del Montefeltro

5 Giugno, 2025

La Casciotta d’Urbino DOP è un formaggio dalle origini antichissime, la cui storia affascina da Michelangelo in poi.

Attraverso i secoli, questo formaggio si è radicato sempre più nel suo territorio di provenienza, arrivando fino ai giorni nostri a rappresentare un esempio di sostenibilità ambientale, tutela delle razze autoctone e rigenerazione sociale. In un periodo in cui le aree interne lottano contro l’abbandono, la Casciotta ha saputo guardare al futuro partendo dal pascolo, riportando al centro l’agricoltura etica, la biodiversità e il ruolo attivo delle comunità locali.

Le sue origini sono databili già dal 1500, quando furono trovate lettere in cui Michelangelo Buonarroti, durante la titanica impresa della Cappella Sistina, chiedeva di ricevere una scorta di Casciotta di Urbino, formaggio che amava al punto da possedere terreni nel Montefeltro e da richiederlo espressamente per i suoi pasti.

Venendo ai giorni nostri, la Casciotta d’Urbino è stata tra le prime DOP casearie italiane, riconosciuta nel 1996, il cui disciplinare ha dato particolare rilievo alle razze autoctone e a tecniche di produzione rispettose della tradizione. Viene prodotta con latte ovino (almeno il 70%) e una parte di latte vaccino. Il disciplinare specifica le razze ovine e bovine ammesse per la produzione. Le razze ovine includono: Sarda, Comisana, Massese, Vissana, Cornella Bianca, Fabrianese, delle Langhe, Lacaune, Assaf e Pinzirita, oltre ai loro incroci. Per quanto riguarda le razze bovine, sono ammesse: Frisona Italiana, Bruna Italiana, Pezzata Rossa, Jersey e i relativi incroci.

Questo prodotto caseario è stato in grado di trasformarsi da specialità locale a modello virtuoso di sostenibilità per l’intero territorio di produzione. Un esempio su tutti è la pratica, introdotta negli ultimi anni da diversi allevatori del Montefeltro, dell’uso degli asini come guardiani del gregge. Questi animali sono appositamente addestrati per proteggere le pecore dai lupi, che negli ultimi tempi sono tornati a popolare i pascoli dell’Appennino. Il loro impiego consente di evitare l’uso di recinzioni invasive o metodi dissuasivi aggressivi, nel pieno rispetto dell’ambiente e della fauna selvatica.

Visto che il territorio ricade in quelle che si definiscono ‘Terre Alte’, il rischio spopolamento è sempre presente, per questo il Consorzio della Casciotta di Urbino DOP ha aderito a progetti come “Generazione Giovani” e all’associazione AECIS, facendo diventare questo formaggio un motore di sviluppo locale.

Così giovani agricoltori sono ritornati nei borghi abbandonati per avviare piccole imprese familiari, spesso coniugando pastorizia, trasformazione casearia e accoglienza turistica. Una microeconomia che punta sulla filiera corta, sulla valorizzazione delle razze autoctone e sulla tutela paesaggistica.

La Casciotta d’Urbino è dunque un racconto di paesaggio, di comunità e di intelligenza rurale. Grazie alla collaborazione delle aziende produttrici è diventato un modello replicabile di sostenibilità integrata che sarebbe da replicare in tante aree marginali del nostri Paese. 

Autore: Roberta Terrigno

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