Difendere i termini del lattiero-caseario: la posizione dell’IDF sui prodotti da agricoltura cellulare
Un appello ai legislatori per armonizzare le normative locali con gli standard del Codex Alimentarius

Con la crescente diffusione delle tecnologie di agricoltura cellulare, l’industria lattiero-casearia si trova di fronte ad una nuova sfida, quella di tutelare i termini tradizionalmente associati al latte e ai suoi derivati. L’International Dairy Federation (IDF), attraverso un position paper ufficiale, ribadisce con fermezza la necessità di rispettare gli standard internazionali per l’uso dei termini lattiero-caseari, in particolare quelli contenuti nel Codex General Standard for the Use of Dairy Terms (GSUDT – CXS 206-1999).
La posizione dell’IDF
Nel documento, l’IDF sottolinea che le innovazioni come la fermentazione di precisione, la coltura cellulare e la plant molecular farming, pur offrendo nuove opportunità per l’alimentazione futura, non devono appropriarsi indebitamente di denominazioni riservate a prodotti derivanti da secrezioni mammarie di animali da latte. Secondo il GSUDT, termini come “latte”, “formaggio”, “panna” e “yogurt” possono essere utilizzati solo per prodotti ottenuti da latte animale o suoi derivati.
“Un prodotto che non è latte, un prodotto lattiero-caseario o un prodotto lattiero-caseario composito non deve utilizzare alcun termine che suggerisca una relazione con tali categorie”, si legge nel documento.
Evitare la confusione del consumatore
Il fulcro della normativa è la tutela del consumatore, che ha diritto ad un’informazione chiara, trasparente e non fuorviante. L’uso improprio di termini lattiero-caseari per prodotti ottenuti in laboratorio, secondo l’IDF, rischia di generare ambiguità sul reale contenuto, sull’origine e sulle qualità nutrizionali dell’alimento.
Nonostante l’IDF non sia contraria alle innovazioni tecnologiche, ritiene fondamentale che queste vengano etichettate in maniera chiara e secondo le normative vigenti, rispettando gli standard internazionali. La corretta denominazione dei prodotti è considerata un pilastro per garantire pratiche commerciali leali e tutelare la qualità percepita dei prodotti lattiero-caseari.
La definizione di “latte” nel Codex
Il GSUDT definisce il latte come la “secrezione mammaria normale di animali da mungitura, ottenuta da una o più mungiture, senza aggiunte o sottrazioni”. Qualsiasi prodotto che non derivi direttamente da questo processo, anche se simile sotto il profilo chimico, non può essere etichettato come “latte”.
Il documento chiarisce inoltre che l’aggiunta di descrizioni come “a base vegetale” o “coltivato in laboratorio” non legittima l’uso di un termine del lattiero-caseario, neppure se è accompagnato da elementi qualificatori o disclaimer.
Un appello ai legislatori
Attraverso questa presa di posizione, l’IDF invita i legislatori nazionali e internazionali ad armonizzare le normative locali con gli standard del Codex Alimentarius, garantendo così coerenza e tutela a livello globale. Il documento si rivolge inoltre ai membri IDF e agli operatori del settore alimentare, fornendo un quadro di riferimento utile per affrontare le sfide normative poste dall’agricoltura cellulare.
Il dibattito sulla denominazione dei prodotti alimentari innovativi è destinato a crescere, ma l’IDF lancia un messaggio chiaro: innovare non può significare confondere. La protezione dei termini lattiero-caseari non è una barriera all’innovazione, ma una garanzia di trasparenza, qualità e rispetto per una tradizione millenaria.