E’ emersa una significativa correlazione tra riduzione del rischio di cancro ed assunzione di derivati lattiero-caseari fermentati.

Da sempre rei di essere troppo esuberanti in colesterolo e lipidi, i formaggi sono spesso i primi esclusi nel momento in cui, per esigenze terapeutiche o meramente estetiche, ci si sottopone ad un regime di controllo delle calorie, regime che spesso prevede la sostituzione di alimenti naturalmente fermentati con omologhi industriali più facilmente standardizzabili sotto il profilo nutrizionale: bresaola invece di salame; formaggio tipo cheddar in luogo di mozzarella, gallette di riso invece di pane casereccio, ecc. Perdiamo peso – è vero – ma ciò che ci sfugge è che, come sempre in comunione con noi – perde peso anche il microbiota intestinale: il nostro alleato occulto dal primo vagito. Recentemente un gruppo di ricercatori spagnoli ha pubblicato una ricerca pioneristica che mette inequivocabilmente in risalto l’impatto che gli alimenti naturalmente fermentati esercitano nella conservazione di uno stato di salute nell’uomo. Trenta volontari sani venivano sottoposti ad una dieta perfettamente equilibrata, ma dalla quale venina rimosso ogni tipo di alimento fermentato. La deprivazione si traduceva in una significativa riduzione dei lattobacilli e del tenore in acidi grassi a corta catena nelle feci. Inoltre, dopo solo due settimane, si assisteva ad una diminuzione dell’attività fagocitaria nei leucociti: in altri termini la deprivazione dietetica di cibi fermentati, si traduceva in una riduzione della risposta immunitaria. Da allora numerosi studi hanno cercato di individuare un potenziale nesso di causalità tra consumo di alimenti fermentati tradizionali e rischio di malattie croniche, con esiti talora contraddittori. Secondo alcuni autori, ad esempio, un’elevata assunzione di prodotti lattiero-caseari fermentati si associa ad una diminuzione del rischio di cancro, mentre secondo altri la correlazione è debole o addirittura nulla. Recentemente, dall’analisi e rielaborazione dei numerosi metadati sperimentali depositati nei più comuni database scientifici, è emersa una significativa correlazione tra riduzione del rischio di cancro ed assunzione di derivati lattiero-caseari fermentati. In particolare, il regolare consumo di prodotti fermentati a base di latte sembra essere in grado di ridurre considerevolmente l’incidenza del cancro alla vescica, all’esofago ed al colon-retto. Proprio quest’anno un lavoro di rassegna, ancora una volta ad opera di autori Spagnoli, ha evidenziato come il consumo di formaggio, indipendentemente dal contenuto in acidi grassi saturi, non predispone all’atteso incremento del livello di colesterolo ematico, ma che è piuttosto vero il contrario: le persone che consumano formaggi tradizionali hanno un più basso rischio di infarto e patologie cardiovascolari. A questo punto, per me tanto basta: viva il pecorino, viva la tradizione!.

Fonte: Fermented dairy foods rich in probiotics and cardiometabolic risk factors: a narrative review from prospective cohort studies. Judit Companys, Anna Pedret, Rosa M Valls, Rosa Solà & Vicente Pascual Critical Reviews in Food Science and Nutritio; Maggio 2020.

 

Questo articolo è frutto dell’iniziativa avviata da un gruppo di docenti del Dipartimento di Medicina veterinaria e Produzioni animali dell’Università di Napoli Federico II che ha ideato e realizzato una rubrica intitolata “Un Mondo di Bufale” in cui sono smentiti i falsi miti riguardanti il mondo degli animali, delle produzioni agrozootecniche e degli alimenti.