Un nuovo duro colpo alla “mafia dei pascoli” è stato inflitto ieri mattina dai Carabinieri del ROS, del Comando Carabinieri per la Tutela Agroalimentare, dai Finanzieri del Comando Provinciale e dalla Squadra Mobile della Questura di Messina, con il supporto della Direzione Distrettuale Antimafia di Messina.

L’operazione, denominata “Nebrodi 2“, ha portato all’arresto di 23 persone, tra cui esponenti di spicco dei clan Batanesi e Bontempo Scavo.

Particolarmente grave il capitolo delle truffe ai danni dell’AGEA. L’indagine ha infatti accertato che i due gruppi mafiosi hanno acquisito fraudolentemente 349 titoli AGEA e ottenuto indebiti finanziamenti pubblici per un ammontare di oltre 750.000 euro, tra il 2015 e il 2020.

L’inchiesta si è avvalsa anche delle dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia, che hanno permesso di ricostruire la “nuova” esistenza di un’associazione denominata “famiglia tortoriciana”. Ancora una volta, l’obiettivo del gruppo era ottenere finanziamenti comunitari e statali attraverso truffe e intimidazioni.

Oltre alle truffe ai danni dell’AGEA, l’indagine, coordinata dal Procuratore Capo Maurizio De Lucia e dal Procuratore Aggiunto Vito Di Giorgio, ha svelato un’articolata rete di interessi criminali che si estendeva lungo l’intera dorsale dei Nebrodi. Al centro del sistema, la famiglia mafiosa tortoriciana, dedita a una vasta gamma di attività illecite, tra cui:

  • Produzione e traffico di droga: l’accusa contesta l’esistenza di un’associazione dedita alla coltivazione, all’acquisto, alla detenzione e al commercio di sostanze stupefacenti, attiva sul versante tirrenico della provincia di Messina.
  • Estorsioni: il clan Batanesi è accusato di aver estorto denaro a imprenditori e commercianti della zona, imponendo il pizzo e vessazioni di ogni tipo.
  • Truffe ai danni dell’Unione Europea: il sistema fraudolento era ben collaudato e mirava all’ottenimento di indebiti contributi comunitari per la PAC attraverso la presentazione di false domande e documenti.
  • Riciclaggio e autoriciclaggio: i proventi delle attività illecite venivano reinvestiti in attività lecite, al fine di ostacolare l’identificazione della loro provenienza criminale.
  • Malversazioni di fondi pubblici: i clan mafiosi si infiltravano nel sistema di gestione degli appalti pubblici, ottenendo indebiti vantaggi e causando danni all’erario.

L’operazione appena conclusa conferma che le frodi comunitarie continuano a essere uno dei principali mezzi di finanziamento delle organizzazioni mafiose.

Il provvedimento si inserisce in un’ampia manovra di contrasto alla criminalità organizzata che le Forze dell’Ordine stanno conducendo nel Distretto di Messina sotto la direzione della Procura della Repubblica.

L’azione di contrasto messa a segno dai Carabinieri del Comando Tutela Agroalimentare, insieme al ROS dell’Arma, dimostra che lo Stato è in prima linea per tutelare e difendere i cittadini e i produttori onesti”. Così il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida.

“In Italia, grazie all’operato dei nostri uomini e donne in divisa, cui va il mio plauso, e grazie all’aumento dei controlli voluto dal Governo Meloni e alla loro evidente efficacia, non ci sarà spazio, come in questo caso, per quelle associazioni per delinquere di stampo mafioso finalizzato ad estorsioni, traffico di droga e frodi comunitarie in materia di PAC. Perché difendere la qualità significa anche tutelare il valore delle nostre produzioni”, conclude il ministro Lollobrigida.

Si evidenzia comunque che il procedimento pende in fase di indagine preliminare e che gli indagati sono da considerarsi non colpevoli fino a sentenza di condanna divenuta irrevocabile.

Fonte: GDF