Oltre la cantina: ambienti di stagionatura tra miniere, grotte e bunker
Formaggi affinati in luoghi estremi che esaltano aromi e raccontano il legame profondo tra prodotto e territorio.

Dalle miniere dismesse ai fondali marini, cresce un pò dappertutto l’interesse per nuovi metodi di affinamento in ambienti naturali insoliti, capaci di modificare profondamente le caratteristiche organolettiche del formaggio.
In provincia di Bergamo, nelle miniere di Dossena, alcune aziende agricole locali hanno dato vita al progetto “Ol Minadùr”, nato in collaborazione con il Comune e la cooperativa di comunità I Rais. Cinque realtà produttive del territorio fanno oggi maturare i propri formaggi nelle gallerie sotterranee, dove le basse temperature costanti e l’umidità elevata favoriscono un affinamento più rapido e profondo.
Le forme, trasportate a mano all’interno della miniera, acquisiscono così caratteristiche peculiari, frutto di un ambiente che non replica semplicemente una cantina, ma la supera per identità e arricchisce anche il racconto che intorno a quel prodotto viene fatto.
Nel mondo caseario, alcune tecniche hanno una storia molto antica. Già nel Medioevo, i contadini della Romagna nascondevano le forme nelle cavità tufacee per salvarle da razzie e tasse, ma allo stesso tempo notarono come temperatura stabile, umidità naturalmente alta e l’effetto della fermentazione anaerobica producesse effetti positivi sulle forme.
Nacque così il Formaggio di Fossa di Sogliano, oggi DOP, una specialità dal sapore e dalla forma inconfondibile, dall’aroma intenso conferitogli proprio dalle condizioni in cui viene stagionato.
Lo stesso principio per cui un luogo in un determinato territorio può modificare le caratteristiche organolettiche di un formaggio guida oggi una nuova generazione di affinatori capaci di adattare l’arte della stagionatura a contesti diversi e inesplorati.
Grotte naturali, miniere dismesse, bunker dimenticati, diventano oggi luoghi di gusto, scelte non per folklore ma per precisa funzionalità.
Il microclima che offrono è ideale: temperature costanti, umidità elevata, buio naturale, silenzio. È l’ambiente perfetto per rallentare i processi, lasciar lavorare le muffe nobili, arricchire le croste e amplificare gli aromi.
In Alto Adige, questa idea prende corpo nel lavoro di Hansi Baumgartner, figura emblematica del mondo caseario italiano, già chef stellato e oggi affinatore. Con la sua azienda Degust, ha trasformato un bunker della Seconda Guerra Mondiale nei pressi di Bressanone in una straordinaria cantina sotterranea, dove riposano forme selezionate con cura da piccoli produttori italiani ed europei, tutte rigorosamente a latte crudo. Lì, tra le pareti di cemento e pietra, Baumgartner custodisce ogni formaggio come fosse un oggetto d’arte: alcuni vengono avvolti in erbe alpine, altri massaggiati con vinacce o oli vegetali, altri ancora trattati con cenere, spezie o alghe. Il risultato è una collezione di sapori intensi, difficilmente ripetibili, frutto di una sensibilità che unisce artigianato e intuizione.
Altro esempio fuori dall’Italia è quello dell’Emmentaler AOP, stagionato nelle grotte svizzere di Kaltbach, ricavate nella roccia arenaria, dove le forme sviluppano croste scure e sentori di sottobosco. In Francia, molti affinatori ancora oggi utilizzano cave calcaree per i loro formaggi anche a pasta molle.
Tornando all’Italia, c’è chi ha trasformato una miniera in un vero e proprio caveau dei formaggi. Unendo la sua passione casearia a quella per la speleologia, Dario Zidaric, il minatore-casaro, produce e affina i suoi formaggi nel Carso triestino, valorizzando i profumi unici delle erbe spontanee e del fieno del territorio. Il suo formaggio più celebre è lo Jamar – nome che in sloveno significa “grotta” – un formaggio vaccino a pasta semidura stagionato naturalmente per almeno quattro mesi nelle profondità di una grotta carsica, a circa 70 metri sotto terra. In queste cavità il microclima rimane costante tutto l’anno (circa 12 °C di temperatura e 90% di umidità) e favorisce lo sviluppo di muffe autoctone. Lo Jamar sviluppa così aromi intensi che richiamano la terra e la roccia, con un gusto robusto e leggermente piccante direttamente legato all’ambiente di stagionatura. La filosofia produttiva di Zidaric si fonda sul rispetto della tradizione e del territorio: i suoi formaggi sono ottenuti in maniera naturale, con solo latte crudo delle proprie vacche alimentate con foraggi locali ricchi di erbe aromatiche spontanee, così da trasferire nei sapori il carattere unico del Carso.
Tutti questi spazi sono ovviamente visitabili, e camminare in una grotta o in un ex rifugio trasformato in cantina è un’esperienza sensoriale che coinvolge anche l’immaginario. Il formaggio si arricchisce di una storia, di un paesaggio, di luoghi spesso dimenticati che invece mantengono il loro fascino inalterato nel tempo.