Introduzione

Uno dei punti su cui lavorare per migliorare la marginalità sul prezzo del latte è quello di raggiungere una maggiore efficienza del processo di alimentazione. Ciò significa anche ridurre le perdite di insilamento, dovute ad esempio alle piogge sul fronte di desilamento, ai danni da roditori, allo sviluppo di calore, alla degradazione da muffe e allo scarto da parte degli animali.

Alcune perdite sono evidenti, come ad esempio nel caso in cui la farina di mais venga soffiata via dal vento quando si riempiono i carri miscelatori. Altre, come la perdita di sostanza secca nelle trincee, sono più difficili da individuare e vengono scoperte solo quando la degradazione interessa ampie parti del fronte.

Analizziamo nel dettaglio gli aspetti biologici e il costo di alcune di queste perdite.

Principi della fermentazione

La fermentazione negli insilati può essere schematizzata in tre fasi. La raccolta del trinciato e il riempimento della trincea avvengono in condizioni aerobie (fase 1), mentre con la compressione e la chiusura della trincea, l’insilato passa in un ambiente anaerobio che porta all’abbassamento del pH (fase 2). Infine, con il desilamento, l’insilato torna ad essere esposto a condizioni aerobiche (fase 3).

La perdita di sostanza secca inizia con la respirazione delle cellule vegetali e della microflora aerobica che, utilizzando fonti di carbonio (principalmente zuccheri), produce acqua, calore e anidride carbonica (Figura 1). Il carbonio disperso nell’atmosfera come CO2 deriva dalla sostanza organica perduta nell’insilato. Questi processi continuano fino a che è presente ossigeno nella massa. La velocità di raccolta, il pre-appassimento (se utilizzato), il riempimento e la sigillatura sono i fattori che determinano l’entità di queste perdite. Un’umidità adeguata della massa, che riduca la porosità dell’insilato, ed una efficace compattazione contribuiscono a contenere i tempi di questa fase aerobica iniziale. Si stima che la perdita di energia netta durante questa prima fase aerobica, espressa in amido equivalente, sia dell’1-2% ed è una perdita in gran parte inevitabile (Woolford, 1984).

Le successive condizioni anaerobiche rendono l’ambiente adatto allo sviluppo e alla proliferazione dei batteri lattici omo- ed etero-fermentativi. Durante questa fase non si verificherebbe alcuna perdita se fossero attivi solo omo-fermentanti (Figura 1). Tuttavia solo meno dello 0,5% degli organismi epifiti che si trovano naturalmente su colture fresche sono batteri lattici, e di questi solo una piccola parte è omofermentante (Lin et al., 1992). Per avere un’idea dell’entità delle perdite determinate dagli eterofermentanti, si tenga presente che nell’eterofermentazione del glucosio viene perso il 24% della sostanza secca (Woolford, 1984). La perdita netta media di energia (stimata in amido equivalente) di una fermentazione epifita di batteri lattici è del 4% (Woolford, 1984). Queste perdite di fermentazione anaerobica possono essere ridotte del 25% o più con l’uso di ceppi omofermentanti di provata efficienza (Dennis, 2010).

La successiva riesposizione degli insilati alle condizioni aerobiche può avvenire in due aree della massa:

(1)  zona superiore e laterale durante la conservazione per una non perfetta sigillatura,

(2) zona del fronte durante l’utilizzo.

Il valore di queste perdite può variare in modo significativo in funzione della gestione della trincea, ma sono state descritte perdite di oltre il 20% dell’energia netta (in amido equivalente) in insilati aerobicamente instabili (Woolford, 1984). In molte trincee, nel primo metro sotto il telo più del 20% dell’insilato è risultato fortemente deteriorato. Uno degli studi classici sul deterioramento del “cappello” è stato condotto dai ricercatori della Kansas State University (Dickerson et al., 1990), il cui lavoro ha riguardato 30 trincee. In quelle coperte da telo è stata misurata una perdita media di sostanza organica del 27% nei primi 50 centimetri e un’altra perdita del 2% nella zona da 50 cm a 1 metro di profondità.

L’introduzione di film-barriera impermeabili all’ossigeno è stato certamente un passo in avanti nel ridurre il deterioramento periferico delle trincee. Oggi tuttavia il problema più urgente è la gestione del fronte di desilamento, soprattutto nella stagione calda e specialmente se i fronti sono larghi e rinnovati con poca frequenza. Una ricerca comparativa fra insilati, eseguita presso l’Università del Wisconsin (Muck e Holmes, 2001), ha dimostrato che anche silomais in silobags di 2,7-3 metri di diametro, relativamente ben compressi, hanno subito una perdita di in sostanza secca del 9,7%. Penso spesso a questo studio quando gli allevatori cercano di convincermi che nelle loro aziende hanno meno del 10% di perdite con fronti di 20-30 metri di lunghezza.

Due recenti novità hanno sicuramente contribuito a ridurre le perdite sul fronte: nuove macchine desilatrici e additivi contenenti ceppi di Lactobacillus buchneri la cui efficienza è ampliamente documentata. Il fatto che L.buchneri sia un etero-fermentante può portare chiedersi perché utilizzare un batterio con una minore efficienza di fermentazione rispetto a batteri omofermentanti. La risposta è che le perdite aerobiche sul fronte sono molto più importanti rispetto a qualsiasi altra alterazione -specialmente in trincee larghe- e che, nel contempo, alcuni ceppi selezionati di L.buchneri limitano efficacemente la crescita di lieviti responsabili degli eventi a cascata che portano al riscaldamento dell’insilato. Inoltre, la maggior parte dei prodotti contenenti L.buchneri contiene anche ceppi omo-fermentativi per facilitare un rapido declino del pH dell’insilato.

Quanto ci costano queste perdite?

Gli allevatori potrebbero prestare più attenzione nel contrastare le alterazioni dei foraggi se avessero una maggiore percezione del loro costo. Spesso non si rendono conto che le perdite interessano quasi esclusivamente i nutrienti di maggior valore presenti nell’insilato, che devono quindi essere reintegrati in razione utilizzando una fonte di energia come la granella di mais. Cerco spesso di visualizzare agli occhi degli allevatori quanti kg in granella di mais per tonnellata di insilato vengono sprecati a causa dell’alterazione della sostanza secca. Anche in una trincea relativamente ben gestita, un adeguamento delle pratiche adottate può ridurre le perdite del 25%, passando dal 15% all’11,25%. È come aggiungere 20 kg di granella di mais ad ogni tonnellata tal quale di silomais ingerito.

La tabella di seguito può risultare utile per calcolare il valore in euro delle perdite di sostanza secca in base al valore di mercato della granella di mais. Ad esempio, ridurre le perdite dal 15% al 12,5% con un costo della granella di 18 euro al quintale, ci permette di risparmiare 18 centesimi al quintale (10,8 € – 9,0 €).

 

Meglio di 1.000 parole

Tutti gli allevatori sono perfettamente consapevoli delle perdite del deterioramento nella parte apicale e laterale. Tuttavia possono aver bisogno di ulteriori dimostrazioni, specialmente nel caso di perdite di valore nutrizionale in insilati “normali”. Ciò che non viene percepito è la diminuzione della massa, ovvero la scomparsa di parte di quanto viene scaricato in trincea rispetto a quanto poi caricato nel carro miscelatore. Oltre alla mancata registrazione dei pesi in entrata e in uscita, non si tiene conto del fattore biologico e cioè del fatto che l’insilato viene desilato con una maggiore umidità rispetto a quando è stato insilato.

Una dimostrazione convincente della perdita di valore nutrizionale dovuta a una conservazione non ottimale può essere fatta mettendo a confrontando il valore analitico di ceneri, pH e temperatura di un campione sul fronte della trincea e di uno prelevato a 50 cm di profondità.

In uno studio Pioneer condotto in Idaho su 12 trincee non trattate con additivi, le ceneri medie, il pH e la temperatura erano rispettivamente più alte di 0,27%, 0,3% e 13°C sul fronte rispetto al campione prelevato a una profondità di 50 cm. I dati delle ceneri sono stati inseriti nell’equazione, sviluppata da Ashbell et al. (1990) per determinare la perdita in sostanza organica. Il risultato ha evidenziato che le perdite nella parte esposta all’aria erano superiori del 5,6%, presumibilmente indotte da instabilità aerobica (Seglar, 2003). Sostituendo la sostanza organica dissipata con farina di mais sarebbe stato necessario integrare più di trenta kg per ogni tonnellata di silomais utilizzato in razione.

Un altro approccio meno analitico ma molto efficace per evidenziare la presenza di perdite è l’uso di una termocamera per visualizzare il riscaldamento causato dall’attività microbica aerobica. L’immagine seguente mostra una trincea eccessivamente larga. Nonostante l’allevatore abbia spruzzato regolarmente acido propionico sul fronte, è evidente come l’aria penetrata nella massa abbia stimolato l’aumento di temperatura, provocando la perdita di valore alimentare dell’insilato.

Conclusioni e consigli

Gli allevatori che investono in una genetica vegetale superiore e ottimizzano l’agronomia non possono permettersi una fermentazione approssimativa della trincea, che comporta la perdita dei componenti più energetici dell’insilato. Il mondo della nutrizione deve impegnarsi a sensibilizzare sempre più i foraggicoltori sul reale valore delle perdite in trincea, equiparandole alla maggior quantità di farina di mais necessaria per reintegrarle. Con l’applicazione delle buone pratiche di insilamento e l’utilizzo di nuovi strumenti oggi disponibili si riesce a ridurre in modo significativo le perdite di conservazione.

Tali progressi comprendono:

  • una migliore comprensione del ruolo dell’umidità del raccolto e della porosità dell’insilato,
  • l’efficacia di una buona sigillatura con film di qualità e film barriera per proteggere le parti più periferiche della trincea,
  • il desilamento con frese o pinze per non muovere il fronte,
  • l’aggiunta di additivi contenenti ceppi omo-fermentativi e L.buchneri per guidare, velocizzare e stabilizzare le fermentazioni.

 

 

Pubblicato su Feedstuff vol.82, N.6, 02-10

 

 

A cura di Bill Mahanna,
Iowa State University Global Nutritional Sciences Manager,
DuPont Pioneer