Introduzione

La Denominazione di Origine Protetta (DOP) è un marchio che l’Unione Europea ha creato per salvaguardare e promuovere i prodotti agricoli tradizionali e di pregio, tipici di determinate aree geografiche. Ad oggi, in ambito caseario, l’UE attribuisce il marchio DOP a oltre 180 prodotti caseari, e l’Italia, con più di 50 formaggi riconosciuti, detiene il primato (DOOR, 2018). Il formaggio Asiago DOP, originario dell’omonimo Altopiano a cavallo tra le provincie di Vicenza e Trento, è la quarta DOP casearia di latte vaccino più prodotta ed esportata a livello nazionale. La sua produzione, come quella di tutte le DOP, è soggetta ad un rigido disciplinare (Disciplinare di Produzione DOP Asiago,  2006) che definisce le aree geografiche in cui è ammessa la raccolta e la lavorazione del latte e l’intero processo di trasformazione fino alla distribuzione del formaggio. Analogamente ad altre DOP casearie, tuttavia, il disciplinare non riporta indicazioni riguardo alla tipologia degli allevamenti che forniscono il latte alla DOP. Il gruppo di lavoro coordinato dal prof. Giulio Cozzi dell’Università degli Studi di Padova, in collaborazione con il Consorzio di Tutela del formaggio Asiago, ha condotto quindi un’indagine volta a conoscere e descrivere le principali tipologie di allevamento di vacche da latte che operano a monte di questa filiera. L’importanza di tali informazioni risiede sia nella possibilità futura di tutelare ulteriormente il prodotto stesso arricchendo il disciplinare di produzione, sia nell’opportunità d’individuare eventuali nicchie di produzione di particolare pregio o degne di una specifica salvaguardia.

La raccolta dati

L’indagine ha coinvolto tutti i caseifici della filiera del formaggio Asiago DOP, mentre non sono state prese in considerazione singole aziende, afferenti alla DOP, che trasformano il latte della propria mandria esclusivamente nel periodo estivo in alpeggio. Tramite i caseifici, è stato distribuito agli allevatori conferenti un questionario conoscitivo che ha permesso di raccogliere dati relativi alle caratteristiche generali e gestionali dell’allevamento. In una prima parte del documento sono stati raccolte informazioni relative al numero di capi allevati, alle razze di appartenenza, al tipo di stabulazione, al sistema di mungitura e di alimentazione, oltre ad alcuni dati produttivi e riproduttivi della mandria. Nella seconda parte, il questionario ha analizzato con attenzione la composizione della dieta somministrata alle bovine in lattazione. La successiva analisi statistica dei dati raccolti ha permesso di individuare le principali tipologie di allevamento che operano all’interno della DOP.

Tabella 1. Principali tipologie di allevamento (Cluster) che forniscono il latte alla filiera dell’Asiago DOP.

Lo studio ha evidenziato come la pianura veneta rappresenta il principale sito di produzione del formaggio Asiago, accogliendo il 70% degli allevamenti censiti (Figura 2A). Queste aziende hanno una dimensione media intorno alle 70 vacche ed allevano prevalentemente (Cluster 3) o quasi esclusivamente (Cluster 4) bovine di razza Frisona (Figura 1).

Figura 1. Dimensione aziendale media e distribuzione delle razze allevate nelle principali tipologie di allevamento di vacche da latte (Cluster) che operano entro la filiera del formaggio Asiago DOP.

a–dVariabili dello stesso colore con lettere diverse differiscono significativamente (P < 0.05).

Nelle aziende localizzate in pianura (Cluster 3 e 4), le vacche vengono allevate in stalle che adottano la stabulazione libera con sala di mungitura (Figura 2B e C) e il programma di alimentazione vede la prevalenza di diete preparate secondo metodo unifeed (Figura 2D) in cui trova largo impiego l’insilato di mais (19–20% della sostanza secca della razione; Tabella 2). La localizzazione di questi 2 gruppi di aziende e la vocazione maidicola dell’area di loro insediamento giustificano ampiamente la scelta nutrizionale, che sfrutta al meglio le potenzialità foraggere offerte dal territorio destinandole ad animali molto produttivi.

Tabella 2. Piano alimentare-tipo delle vacche da latte nelle diverse tipologie (Cluster) di allevamento che operano nella filiera del formaggio Asiago DOP.

a, bLe medie entro la stessa riga con apice diverso differiscono significativamente (P < 0.05).

Tutt’altra realtà emerge invece dalle aziende dei Cluster 1 e 2, localizzate prevalentemente in montagna e collina (Figura 2A) dove trovano ancora spazio sistemi di allevamento decisamente più tradizionali. Queste aziende rappresentano meno di un terzo degli allevamenti che conferiscono il latte per la produzione del formaggio Asiago DOP e il loro peso all’interno della filiera si riduce ulteriormente considerando che si tratta di allevamenti decisamente più piccoli che accolgono in media circa 25–35 vacche (Tabella 1). Le bovine allevate appartengono prevalentemente a razze a duplice attitudine (Figura 1) e numerose stalle sono a stabulazione fissa con mungitura alla posta (Figure 2B e C). In queste aziende, gli animali vengono alimentati in modo tradizionale, con somministrazione separata di foraggi e mangime (Figura 2D): nella razione, l’insilato di mais è sostituito quasi totalmente da foraggi affienati di produzione aziendale (Tabella 2), mentre nel periodo estivo è ancora diffuso l’utilizzo del pascolo in alcune superfici aziendali o in alpeggio (Figura 2E).

Figura 2. Localizzazione (A), tipo di stabulazione (B), sistema di mungitura (C), sistema di alimentazione (D) e uso del pascolo (E) delle diverse tipologie (Cluster) di allevamento che operano nella filiera del formaggio Asiago DOP(Cluster 1 = 42; Cluster 2 = 114; Cluster 3 = 175; Cluster 4 = 186 allevamenti).

Figura 2A.

Figura 2B.

Figura 2C.

Figura 2D.

Figura 2E.

a,bVariabili dello stesso colore con lettere diverse differiscono significativamente (P < 0.05).

Il livello produttivo delle aziende dei Cluster 1 e 2 è decisamente inferiore rispetto agli allevamenti che operano in pianura (Cluster 3 e 4; Tabella 3), questo per una serie di scelte gestionali che comprendono le razze allevate, il sistema di stabulazione e il programma di alimentazione delle bovine.

Tabella 3. Produzione media di latte media e numero di lattazioni (longevità) delle vacche nelle diverse tipologie (Cluster) di allevamento che operano nella filiera del formaggio Asiago DOP.

Tutti i Cluster hanno fatto osservare dei dati molto confortanti per quanto riguarda il numero medio di lattazioni delle vacche (Tabella 3), con valori che sono stati sempre superiori ai dati di riferimento nazionali riportati dall’Associazione Italiana Allevatori (AIA, 2017) per le razze presenti. Questo risultato è estremamente interessante in quanto la longevità viene considerata un indicatore “iceberg” del benessere animale nella vacca da latte, ed un suo aumento depone dunque a favore della presenza di condizioni di allevamento rispettose dei bisogni delle bovine (Bruijnis et al., 2013; Heath et al., 2014).

Un’analisi più approfondita del programma di alimentazione delle vacche in lattazione ha fatto osservare come gli allevamenti della filiera del formaggio Asiago DOP adottino diete con un elevato rapporto foraggi:concentrati, con un minimo di 61:39 per il Cluster 4 e un massimo di 73:27 per il Cluster 1 (Tabella 2). Questo, se da una parte spiega la minor produzione delle vacche rispetto alle medie nazionali delle rispettive razze di appartenenza (Tabella 3; AIA, 2017), dall’altra gioca sicuramente a favore della salute e del benessere delle bovine, riducendo il rischio di acidosi ruminale e di altri stati infiammatori del tratto gastroenterico ricondubili a regimi alimentari particolarmente spinti (Li et al., 2012; Khiaosa-Ard and Zebeli, 2018). Inoltre, alla luce del riconosciuto ruolo che i foraggi svolgono nei confronti della qualità del latte, sembra che gli allevatori dell’Asiago DOP pongano proprio la qualità (fondamentale per il successo della caseificazione) come primario obiettivo gestionale.

A fronte di questo orientamento generale, l’identificazione di diverse tipologie di allevamento in funzione delle razze allevate e dei relativi programmi di alimentazione, suggerisce una probabile esistenza di differenze nelle caratteristiche nutrizionali e organolettiche del prodotto finale di alcuni Cluster. È dimostrato infatti che diete ricche in foraggi affienati e l’uso del pascolo (Cluster 1 e 2) arricchiscono la frazione lipidca del latte e dei formaggi di acidi grassi mono- e poli-insaturi, CLA, e vitamine liposolubili come Vitamina E e carotenoidi, mentre l’uso dell’insilato di mais (Cluster 3 e 4) aumenta il contenuto di acidi grassi saturi (Dewhurst et al., 2006; Segato al., 2017).

Conclusioni

Esiste dunque un’importante variabilità nei sistemi di allevamento che rappresentano il primo anello di una filiera casearia apparentemente standardizzata come quella di formaggi DOP quale l’Asiago. Oggi, la produzione di questo formaggio deriva per la maggior parte da latte di allevamenti di pianura che operano secondo pratiche zootecniche moderne e abbastanza comuni per la Pianura Padana, come l’impiego di vacche di razza Frisona alimentate con diete unifeed a base di silomais. Non mancano tuttavia realtà di nicchia, come il Cluster 1, che adottano metodi di allevamento tradizionali in un ambiente decisamente più svantaggiato come la montagna, e che, a causa della minor produttività, sono a rischio estinzione. Una chiara identificazione di queste nicchie casearie all’interno della DOP, ad esempio attraverso la certificazione del loro formaggio come “prodotto della montagna” (European Commission, 2012, 2014), è un percorso già intrapreso da qualche caseificio che potrebbe avere un ruolo importante per la loro salvaguardia. Queste piccole aziende alpine, infatti, sono custodi della biodiversità zootecnica allevando razze a rischio di estinzione come la Rendena, la Grigia Alpina e la Burlina, e, attraverso lo sfalcio dei prati di montagna e l’alpeggio estivo degli animali, forniscono insostituibili servizi ecosistemici in aree ad elevata vocazione turistica come quella dell’Altopiano di Asiago (Gios et al., 2006; Sturaro et al., 2013).

La conoscenza dei sistemi di allevamento che sono a monte di un formaggio DOP può rivelarsi utile non solo per la tutela dell’alimento rispetto alle contraffazioni cui spesso l’“Italian sounding” ci ha abituato (Carreño and Vergano, 2016), ma anche per l’identificazione di eventuali nicchie di produzione che possano necessitare di una specifica tutela o valorizzazione, a fronte di peculiari caratteristiche organolettiche-nutrizionali dei loro prodotti e/o dei servizi ecosistemici che possono fornire. L’approccio metodologico proposto per questo caso-studio appare facilmente riproponibile anche per altre DOP casearie che volessero aumentare la trasparenza nei confronti della propria filiera di produzione.

Autori

Isabella Lora e Giulio Cozzi, Dipartimento di Medicina animale, Produzioni e Salute – Università degli Studi di Padova.

 

Riferimenti

AIA (Associazione Italiana Allevatori. 2017. Bollettini dei Controlli della Produttività del Latte. http://bollettino.aia.it/.

Bruijnis, M. R. N., F. L. B. Meijboom, and E. N. Stassen. 2013. Longevity as an animal welfare issue applied to the case of foot disorders in dairy cattle. J. Agric. Environ. Ethics 26:191–205. https://doi.org/10.1007/s10806-012-9376-0.

Carreño, I., and P. R. Vergano. 2016. Geographical indications, “Food Fraud” and the fight against “Italian sounding” products. Eur. J. Risk Regul. 7:416–420. https://doi.org/10.1017/S1867299X00005821.

Disciplinare di Produzione DOP Asiago. 2006. DM 03/08/2006 Gazzetta Ufficiale n. 190 del 17/08/06. https://www.asiagocheese.it/it/consorzio/il-disciplinare-di-produzione

Dewhurst, R. J., K. J. Shingfield, M. R. F. Lee, and N. D. Scollan. 2006. Increasing the concentrations of beneficial polyunsaturated fatty acids in milk produced by dairy cows in high-forage systems. Anim. Feed Sci. Technol. 131:168–206. https://doi.org/10.1016/j.anifeedsci.2006.04.016.

DOOR. 2018. Database of PDO, PGI and TSG. European Union. Accessed Aug. 2018. http://ec.europa.eu/agriculture/quality/door/list.html?locale=en.

European Commission. 2012. Regulation (EU) No 1151/2012 of the European Parliament and of the Council of 21st November 2012 on quality schemes for agricultural products and foodstuffs. Off. J. L343: 1–29.

European Commission. 2014. Commission Delegated Regulation (EU) No 665/2014 of 11 March 2014 supplementing Regulation (EU) No 1151/2012 of the European Parliament and of the Council with regard to conditions of use of the optional quality term “mountain product.” Off. J. L179: 23–25.

Gios, G., I. Goio, S. Notaro, and R. Raffaelli. 2006. The value of natural resources for tourism: A case study of the Italian Alps. Int. J. Tour. Res. 8:77–85. https://doi.org/10.1002/jtr.552.

Heath, C. A. E., W. J. Browne, S. Mullan, and D. C. J. Main. 2014. Navigating the iceberg: Reducing the number of parameters within the Welfare Quality assessment protocol for dairy cows. Animal 8:1978–1986. https://doi.org/10.1017/S1751731114002018.

Khiaosa-Ard, R., and Q. Zebeli. 2018. Diet-induced inflammation: From gut to metabolic organs and the consequences for the health and longevity of ruminants. Res. Vet. Sci. 120:17–27. https://doi.org/10.1016/j.rvsc.2018.08.005.

Segato, S., G. Galaverna, B. Contiero, P. Berzaghi, A. Caligiani, A. Marseglia, and G. Cozzi. 2017. Identification of lipid biomarkers to discriminate between the different production systems for Asiago PDO cheese. J. Agric. Food Chem. 65:9887–9892. https://doi.org/10.1021/acs.jafc.7b03629.

Sturaro, E., E. Marchiori, G. Cocca, M. Penasa, M. Ramanzin, and G. Bittante. 2013. Dairy systems in mountainous areas: Farm animal biodiversity, milk production and destination, and land use. Livest. Sci. 158:157–168. https://doi.org/10.1016/j.livsci.2013.09.011.