Il pascolo è un’opportunità per tutti, se gestito consapevolmente.

Questo breve articolo nasce come un’introduzione al pascolo in agricoltura biologica. Dopo un doveroso excursus sulla legislazione, relativo al regolamento comunitario sull’agricoltura biologica, abbiamo inserito un accenno ai principi del pascolo e alcune spiegazioni iniziali. Benché sia parte di una rubrica di allevamento biologico questo, e i futuri articoli su questo tema, sono indirizzati a tutti quelli che stanno allevando gli animali con il pascolo o che vorrebbero farlo.

Il pascolo è uno degli elementi caratterizzanti l’allevamento biologico. Risuona infatti nei pilastri fondamentali dell’agricoltura biologica: benessere animale, sostenibilità ambientale e sicurezza alimentare. Leggendo il Regolamento europeo 848 del 2018 relativo alla produzione biologica capiamo che l’allevamento biologico deve essere legato alla terra, e che nella scelta delle razze è opportuno preferire animali con un grado elevato di diversità genetica, di capacità di adattamento alle condizioni locali e di resistenza alle malattie (considerando n° 40, ribadito e ampliato all’articolo 6 lettere J e K). Nell’allevamento condotto con metodo biologico dobbiamo soddisfare le esigenze comportamentali degli animali, un grado elevato di benessere e accesso continuo a spazi all’aria aperta per fare moto (considerando n°44).

Nella gestione degli animali dobbiamo ricorrere a pratiche che rafforzino il sistema immunitario e stimolino le difese naturali contro le malattie, compresi l’esercizio fisico regolare e l’accesso a spazi all’aria aperta e i pascoli (art 6 lettera L).

Nell’allegato II del regolamento, riferito alle norme di produzione animale, nella sezione riguardante il benessere troviamo che “gli animali hanno in permanenza accesso a spazi all’aria aperta dove possono fare del moto, di preferenza pascoli, quando lo permettano le condizioni atmosferiche e stagionali e lo stato del suolo, salvo in casi di restrizioni e obblighi relativi alla tutela della salute umana e animale imposti in virtù della normativa dell’Unione” (1.7.3). Di seguito “Il numero di animali è limitato al fine di ridurre al minimo il sovra pascolo, il calpestio del suolo, l’erosione e l’inquinamento provocato dagli animali o dallo spandimento delle loro deiezioni” (1.7.4).

Nella sezione relativa all’alimentazione degli erbivori (ruminanti ed equini) si ricorda che è necessario che almeno il 70% del mangime provenga dall’azienda stessa o, qualora non sia praticabile, ottenuto in cooperazione con altre unità operanti nella stessa regione (1.9.11 a). Infine, gli animali hanno accesso ai pascoli ogni qualvolta le condizioni lo consentano (1.9.11 b) e i sistemi di allevamento si basano su un utilizzo massimo del pascolo, secondo la disponibilità di pascoli nei vari periodi dell’anno (1.9.11 e).

Da questi estratti capiamo perché, in agricoltura biologica, l’attività di pascolamento ha un’importanza sulla salute degli animali e sull’autoapprovvigionamento dell’alimentazione, ha la funzione di rafforzare le difese immunitarie e di alimento principale, in base alla sua disponibilità.

Un Regolamento europeo può indicare la strada, ma non può certo spiegare come applicare una tecnica in una realtà così eterogenea come l’intero continente europeo. Lo spazio interpretativo può essere colmato solamente con una declinazione nazionale o meglio ancora locale, visto che, nella nostra esperienza, ogni allevamento sviluppa il proprio concetto di pascolo in base alle proprie necessità e caratteristiche, sociali e pedoclimatiche.

Partendo da una delle tante possibili definizioni, che indica il pascolo come un terreno inerbito, o con altra produzione vegetale, da cui gli animali traggono la copertura completa o parziale del fabbisogno alimentare giornaliero, arriviamo ai principi fondamentali che guidano il pascolo, che si possono riassumere in tre punti: “la modalità di sviluppo dell’erba”, “mimare il rapporto preda predatore” e “il tempo è il cardine, lo spazio è una conseguenza”.

L’erba se tagliata ricresce, se tagliata nel momento giusto ricresce meglio, e più a lungo in fase vegetativa. Così come raccogliamo la medica subito prima della fioritura, per avere il massimo della qualità e dello stimolo alla ricrescita, dobbiamo mandare gli animali nel pascolo prima della fioritura, nella densità giusta a seconda del prato. Gli animali pascoleranno l’erba e concimeranno il suolo con urine e feci, e quando avranno finito di pascolare li potremo spostare nella parcella successiva.

Qui entra in gioco il “rapporto preda predatore”: in natura le grandi mandrie di erbivori selvatici si spostano seguendo l’erba fresca e incalzate dai carnivori. Per il timore della predazione gli erbivori si stringono in mandrie compatte e pascolano voracemente uno vicino all’altro seguendo la mandria. In questo modo gli animali pascolano tutto senza selezionare le essenze e passano oltre. Se vogliamo avere i migliori risultati dal nostro pascolo dobbiamo mimare questa condizione, utilizzando le recinzioni come stimolo per creare il compattamento della mandria, stimolando negli animali quell’agonismo che li spinge a mangiare con voracità. Nasce così la necessità di spostare gli animali frequentemente su nuovi pascoli per continuare ad offrire loro erba sempre fresca, e questo riguarda il rapporto tempo e spazio.

Possiamo quindi capire che il pascolo non è un ritaglio di terreno dove mandiamo gli animali per sgranchirsi le zampe, il pascolo è una fonte alimentare, è la razione dei nostri animali o è una parte rilevante di essa.

Il pascolo si più fare in tanti modi, ma non può essere improvvisato, ci vogliono animali addestrati, parcelle di pascolo produttive e soprattutto una chiara idea dei propri obiettivi; altrimenti il pascolo si trasforma, nella migliore delle ipotesi, in un paddock di sgambamento, o nella peggiore, in un luogo di sofferenza per gli animali e perdita economica per l’allevatore. Il fatto che nell’agricoltura biologica la parte animale e vegetale dell’azienda devono per forza coesistere in un rapporto funzionale e sinergico comporta l’acquisizione di esperienza e di un sapere sistemici. La perfetta sintesi di questo concetto la ritroviamo nell’allevamento con il pascolo che, soddisfacendo contemporaneamente fabbisogni nutrizionali ed etologici, prevede una profonda conoscenza del mondo vegetale, dei fabbisogni nutrizionali e del comportamento alimentare del bovino. Questo ultimo aspetto è di interesse particolare non solo per il concetto di benessere animale che sottende al metodo biologico, ma è anche coerente con la più attuale evoluzione del “positive welfare”, secondo il quale, i fabbisogni etologici assumono pari valenza dei fabbisogni fisiologici per garantire l’integrità dell’individuo.

Prima di intraprendere un nuovo passo, come sempre, bisogna aver le idee chiare. Il pascolo, visto dall’attuale modello di allevamento intensivo, è un bel salto, ma in realtà è solamente un altro modo di alimentare gli animali, un modo, che se ben fatto porta a risvolti positivi in ambito economico, sanitario, ambientale e di benessere. Fino a poche decine di anni fa era la normalità, si utilizzavano prati e campi da cui si era già raccolto e li si concimava risparmiandosi denaro, lavoro e tempo. Ci sono molte zone d’Italia in cui il pascolo è utilizzato, soprattutto in aree marginali, dove questa convenienza economica è ancora determinante e soprattutto dove gli investimenti dell’allevamento non costringono a percorrere la strada dell’intensificazione esasperata. Da questo punto di vista il pascolo ci offre la possibilità di considerare nuovi paradigmi di efficienza tecnico-economica, poiché mette in gioco variabili proprie di ciascun sistema che quindi non possono essere convenzionalmente catalogate.

Superate le doverose premesse, prossimamente presenteremo esempi pratici di come amici allevatori hanno declinato il pascolo nel loro allevamento, in modo che chiunque voglia possa trarne ispirazione o semplicemente qualche buona idea.

Volendo cominciare ad approfondire: www.filbio.it/wp-content/uploads/2020/10/Pubblicazione-IL-PASCOLO.pdf

Autori

Davide Bochicchio

Medico veterinario Ph.D., ricercatore presso il CREA-Zootecnia e Acquacoltura sede di Modena. Da 25 anni si occupa di ricerca nell’ambito della nutrizione animale, suina e bovina, e di come questa modifichi i prodotti per l’alimentazione umana. Dal 2007 è responsabile di progetti nazionali ed europei riguardanti la zootecnia biologica, il benessere animale e l’impatto ambientale dell’allevamento. Il punto di incontro tra tutti questi temi: alimentazione, benessere animale, sostenibilità ambientale, è naturalmente il pascolo. Dal 2022 collabora con Daniele Valcavi.

Daniele Valcavi

Si occupa di allevamento da 25 anni. Durante le prime esperienze come dipendente in diversi allevamenti ha maturato l’idea che un altro metodo fosse possibile. Inizia così un percorso di studi in diversi Paesi, Olanda e Usa in particolare, che lo portano nel 2005, oltre ad approfondire il tema pascolo, a diventare analizzatore ufficiale del sistema di accoppiamenti aAa and Weeks, sistema che si basa sulla costruzione fisica del corpo considerandolo nelle sue interazioni. Nel 2006 iniziano le prime esperienze di pascolo in pianura padana e nel 2011 nasce l’azienda agricola DEL GIGANTE. Inizia così una sperimentazione in prima persona di tecniche di pascolo, linee-guida di biodinamica, e diverse tecniche di gestione basate sull’alimentazione a erba. Dal 2021 è consulente per gestioni a pascolo e dal 2022 collaboratore del CREA-ZA.

Sujen Santini

Medico Veterinario, Dottore di Ricerca in Endocrinologia degli Animali Domestici, Diplomata SIOV in Medicina Veterinaria Omeopatica. Dall’inizio della sua professione si dedica alle specie animali destinate all’allevamento promuovendo il benessere animale, secondo la libera espressione dell’etogramma di specie e la salutogenesi secondo un approccio olistico di “One Healt-One Welfare” fondato sull’intima connessione dell’ecosistema unico e indivisibile “terra-animali-uomo”. Collabora con FederBio in qualità di veterinario esperto in sistemi di allevamento secondo il metodo biologico; è consulente e docente in corsi di formazione rivolti ad allevatori ed operatori di settore. Ha partecipato alla messa a punto dello Standard High Welfare FederBio.