Come riportato in tre articoli pubblicati nelle scorse settimane l’incidenza di un ceppo di influenza aviaria ad alta patogenicità ( H5N1 – HPAI) in alcuni allevamenti di bovini da latte negli Stati Uniti ha sollevato preoccupazioni internazionali, richiamando l’attenzione sulle potenziali implicazioni per la salute pubblica e la sicurezza alimentare. L’attento monitoraggio e le azioni preventive sono divenuti imperativi, specialmente considerando che oltre che negli animali, il virus è stato rinvenuto anche in campioni di latte crudo in Texas e ha contagiato anche un operatore venuto a contatto con i bovini infetti, causando una congiuntivite.

Quello del Texas è il primo caso documentato di trasmissione diretta da bovino a uomo di un ceppo di influenza aviaria HPAI. Tale evenienza solleva interrogativi significativi sulla gestione della biosicurezza negli allevamenti e richiede un’indagine dettagliata sulle modalità di trasmissione e i fattori ambientali coinvolti.

Gli Stati Uniti presentano un’ampia presenza di allevamenti di bovini da latte, caratterizzati da estese aree esterne, che aumentano la probabilità di contatto tra l’avifauna selvatica e gli animali da allevamento. Questo scenario ha facilitato la trasmissione del virus, come dimostrato dai casi segnalati. È importante sottolineare che, sebbene il virus sia stato riscontrato nei bovini, non vi sono prove di trasmissione aerogena tra gli stessi.

Il Laboratorio di Referenza Europeo per l’Influenza Aviaria, presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), ha recentemente pubblicato una dichiarazione rassicurante, confermando che al momento non sono stati segnalati casi di influenza aviaria nei bovini né nell’uomo in Italia e nell’Unione Europea. Tuttavia, la diffusione del virus negli Stati Uniti e la sua rilevante implicazione nella catena alimentare richiedono una valutazione attenta e una risposta proattiva.

L’IZSVe ha confermato il proprio impegno nel monitorare attentamente l’evolversi della situazione, collaborando con le organizzazioni sanitarie internazionali e fornendo supporto alle autorità nazionali e regionali per adottare misure efficaci di mitigazione del rischio. La necessità di studiare le dinamiche di diffusione del virus tra volatili e bovini, nonché le potenziali implicazioni per la salute umana, ha spinto i ricercatori a pianificare studi clinici ed esperimenti sia negli Stati Uniti che in Europa.

Un aspetto cruciale è rappresentato dalla trasmissione del virus attraverso il latte crudo, con il virus rinvenuto in campioni provenienti dagli allevamenti colpiti. Le autorità americane hanno chiarito che il consumo di latte pastorizzato o UHT rimane sicuro, in quanto tali trattamenti sono in grado di inattivare il virus. Tuttavia, per precauzione, è stata raccomandata l’evitazione di latte crudo o prodotti caseari non pastorizzati provenienti da allevamenti bovini affetti dalla malattia.

Il rischio di trasmissione alla popolazione umana rimane basso, ma è maggiore per le categorie professionali esposte, come veterinari e allevatori. L’alto tasso di diffusione del virus tra diverse specie animali richiede un approccio integrato tra la sanità animale e la salute pubblica.

L’EURL sta attualmente lavorando in sinergia con i servizi di prevenzione umana a tutela della salute pubblica, per studiare e prevenire possibili eventi di spillover, ed è impegnato nella ricerca e lo sviluppo di presidi vaccinali e terapeutici negli animali e nell’uomo. L’IZSVe inoltre è impegnato all’interno dell’Associazione degli Istituti Zooprofilattici nel progetto INF-ACT che punta ad aumentare le potenzialità di monitoraggio, previsione e le capacità diagnostiche e terapeutiche per un’efficace gestione di nuovi eventi pandemici generati da patogeni emergenti.

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