La tecnica di conservazione del trinciato (fibroso o energetico) in balloni ad alta densità, applicata per la prima volta negli anni ’70 del Novecento, è stata negli ultimi anni argomento di interesse per gli operatori del mercato, in quanto consente di ridurre le perdite provocate dagli agenti atmosferici alle colture foraggere rispetto alla conservazione delle stesse mediante la tecnica della fienagione (Coblentz e Akins, 2018).

Le regole per una buona fasciatura consistono nel raccogliere il foraggio alla giusta umidità, prediligere l’applicazione sugli ultimi tagli, attivare il sistema di taglio dell’imballatrice, applicare la massima compressione possibile, eseguire la fasciatura appena scaricata la balla sul campo, non lesinare sul numero di avvolgimenti col film plastico e stivare le balle in un luogo ombroso sino alla loro utilizzazione (Benvenuti, 2021).

Negli ultimi anni la tecnica della fasciatura del foraggio in balloni ad alta densità è stata comparata con la tecnica della fienagione.

I vantaggi di tale tecnica consistono in:

  1. una riduzione dei rischi provocati dagli agenti atmosferici rispetto alla fienagione;
  2. una gestione efficiente del cantiere di fasciatura dovuta alla possibilità di utilizzare le attrezzature impiegate per la fienagione;
  3. costi fissi e operativi più bassi in quanto non vengono richieste specifiche attrezzature e nessuna struttura di stoccaggio (per es. silo orizzontale);
  4. perdite di campo ridotte (soprattutto per le leguminose);
  5. capacità di stoccaggio teoricamente illimitata, a condizione che venga preservata l’integrità del film di fasciatura;
  6. contenuto di effluenti ridotto rispetto agli insilati trinciati e stoccati in trincea;
  7. maggiore flessibilità nelle fasi di alimentazione (Coblentz e Akins, 2018).

Gli svantaggi relativi a tale tecnica possono essere invece riassunti in tre punti:

  1. limitato andamento dei processi fermentativi, con un prodotto finale meno stabile e spesso contenente una maggiore concentrazione di zuccheri non fermentati;
  2. poiché risultato di una fermentazione incompleta, l’ottenimento di un prodotto finale di elevata qualità è strettamente legato all’integrità del film di fasciatura, fondamentale per l’instaurazione di una condizione anaerobica all’interno della balla;
  3. i film in polietilene per la fasciatura rappresentano un costo aggiuntivo per gli allevatori sia in termini di spesa che di smaltimento (Vough e Glick, 1993).

Considerazioni per una corretta gestione dei fasciati

In questo articolo vengono riportate le recenti strategie di fasciatura in rotoballe ad alta densità presenti nella review pubblicata da Coblentz e Akins nel 2018 per una raccolta speciale dedicata alla tecnica dell’insilamento su Journal Of Dairy Science (Silage review).

Umidità

Fin dai primi studi è stato notato che l’umidità ha un ruolo importante e fondamentale nella conservazione del prodotto, in quanto l’umidità dell’insilato consente una fermentazione più aggressiva e di conseguenza una maggiore produzione di acidi di fermentazione (McDonald and Edwards, 1976; McDonald et al., 1991); tuttavia, un elevato tenore di umidità può portare a fermentazioni clostridiche secondarie, in quanto la velocità di fermentazione è ridotta e di conseguenza il pH finale diventerà meno acido (bisogna considerare che i clostridi si sviluppano ad un pH maggiore di 4,6). Una bassa concentrazione di umidità inibisce invece i tassi di crescita di lieviti e muffe responsabili dell’inizio del deterioramento aerobico, ma aumenta anche la porosità dell’insilato all’ossigeno e riduce il calore specifico del ballone (Muck et al., 2003).

Le balle fasciate presentano un contenuto di umidità diverso rispetto al trinciato stoccato in un silo orizzontale (trincea). Indicativamente, umidità comprese fra il 45 e 55 % possono essere considerate ottimali per questa tipologia di insilamento. Tuttavia, alcuni operatori tendono a fasciare balloni con tenori di sostanza secca elevati. In questo caso la conservazione viene resa possibile grazie a un ridotto contenuto di acqua libera, all’anaerobiosi, a una riduzione del pH ed in molti casi all’abbassamento delle temperature. Infatti, il ricorso a questa tecnica avviene soprattutto per i foraggi nei tagli di fine estate e in quelli autunnali, quando presentano un contenuto zuccherino inferiore a quello primaverile, insufficiente a garantire il raggiungimento di un pH utile alla conservazione in presenza di un elevato contenuto d’acqua. Inoltre, l’appropinquarsi della stagione fredda consente di ipotizzare un decorso migliore della conservazione. Al contrario le alte temperature, oltre a stimolare l’attività microbica, dilatano i gas all’interno della massa favorendone la loro espulsione dalle balle per poi, raffreddandosi di notte, richiamare aria e ossigeno all’interno. I film, infatti, mantengono una pur limitata permeabilità ai gas. L’umidità di raccolta può essere messa in relazione con il rapporto zucchero/proteina: valori prossimi a 2 rappresentano una condizione ideale che consente l’insilamento al 70% d’acqua; per valori inferiori a 2 (compresi fra 0.8 e 1) il contenuto d’acqua deve progressivamente ridursi (Benvenuti, 2021).

Sfalcio

L’ora della trinciatura va ad influire sulla composizione del futuro insilato imballato, dettaglio che è stato notato da Huntington e Burns (2007) in quanto hanno confrontato la raccolta nel tardo pomeriggio rispetto a quella di prima mattina. Dai loro studi è emerso che la raccolta nel tardo pomeriggio migliora le concentrazioni di carboidrati idrosolubili, i quali potrebbe potenzialmente migliorare il pool di substrati per la fermentazione e di conseguenza la fermentazione stessa, oltre a fornire una sincronizzazione tra energia e rilascio di proteine degradate a livello ruminale determinando un migliore utilizzo dell’azoto nei ruminanti che consumano questi insilati.

Densità

L’ottenimento di un livello di densità all’interno della massa foraggera è propedeutico al conseguimento di un ambiente anaerobico, in quanto livelli di porosità elevati all’interno della massa insilata sono direttamente proporzionali alla velocità di spostamento dell’ossigeno all’interno della stessa (Pitt e Muck, 1993). Holmes e Muck (2008) hanno suggerito per gli insilati accuratamente trinciati una densità ottimale (bulk density) di 243 kg di S.S./m3, ma se si tiene conto della diversa porosità si può arrivare fino a 712 kg (peso umido)/m3. Una ricerca più recente (Tabacco et al., 2013) ha invece riportato la densità di insilato per balloni paragonabili a quelle di alcuni insilati da trincea (ovvero, da 225 a 247 kg di S.S./m3).

Lunghezza teorica di taglio

La lunghezza delle particelle degli insilati in balle limita la velocità e l’entità della fermentazione degli insilati (Muck et al., 2003). Oggigiorno, alcune imballatrici sono progettate con sistemi di pre-taglio che possono ridurre la lunghezza delle particelle durante il processo di pressatura, migliorando così la densità della balla di circa il 15%, e conseguentemente migliorandone la fermentazione (Shinners, 2003). Ciononostante, sono necessarie ulteriori ricerche per valutare il potenziale dei sistemi di pre-taglio e se effettivamente sono in grado di migliorare le caratteristiche di fermentazione degli insilati imballati.

Imballaggio

La fasciatura del materiale foraggero, come nel caso dell’insilamento in trincea, è opportuno che avvenga successivamente alla fase di trinciatura, in quanto ritardi nella fase di fasciatura possono compromettere la biodisponibilità proteica (Goering et al., 1973; Van Soest, 1982; Rotz e Muck, 1994) e ridurne la densità energetica (Coblentz e Hoffman, 2010); ciò è dovuto in parte all’ossidazione dei carboidrati non strutturali (Rotz e Muck, 1994). Alcuni studi indicano che ritardare le fasi di avvolgimento può condurre a una minore produzione di acido lattico, sinonimo di fermentazioni incomplete e livelli di pH finale elevati (Moshtaghi Nia e Wittenburg, 2000; Coblentz et al., 2016). Inoltre, insilati inizialmente compromessi dall’ingresso dell’ossigeno e successivamente sottoposti a condizioni anaerobiche potrebbero essere più suscettibili all’attività dei clostridi a causa della successiva acidificazione (Muck et al., 2003).

Film per la fasciatura

Le operazioni di fasciatura vengono effettuate ricorrendo all’utilizzo di film plastici in polietilene (PE). Tali film in polietilene sono stati argomento di diverse ricerche (Hancock e Collins, 2006; Borreani e Tabacco, 2008; Coblentz et al., 2016) con l’intento di migliorare le condizioni anaerobiche, e il profilo nutrizionale e sanitario degli insilati fasciati in balloni ad alta densità. Tabacco et al. (2013) hanno dimostrato come una pellicola di legatura (nota come baletite, che sostituisce la comune rete) può ridurre il numero di fori sui balloni migliorandone così lo stato anaerobico interno, in quanto grazie alla compressione dell’insilato permette di espellere l’ossigeno più velocemente, senza inficiare negativamente sui costi aziendali.

Tali effetti positivi possono essere migliorati ricorrendo all’utilizzo di teli barriera che limitano il passaggio dell’ossigeno all’interno del ballone (Borreani and Tabacco, 2008). Queste barriere consentono di diminuire il numero di strati di fasciatura, facilitando a livello aziendale le operazioni di smaltimento.

La conservazione del prodotto all’interno delle rotoballe può essere implementata applicando diversi strati di film polietilene (PE) appropriati (l’ideale sarebbe da 6 a 8, ma dipende dal prodotto usato); in commercio ne sono presenti di diversi tipi con spessori, colori e caratteristiche differenti in quanto utilizzano componenti in rapporti diversi; Undersander et al. (2003) hanno dimostrato che lo spessore cumulativo minimo per la conservazione dell’insilato nei balloni risulta essere di 0.152 mm (152 µm). L’ingresso di ossigeno nei balloni può anche avvenire in un momento secondario all’imballamento a causa dell’azione di insetti, nematodi o volatili; l’unico strumento di difesa da questi attacchi risulta essere un buon film plastico oppure ricorrere all’utilizzo di reti di protezione stabilizzate ai raggi UV che preservano l’integrità delle balle anche dagli attacchi di selvatici (e.g. cinghiali, corvi, etc.), o da fenomeni metereologici intensi (per es. grandinate).

Ph: Carmelo Mastroeni

Movimentazione e stoccaggio

Una volta completate le operazioni di fasciatura è necessario movimentare i balloni ricorrendo all’utilizzo di apposite pinze al fine di non interferire con l’andamento dei processi respiratori già in atto al momento dello sfalcio. I balloni devono essere stoccati e posizionati sulla parte piatta in un sito ben drenato, privo di detriti o di oggetti appuntiti, e che non favorisca la possibile presenza di roditori o di altri parassiti che potrebbero perforare il film di fasciatura; se possibile è bene proteggerli anche dai volatili (Savoie e Jofriet, 2003; Jennings, 2011; Hersom e Kunkle, 2014). Alcuni studi raccomandano che le balle siano posizionate con un orientamento nord-sud o su un pendio esposto a nord (Garthe e Hall, 1992; Jennings, 2011) per evitare fluttuazioni di temperatura e possibili spostamenti di acqua all’interno; le raccomandazioni includono suggerimenti per lo stoccaggio in aree ombreggiate o l’accatastamento delle balle avvolte singolarmente (Coblentz e Akins, 2018).

Durata dello stoccaggio e consumo

Una conservazione ottimale prevede una rapida acidificazione, una decisa fermentazione lattica e un periodo minimo di stabilizzazione. I balloni fasciati ad alta densità sono caratterizzati da un rapporto superficie/volume inferiore alle normali balle fasciate ma superiore all’insilamento in trincea. Tale condizione li rende più sensibili alle variazioni di temperatura e pressione atmosferica, influenzando la durata delle fermentazioni (più lente) e con tempi di apertura posticipati rispetto agli insilati in trincea (minimo 40 giorni per trinciati e pastoni di mais; 50 – 60 per cereali a paglia e graminacee; oltre 60 giorni per le leguminose). In generale, è consigliabile attendere almeno 60 – 90 giorni prima di procedere al consumo.

Per quanto riguarda il desilamento, è importante che avvenga nell’arco della giornata, in quanto se esposto all’aria il prodotto può andare incontro a fenomeni di deterioramento; tali fenomeni possono essere contenuti nel caso in cui la massa foraggera sia stata trattata con inoculi a base di lattobacilli (per es. Lactobacillus buchneri, L. plantarum) o additivi chimici (per es. acido formico, sorbato di potassio). Un altro fattore che incide sulla stabilità aerobica dell’insilato è la temperatura ambientale; infatti, durante la stagione invernale il profilo nutrizionale e sanitario del materiale foraggero presente nei balloni risulta essere più stabile.

Ph: Carmelo Mastroeni

Inoculi e additivi

L’obiettivo principale dell’uso di questi prodotti è di cercare di far prevalere le fermentazioni dominate dai batteri lattici (McDonald et al., 1991). Gli inoculi a base di lattobacilli possono essere suddivisi in due categorie: omolattici ed eterolattici.

I batteri omolattici, come Lactobacillus plantarum, L. casei, L. acidophilus, Pediococcus acidilactici, P. cereviasiaeEnterococcus faecium, accelerano il processo di acidificazione dell’insilato permettendo un migliore utilizzo degli zuccheri presenti. Devono essere in grado di crescere velocemente e di dominare sugli altri microrganismi durante le fermentazioni (è importante che avvenga soprattutto sugli enterobatteri perché riducono la qualità dell’insilato in quanto competono con i batteri lattici per gli zuccheri, possono degradare le proteine, possono produrre composti tossici e possono rallentare la rapida diminuzione del pH nell’insilato); produrre la massima quantità di acido lattico dagli zuccheri (esosi) secondo la via omolattica; essere acido-tollerante, cioè capaci di fermentare fino a pH inferiori a 4,0 (in quanto il silomais raggiunge un pH fino a 3,4); avere un intervallo di sviluppo molto ampio, da pochi gradi di temperatura fino a 50 °C; ed essere in grado di svilupparsi a tenori di sostanza secca elevati (fino al 45 % ed oltre). Tutte queste funzioni però, nella maggior parte dei casi, vengono svolte dalla microflora lattica naturalmente presente negli insilati di mais, per cui tali inoculi in questo tipo di insilati non producono grandi effetti. Questa ridotta efficacia è data dalle caratteristiche favorevoli intrinseche del mais al momento della trinciatura quali l’elevato contenuto in zuccheri fermentescibili (15 – 25 %), ridotto potere tampone (bassa resistenza all’abbassamento del pH) e un tenore di sostanza secca ottimale per l’insilamento (tra il 30 e il 40 % di s.s.). Inoltre, alla trinciatura sono presenti naturalmente sulla pianta da 500.000 a 2 milioni di batteri lattici per grammo di prodotto verde (in media 46 % di omolattici e 54 % di eterolattici) (Pahlow et al., 2003).

Invece i batteri eterolattici, come Lactobacillus buchneri, producono tramite la fermentazione degli zuccheri una grande quantità di acido acetico, oltre all’acido lattico. Questo rende gli insilati più stabili al deterioramento aerobico a cui vanno incontro durante la fase di consumo perché viene esposto all’aria, ma senza compromettere troppo l’acidificazione in termini di pH e di acido lattico.

Si possono utilizzare anche acidi organici, quali acido formico ed acido propionico. L’acido formico permette di acidificare chimicamente la massa dell’insilato sostituendo, in parte, l’acidificazione ad opera della fermentazione lattica; è poco utile nel mais perché la fermentazione lattica si insatura molto facilmente. L’acido propionico risulta invece più utile per gli insilati di mais, in quanto presenta un’azione inibente superficiale su lieviti e muffe, che sono agenti di deterioramento aerobico.

Patogeni di origine alimentare negli insilati: il caso della Listeria

La presenza di Listeria in foraggi insilati in rotoballe fasciate ad alta densità può essere dovuta alla sua concentrazione nel suolo e sulla vegetazione, motivo per cui tali batteri sono stati considerati come una componente naturale della microflora delle piante in campo (Husu et al., 2000; Pahlow et al., 2003), e la loro capacità di sopravvivere/riprodursi viene favorita durante l’insilamento, specialmente in condizioni che possono favorire l’ingresso di ossigeno all’interno della massa insilata (Fenlon et al., 1989; Pauly and Tham, 2003).

Listeria monocytogenes è un batterio che causa la listeriosi, malattia che affligge sia uomini che animali. La presenza di questo microrganismo è stata ampiamente segnalata nel latte crudo (non trattato per la conservazione ed il consumo umano sicuro) tramite la contaminazione fecale dell’estremità dei capezzoli durante la fase di mungitura (Vissers et al., 2007); questo batterio è problematico, oltre per la salute dell’animale, per le produzioni dei formaggi in cui si usa latte non pastorizzato. Nucera et al. (2016), in una prova in cui sono stati esaminati 80 rotoballe fasciate (prato permanente, erba medica e loietto italico), hanno constatato che la presenza di Listeria al momento del campionamento era sinonimo di un processo di acidificazione incompiuto, dovuto principalmente alla scarsa qualità dei foraggi insilati, al quale corrisponde una lenta acidificazione che favorisce la sopravvivenza di Listeria, la proliferazione di lieviti e muffe, ed elevati livelli di pH. Pertanto, è importante che gli operatori del settore vengano formati in merito all’applicazione delle buone pratiche agricole nelle fasi preliminari, e adeguate pratiche igieniche durante la gestione e la somministrazione dei foraggi insilati in rotoballe ad alta densità.

Conclusioni

Nelle ultime decadi la tecnica di insilamento dei foraggi in rotoballe fasciate ad alta è stata ampiamente praticata dalle piccole e medie aziende zootecniche. Il motivo principale riguarda la riduzione dei rischi provocati dagli agenti atmosferici rispetto alla fienagione.

Nonostante i principi per la gestione degli insilati in rotoballe fasciate ad alta densità non si discostano di molto dall’insilamento dei foraggi in trincea, ci sono degli accorgimenti che meritano di essere attenzionati. Il contenuto di umidità dei foraggi all’interno della rotoballa deve essere compreso tra il 45-55%. Un ulteriore appassimento consente di contenere l’entità e l’andamento delle fermentazioni, in modo da mantenere un livello di anaerobiosi attraverso: l’utilizzo di un adeguato film di fasciatura, l’applicazione di un elevato numero di strati del film (6-8 strati), l’individuazione di un punto di stoccaggio, e infine la copertura delle rotoballe servendosi di reti di protezione stabilizzate ai raggi UV in modo da preservare l’integrità delle stesse dagli attacchi di animali selvatici (corvi) o da fenomeni meteorologici intensi (grandinate). Considerato l’andamento limitato delle fermentazioni all’interno delle rotoballe, l’ideale sarebbe di ricorrere all’utilizzo di inoculi o altri additivi in modo tale da assecondare l’andamento delle fermentazioni e di conseguenza migliorare la stabilità aerobica dei foraggi soprattutto durante i mesi estivi.

La presente nota è una sintesi della seguente review scientifica, in cui viene riportata tutta la letteratura citata: Coblentz, W. K., & Akins, M. S. (2018). Silage review: Recent advances and future technologies for baled silages. Journal of dairy science, 101(5), 4075–4092. https://doi.org/10.3168/jds.2017-13708

Autore

Carmelo Mastroeni, sotto la supervisione del “Gruppo Editoriale ASPA”: Giuseppe Conte, Alberto Stanislao Atzori, Antonio Natalello, Manuel Scerra, Fabio Correddu, Sara Pegolo, Luca Cattaneo, Gabriele Rocchetti.

Le immagini nell’articolo sono state fornite dal Dott. Mastroeni.