Al fine di promuovere il benessere degli animali nell’ambito della macellazione rituale, gli Stati membri possono, senza violare i diritti fondamentali sanciti dalla Carta, imporre un preliminare processo di stordimento reversibile, inidoneo a comportare la morte dell’animale

Sentenza nella causa C-336/19 Stampa e Informazione Centraal Israëlitisch Consistorie van België e a.

Una legge regionale della Regione delle Fiandre (Belgio) del 7 luglio 2017, recante modifica della legge relativa alla protezione e al benessere degli animali, per quanto riguarda i metodi autorizzati per la macellazione degli animali, ha l’effetto di vietare la macellazione senza previo stordimento, anche per le macellazioni prescritte da un rito religioso. Nell’ambito della macellazione rituale, tale legge regionale prevede l’utilizzo di uno stordimento reversibile e inidoneo a comportare la morte dell’animale.

Tale testo è stato in particolare contestato da diverse associazioni ebraiche e musulmane, che ne chiedono l’annullamento totale o parziale. A loro avviso, non consentendo ai credenti ebraici e musulmani di procurarsi carne proveniente da animali macellati conformemente ai loro precetti religiosi, i quali sarebbero contrari alla tecnica dello stordimento reversibile, la legge regionale viola il regolamento n. 1099/2009 e impedisce pertanto ai credenti di praticare la loro religione.

In tale contesto, il Grondwettelijk Hof (Corte costituzionale, Belgio) ha deciso di adire la Corte in via pregiudiziale per chiedere, principalmente, se il diritto dell’Unione osti alla normativa di uno Stato membro che impone, nell’ambito della macellazione rituale, un processo di stordimento reversibile e inidoneo a comportare la morte dell’animale.

Tale questione induce la Corte, per la terza volta (leggi i comunicati stampa della prima e seconda sentenza), a procedere a un bilanciamento tra la libertà di religione, garantita dall’articolo 10 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), e il benessere degli animali, quale enunciato all’articolo 13 TFUE e concretizzato nel regolamento n. 1099/2009.

Giudizio della Corte

La Corte, riunita in Grande Sezione, rileva, anzitutto, che il principio dello stordimento dell’animale prima dell’abbattimento, istituito dal regolamento n.1099/2009, risponde all’obiettivo principale di protezione del benessere degli animali perseguito da tale regolamento. Al riguardo, sebbene il regolamento 3 ammetta la prassi della macellazione rituale, nel cui ambito l’animale può essere abbattuto senza previo stordimento, tale forma di macellazione è tuttavia autorizzata solo a titolo derogatorio nell’Unione e unicamente al fine di garantire il rispetto della libertà di religione. Peraltro gli Stati membri possono adottare norme nazionali intese a garantire agli animali, durante l’abbattimento, una protezione maggiore rispetto a quella prevista dal regolamento nell’ambito della macellazione rituale. In tal modo, il regolamento rispecchia il fatto che l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali, rispettando nel contempo le disposizioni e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi. Tuttavia, il regolamento non procede esso stesso alla necessaria conciliazione tra il benessere degli animali e la libertà di manifestare la propria religione, ma si limita a fornire le linee guida per la conciliazione tra questi due valori che spetta agli Stati membri effettuare.

Ne consegue che il Reg. (CE) n. 1099/2009 non osta a che gli Stati membri impongano un obbligo di stordimento preliminare all’abbattimento degli animali, applicabile anche nell’ambito di una macellazione prescritta da riti religiosi, purché, tuttavia, nel fare ciò, gli Stati membri rispettino i diritti fondamentali sanciti dalla Carta.

Per quanto riguarda specificamente la questione di stabilire se la legge regionale rispetti tali diritti fondamentali, la Corte ricorda che la macellazione rituale rientra nella libertà di manifestare la propria religione, garantita all’articolo 10, paragrafo 1, della Carta. Imponendo, nell’ambito di una macellazione rituale, uno stordimento reversibile, contrariamente ai precetti religiosi dei credenti ebraici e musulmani, la legge regionale comporta quindi una limitazione all’esercizio del diritto alla libertà di tali credenti di manifestare la loro religione.

Al fine di valutare se una simile limitazione sia consentita, la Corte constata, anzitutto, che l’ingerenza nella libertà di manifestare la propria religione risultante dalla legge regionale è effettivamente prevista dalla legge e, inoltre, rispetta il contenuto essenziale dell’articolo 10 della Carta, in quanto è limitata a un aspetto dell’atto rituale specifico costituito da tale macellazione, non essendo per contro quest’ultima vietata in quanto tale.

La Corte rileva, poi, che tale ingerenza risponde a un obiettivo di interesse generale riconosciuto dall’Unione, vale a dire la promozione del benessere degli animali.

Nell’ambito dell’esame della proporzionalità della limitazione, la Corte conclude che le misure contenute nella legge regionale consentono di garantire un giusto equilibrio tra l’importanza attribuita al benessere degli animali e la libertà dei credenti ebraici e musulmani di manifestare la loro religione. Al riguardo, essa constata, in primo luogo, che l’obbligo di stordimento reversibile è idoneo a realizzare l’obiettivo della promozione del benesseredegli animali. In secondo luogo, per quanto riguarda il carattere necessario dell’ingerenza, la Corte sottolinea che il legislatore dell’Unione ha inteso riconoscere a ciascuno Stato membro un ampio margine discrezionale nell’ambito della conciliazione tra la protezione del benessere degli animali durante l’abbattimento e il rispetto della libertà di manifestare la propria religione. Orbene, si è formato un consenso scientifico quanto al fatto che lo stordimento previo costituisce lo strumento ottimale per ridurre la sofferenza dell’animale durante l’abbattimento. In terzo luogo, per quanto riguarda il carattere proporzionato di tale ingerenza, la Corte osserva anzitutto che il legislatore fiammingo si è basato su ricerche scientifiche e che ha inteso privilegiare il metodo di abbattimento autorizzato più moderno. Essa rileva poi che tale legislatore si è inserito in un contesto sociale e normativo in evoluzione, caratterizzato da una crescente sensibilizzazione alla problematica del benessere degli animali. Infine, la Corte constata che la legge regionale non vieta né ostacola la messa in circolazione di prodotti di origine animale provenienti da animali macellati ritualmente quando tali prodotti sono originari di un altro Stato membro o di uno Stato terzo.

Pertanto, la Corte statuisce che il Reg. (CE) n. 1099/2009, letto alla luce dall’articolo 13 TFUE e dell’articolo 10, paragrafo 1, della Carta, non osta alla normativa di uno Stato membro che impone, nell’ambito della macellazione rituale, un processo di stordimento reversibile e inidoneo a comportare la morte dell’animale.

Peraltro la Corte conferma la validità del Reg. (CE) n. 1099/2009 alla luce dei principi di uguaglianza, di non discriminazione e di diversità culturale, religiosa e linguistica, come garantiti dalla Carta 6. Infatti la circostanza che il regolamento autorizzi gli Stati membri ad adottare misure quali lo stordimento obbligatorio nell’ambito della macellazione rituale, ma non contenga alcuna disposizione analoga per l’abbattimento degli animali nell’ambito delle attività venatorie e di pesca o durante eventi culturali o sportivi, non è contraria a tali principi.

Al riguardo, essa precisa che dagli eventi culturali e sportivi risulta tutt’al più una produzione di carne marginale, che non è economicamente significativa. Di conseguenza, un simile evento non può essere ragionevolmente inteso come un’attività di produzione di alimenti, circostanza che giustifica che esso sia trattato diversamente da un’operazione di macellazione. La Corte trae la stessa conclusione per quanto concerne le attività venatorie e di pesca ricreativa. Tali attività si svolgono infatti in un contesto in cui le condizioni di abbattimento sono molto diverse rispetto a quelle relative agli animali da allevamento.

 

Fonte: Corte di Giustizia dell’Unione Europea