Formaggio e vino matrimonio antico

Un antico proverbio dice: pane e acqua per il carcerato, pane e vino per l’uomo libero, e noi possiamo aggiungere pane, vino e formaggio per l’uomo ricco. L’associazione tra formaggio e vino è l’antichissimo risultato di un accordo di scambio tra i popoli pastori e i popoli agricoltori e ancora oggi l’apprezziamo quando i gastronomi e i sommelier consigliano gli abbinamenti migliori per un felice matrimonio tra questi due prodotti. Uno sposalizio che talvolta ha un periodo di fidanzamento quando il formaggio è preparato con il vino o maturato nelle vinacce, arrivando anche a produrre un formaggio detto “ubriaco”. L’incontro del formaggio con il vino è antico e si sviluppa quando nello stesso rustico cascinale vi sono animali che producono latte da cui si fanno formaggi e nei campi vi sono vigne dalle quali nelle cantine si producono vini.

Lo scrittore e filosofo Henry David Thoreau (1817-1862) afferma che nella vita gli sprechi nascono dalla fretta, ma il mondo agricolo e contadino, legato ai ritmi della natura, non è dedito alla fretta e tantomeno agli sprechi. Uno dei classici esempi di questa parsimonia è rappresentato dalle vinacce che oggi da molti possono essere è considerate uno scarto della produzione del vino. ma che l’ingegno contadino ha trasformato non in una sola ma in molte risorse, anche come mezzo di conservazione degli alimenti, dai salumi e formaggi fino ai vegetali. Odiernamente in Italia si producono ogni anno 50 milioni di ettolitri di vino e mosto, di cui circa il 20% è composto dai residui solidi. Questi 1,5/2 milioni di tonnellate di vinacce trovano impiego in moltissime applicazioni industriali e artigianali che sfruttano le loro proprietà per creare prodotti che vanno dal campo cosmetico a quello dei combustibili, e della medicina all’alimentazione.

Vinacce e conservazione di alimenti

Nelle tradizioni italiane le vinacce sono usate nella preparazione di alcuni alimenti, tra cui i peperoni conservati alternandoli a strati di questo sottoprodotto. Questa preparazione prevede un mese di riposo per dar modo alle vinacce di fermentare e cuocere i peperoni dando origine ad un ottimo contorno, soprattutto con il bollito. Le rape conservate con le vinacce sono un tipico piatto del Friuli, la broada o brovada, simile ai crauti e ottenuto con la fermentazione per 3/4 mesi delle rape unite a vinacce. Non si deve inoltre dimenticare che il culatello, uno dei salumi parmensi più celebrati, ha una stagionatura che è agevolata in ambienti dove sono presenti vinacce.

Tra i molti sistemi di produzione e maturazione dei formaggi quello con le vinacce ha dei caratteri particolari che derivano dalle qualità delle vinacce e per questo merita una particolare attenzione. La stagionatura ha una grande importanza nella produzione del formaggio che durante questo processo si arricchisce assorbendo dall’aria e dall’ambiente sfumature di profumi e di sapori, e da qui la grande differenza tra i formaggi tradizionali e quelli prodotti con tecniche industriali. Il formaggio stagionato o affinato con le vinacce assume aromi e sapori particolari e un retrogusto acidulo che accentuano la tendenza all’abbinamento fra formaggio o cacio e vino, considerato nella sua semplicità uno dei vertici della raffinatezza gastronomica.

Formaggi stagionati con vinacce

Ancora tutta da scrivere è la storia dei formaggi italiani conservati e affinati con le vinacce. E’ tuttavia noto che due sono le aree fin qui individuate: un’area veneta di formaggi vaccini e bufalini e un’area toscana di caci pecorini. Sull’origine dei formaggi veneti detti ubriachi non vi sono notizie chiare, anche se ricorre la leggenda che sarebbero nati dall’usanza, nei secoli scorsi, di nascondere il formaggio nella vinaccia in fermentazione per proteggerlo dalle razzie dei soldati durante le guerre o dal padrone della terra quando veniva a rivendicare la sua parte di prodotti. Altra leggenda è che la particolare tecnica sarebbe stata se non inventata almeno ripresa durante la Prima Guerra Mondiale dagli abitanti trevigiani che, dopo la battaglia di Caporetto, per mettere al sicuro i formaggi dalle razzie dei soldati austroungarici affamati, li nascosero sotto le vinacce già utilizzate per la vinificazione. Finita la minaccia gli abitanti li ripescarono e, notato il loro particolare sapore, fecero in modo di riutilizzare la tecnica. Un’altra leggenda racconta invece che le vinacce erano utilizzate per ammorbidire la crosta dei formaggi in mancanza dell’olio, divenuto troppo caro per i casari in tempo di guerra. Comunque, già nei testi antichi del Canonico di Belluno Giovanni Battista Barpo (1584 – 1649) si narra di un formaggio che, al fine di avere una migliore conservazione, era trattato in superficie con vinaccia di uve rosse come conservante naturale (Barpo G. B. – Le delitie e i frutti dell’agricoltura e della villa, libri tre, spiegati t’n ricordi particolari, ove con avveduta diligenza e perfetta essenza si scopre la grandezza della raccolta, e il profitto abbondante che dal farla ottimamente coltivare se ne raccoglie; et s’apprende le regole, i costumi, i modi, e le usanze che si osservano nell’arare, piantare le viti e gli albori, governar bene i bestiami, e fare ciò che s’appartiene all’agricoltura, Venezia 1634). Ultima moda è l’ubriacatura di formaggi in barrique di vino rosso, dove il legno di rovere contribuisce a intensificare e rendere unici profumi e sapori.

Vinacce, un mondo naturale complesso

La vinaccia può essere fermentata, vergine (detta anche dolce) o semivergine. La vinaccia fermentata ha subito la trasformazione degli zuccheri in alcol da parte dei lieviti e solitamente si ottiene dalla produzione del vino rosso. La vinaccia vergine o dolce invece non ha ancora subito la fermentazione e deriva da lavorazioni di vini bianchi. Infine, la vinaccia semivergine deriva da vinificazioni in rosato o di vini dolci. I costituenti della vinaccia variano in quantità e composizione chimica a seconda che questa sia fresca o no e durante la sua conservazione vi sono fermentazioni microbiologiche che producono alcoli (soprattutto etilico, metilico, glicerina), alcoli superiori (propilico, butirrico ecc.), acidi (acetico, propionico, butirrico ecc.), aldeidi (acetica, isovalerianica, propionica, butirrica ecc.) e esteri (acetato di etile, lattato di etile, propionato, isobutirrato, capronato, caprilato, isovalerianato di etile, acetato di isoamile ecc.). In una conservazione non controllata delle vinacce, come era frequente nel passato, si forma anche alcool metilico o acetato di etile, che ha un sapore ed un odore pungente simile all’aceto.

Formaggi ubriachi veneti

I formaggi del Veneto lavorati con l’uso di vinacce sono detti anche ubriachi o formaio embriago in lingua veneta, una denominazione e tradizione che deriva dall’usanza dei casari di utilizzare le vinacce per proteggere la crosta dei formaggi da parassiti e batteri, conferendo nel contempo ai formaggi un gusto inimitabile. Immergendo le forme nelle vinacce si garantisce un’aromatizzazione della crosta ma soprattutto una sua parziale impermeabilizzazione, con la formazione di una pellicola cerosa che protegge la forma dall’attacco degli acari.

L’area nella quale ha avuto origine questa usanza è quella dei formaggi Marsure, Fagagna, Montasio e Latteria friulani e le vinacce utilizzate sono quelle del territorio e di uve Raboso, Merlot o Cabernet Franc, con la conseguente colorazione violacea della crosta del formaggio. Attualmente si usano vinacce fresche di Cabernet, Merlot e Raboso di Soave o Durello appena svinate, conservate a 18 – 20 °C e continuamente irrorate con vino torchiato per 35-50 ore. Sulla crosta del formaggio i tannini delle vinacce producono una colorazione che è bianca per le uve del vino Soave o Durello, e rossa per quelle di Cabernet, Merlot e Raboso.

I formaggi ubriachi del Veneto (Treviso, Verona) sono prodotti con latte vaccino e affinati con l’immersione delle forme in vasche di vinacce fresche appena svinate ma non spremute, dunque ancora morbide. Lo stesso procedimento può essere ripetuto per i formaggi invecchiati. In questo modo la crosta e la pasta assumono un colore diverso a seconda delle vinacce utilizzate, acquistando anche l’aroma del mosto. Di solito per il contatto con le vinacce i formaggi invecchiati hanno almeno sessanta giorni e possono arrivare ai ventiquattro mesi, devono essere di buona qualità e non avere difetti. La durata d’immersione nelle vinacce varia da otto a dieci giorni per i formaggi maturi, mentre è di trenta giorni per quelli invecchiati. Una volta estratte dalle vinacce, le forme sono asciugate e pulite e si lasciano stagionare per altri quindici o trenta giorni prima della degustazione. Si prestano all’ubriacatura i formaggi a pasta semicotta, come ad esempio l’Asiago o il Montasio, il Monte Veronese e altri formaggi affini.

Tra i formaggi ubriachi veneti sono da segnalare l’Ubriaco Trevigiano, l’Ubriaco del Piave, l’Ubriaco Rosso, l’Ubriaco all’Amarone, l’Ubriaco al Prosecco, l’Ubriaco al Barbera e l’Ubriaco Lavato nel Vino.

Formaggio di bufala sotto vinacce di uva Glera

Tra i formaggi di latte di bufala prodotti in provincia di Treviso ce n’è uno affinato in vinacce di uva Glera, il vitigno con cui a San Pietro di Feletto e nelle colline di Conegliano Veneto e Valdobbiadene si produce il Prosecco Superiore, lo spumante più famoso al mondo. Oggi, la forma di formaggio è immersa nella vinaccia per 10/15 giorni, è fatta asciugare e dopo una breve maturazione sottovuoto è pronta per la degustazione. Dal colore marrone chiaro e dalla pasta bianca, compatta, semidura e cremosa, il Bufala al Glera si caratterizza per il suo profumo intenso e fruttato, conferitogli dalla vinaccia Glera, e per un sapore piacevole, sapido, persistente e prolungato, con un leggerissimo retrogusto di bufala.

Pecorino stagionato sotto vinaccia

Tra i tanti formaggi pecorini dei quali l’Italia è ricca, troviamo in Toscana il pecorino stagionato sotto vinaccia. Questo prodotto è fatto con il latte di pecore a fine lattazione ed è un formaggio fine, ricco e saporito. Dopo la pastorizzazione del latte e con l’uso di fermenti e caglio, le forme, successivamente a una leggera stufatura e ad una stagionatura in cella per tre mesi, sono ricoperte dalle vinacce nel periodo vendemmiale e avvolte in un panno sono affinate per altri tre mesi. Le vinacce usate, selezionate per profumo e buona consistenza, sono di uve Sangiovese e Merlot che legano ulteriormente il formaggio al territorio. Al termine dell’affinamento la superficie della forma è completamente ricoperta di vinaccia, secca ma in crosta compatta e di colore violaceo vivo. La pasta al taglio è compatta e il colore può variare dal bianco avorio al giallo paglierino. L’aroma del formaggio è intenso e permette di percepire sensazioni lattiche (burro, panna) accompagnate da leggeri sentori di vino (fruttato), la pasta compatta è dolce ed untuosa con un leggero sentore di vino che sfuma dalla crosta al cuore del formaggio. Una storia che sa di essere solo fantasiosa racconta che i contadini di Radda in Chianti, per non consegnare una parte del loro formaggio al padrone, lo nascondessero nel tino coperto da vinacce. Da una dimenticanza, dopo cinque mesi scoprirono che il pecorino sotto vinaccia aveva un profumo forte e un sapore delicato.

Formaggi francesi sotto vinacce

L’uso di vinacce nella maturazione e conservazione dei formaggi non è un’antica tradizione soltanto italiana. E’ infatti presente anche in Francia in due aree in particolare: la Savoia e il Lionese, secondo una tradizione locale diffusa nella regione del Rodano-Alpi. Nella regione della Savoia, e in particolare a Combe (Valle dell’Isère tra Moutiers e Chambéry dove i vigneti sono numerosi), vi è la Tomme au Marc de Raisin, un formaggio vaccino pressato crudo, stagionato per circa otto settimane, e spesso più a lungo, in botti con vinacce d’uva sulla crosta, un’antichissima tradizione savoiarda per conservare questi formaggi tutto l’inverno. Nella regione di Lione vi sono l’Arôme de Lyon, l’Aroma di Marc, l’Aromes au Gene e l’Aromes au Vin Blanc, formaggi prodotti con latte vaccino e talvolta latte di capra e maturati per un mese in contenitore ermetico contenente vinacce provenienti dall’ovest di Lione, vicino ai vigneti del Beaujolais. I formaggi sono messi in botti di rovere con vinacce dove l’ambiente senza ossigeno rallenta il loro invecchiamento e dove sono bagnati da un liquido alcolico che li protegge da qualsiasi sviluppo batterico esterno. La produzione di questi formaggi verrebbe dalla necessità di conservare scorte di formaggi rimasti invenduti alla fine dell’estate.

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.