I formaggi a caglio vegetale, un’alternativa per i consumatori e un’offerta sempre più ampia da parte dei produttori.

La domanda di formaggi a caglio vegetale è in costante crescita, si stima un aumento percentuale superiore al 10% fra il 2020 e il 2022, a fronte di un aumento contenuto dei prezzi. 

Ricercati da chi adotta un regime vegetariano, ma anche da tanti consumatori in cerca di novità, i formaggi a caglio vegetale rappresentano anche per i produttori un’alternativa interessante al caglio animale. 

L’utilizzo del caglio vegetale ha origini storiche antichissime, essendo già impiegato dai tempi dei Greci e dei Romani per la produzione casearia, ma è stato poi via via sostituito su larga scala dal caglio di origine animale, sia per ragioni di costo che di praticità di utilizzo. 

Il cardo selvatico è quello che viene impiegato da più tempo, ma da qualche anno molto diffuso è anche l’utilizzo del carciofo selvatico per il suo forte potere coagulante.

Individuare questi prodotti non è sempre facile, in Italia infatti non esiste l’obbligo di specificare in etichetta il tipo di caglio utilizzato. Genericamente si può dire che se fra gli ingredienti compaiono solo latte, sale e caglio, si tratta di caglio animale, mentre se il caglio non è citato fra gli ingredienti può trattarsi di un prodotto a base di coagulante microbico.

Molti caseifici che utilizzano caglio vegetale, tuttavia lo indicano in modo ben visibile in etichetta e nella comunicazione come plus del prodotto, proprio per intercettare una fetta di mercato in continua crescita e sempre più consapevole. 

La ricerca va avanti ed è proiettata all’innovazione, come nel caso di uno studio che, a partire da piante spontanee autoctone, crea possibili alternative al caglio animale o microbico.

Un esempio è il Carciocacio, primo formaggio ottenuto con un caglio vegetale ricavato da un carciofo autoctono della Basilicata, il Bianco di Pertosa (Cynara scolymus), grazie all’impegno del Centro di Ricerca Zootecnia e Acquacoltura di Bella in provincia di Potenza.

Una ricerca ancora in corso, il progetto ‘Caprini Erbosi’, che ha visto la partecipazione della Facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Salerno, ha permesso di individuare 2 piante spontanee della flora cilentana ad alto potere coagulante per la produzione di caprini a caglio vegetale, finora non classificate fra i possibili agenti coagulanti.

Anche grandi formaggi della tradizione italiana vengono prodotti con caglio vegetale, fra questi troviamo il Caciofiore, Presidio Slow Food prodotto con latte di pecora apprezzato già al tempo degli antichi romani. Ancora oggi è riprodotto seguendo l’antica ricetta di duemila anni fa, scritta dall’agronomo Columella nel suo ‘De Re Rustica’. Un gruppo di piccoli produttori della campagna romana ha deciso di ricominciare a fare questo formaggio unico nel suo genere non solo per l’utilizzo di caglio vegetale ottenuto dai petali del fiore cardo (Cynara Cardunculus), ma per la particolare tecnica casearia, il latte di pecora crudo della zona, la stagionatura di un mese, che lo rendono morbido e cremoso, intenso all’odore, dolce e lievemente amaro.

Ci sono poi i formaggi siciliani da Capra Girgentana che utilizzano il caglio di fico e finocchietto selvatico; lo Scimudin di capra, formaggio di origine lombarda; la Genziana di capra, a pasta cruda, prodotto con latte pastorizzato; il Pan di Pan della Valchiusella, a base di latte vaccino crudo di montagna.

Non solo prodotti tradizionali, anche una DOP ha la caratteristica di essere prodotta solo a caglio vegetale, si tratta del Pecorino delle Balze Volterrane, riconosciuta nel 2015.

Inoltre dal 2020 il Formaggio Asiago DOP ha apportato alcune modifiche al disciplinare, per cui si prevede la possibilità di utilizzare caglio non animale, recuperando un’antica tradizione della zona dell’Altopiano.

Un’azienda che ha legato il suo nome all’uso di caglio vegetale è certamente Fattorie Fiandino di Villafalletto (CN) che ha inventato il Metodo Kinara, l’utilizzo dei fiori di Cynara cardunculus, il comune cardo selvatico raccolto nelle montagne della zona, per la produzione di formaggi semi-stagionati e stagionati. Questi formaggi mantengono morbidezza, profumi e gusti delicati e pieni, dove il sapore del latte viene esaltato.

Le lavorazioni a caglio vegetale sono sempre state considerate più adatte a formaggi freschi o a breve stagionatura, mentre il Gran Kinara, che stagiona 18/20 mesi, mantiene tutto l’equilibrio, senza presentare note amaricanti.

A conferma della qualità di questa tipologia di formaggio è arrivata anche l’ambita medaglia d’argento ai World Cheese Awards di Trondheim per le Fattorie Fiandino nella categoria “Formaggi a lunga stagionatura” con il Kinara al Tartufo, il primo e unico formaggio al mondo a lunga stagionatura con vero caglio vegetale al Tartufo, dimostrando che la ricerca e l’attenzione verso le scelte dei consumatori trovano sempre il giusto riconoscimento. 

pastedGraphic.png