Nell’universo dei prodotti caseari, oltre ai formaggi ci sono i latticini, quei prodotti che otteniamo sempre dal latte ma che non subiscono la coagulazione delle caseine. Tra questi le ricotte rivestono un ruolo centrale, non credo di sbagliare dicendo che non ha pari nel soddisfare le necessità dei consumatori. Le troviamo sulle tavole di tutta Italia, o come ingrediente per preparazioni complesse o gustate al naturale. Ricavate da un sottoprodotto di lavorazione, dal sapore delicato, versatili ma con caratteristiche peculiari date dall’abilità dei casari e dalle caratteristiche del latte di partenza, le ricotte sono da secoli interpreti ed espressione di territorialità e cultura gastronomica. Se ci penso, la prima immagine che mi viene in mente è un cestino pieno di cremosa ricotta, magari ancora fumante accompagnata dal profumo caratteristico del siero caldo: è poesia. L’elevata percentuale di acqua che contiene la rende tuttavia soggetta a rapido deterioramento per questo motivo, nel corso dei secoli, sono state studiate le strategie migliori da adottare per la sua conservazione. Nacquero così tutte quelle che per comodità chiamiamo ricotte salate. Come per quelle fresche anche queste si declinano in tante sfumature date dal contesto economico-sociale del luogo di produzione: per questo troveremo ricotte affumicate, bardate di cruscami o fiorite di muffe nobili. Tra queste ve ne voglio raccontare una delle mie preferite, la Mascherpa, un PAT lombardo la cui produzione è del tutto particolare e strettamente legata alle tradizioni delle vallate alpine tra le province di Lecco, Sondrio e Bergamo. Ad oggi viene prodotta partendo dal siero residuo della lavorazione dello Storico Ribelle, del Bitto DOP e, in alcuni casi, del Formai de Mut DOP, con aggiunta di latte di capra e di una soluzione acidificante.

Il contesto storico e la produzione

Parlerò al passato, ma molte di queste pratiche sono ancora attuali e mantenute in vita, non come rievocazione ma come vera e propria tecnica di produzione, in particolar modo dagli allevatori e casari dello Storico Ribelle. La Mascherpa nasce sui prati dell’alta Valgerola, quando nel periodo estivo, in seguito alla monticazione degli animali, gli alpigiani avviavano la produzione del Bitto (per conoscere questo formaggio vi rimando all’articolo di Rosanna Laino). In queste zone si allevavano capre Orobiche e vacche di razza Bruna Alpina, oggi Bruna Alpina Originaria, più rustica e più facilmente adattabile al pascolo montano rispetto alla moderna Bruna Italiana. Qui, tra i prati dell’alpe, sono dislocati i “calecc”, delle strutture realizzate utilizzando la tecnica dei muretti a secco e che vengono utilizzati come laboratorio di trasformazione per il latte munto sui pascoli a ridosso di essi. Spostato il bestiame su prati più distanti, troveremo altri calecc. Di fatto si tratta di una soluzione adottata sia per lavorare il latte ancora caldo sia per evitare di trasportarlo per distanze troppo lunghe con eccessivo dispendio di tempo ed energia. Dopo la cottura ed estrazione della cagliata il siero di risulta veniva impiegato per la produzione della Mascherpa, quindi intorno ai 65° C veniva aggiunto latte di capra, intero e crudo, e a ridosso dell’affioramento della ricotta veniva aggiunta l’agra, una soluzione acidificante, ottenuta dal siero residuo di mascherpe prodotte in precedenza e arricchita dagli aromi di essenze botaniche tipiche della zona come l’acetosa, la genziana e il ginepro. L’agra veniva conservata, all’interno di caratelli, da una stagione d’alpeggio all’altra. Dopo una breve sosta in caldaia, la ricotta veniva estratta, posizionata e salata nei “carocc”, tipiche forme in legno, una sorta di secchiello fessurato, realizzato con essenze tipiche, quali l’abete e il larice. Dopo la formatura all’interno dei carocc, che mediamente dura 3-4 giorni, si passa alla maturazione che mediamente dura 30 giorni.

Descrizione

Grazie al periodo di maturazione, alla perdita di acqua e alla fioritura di muffe, la Mascherpa è molto differente rispetto ad una normale ricotta fresca. La forma tronco conica a base circolare è priva di crosta. La pasta internamente di color avorio ed esternamente ricoperta da muffe grigie. Di struttura tenera passa dall’essere fondente nelle prime fasi di maturazione fino a friabile nel prodotto stagionato. Anche odori e aromi evolvono con il tempo e aumentano di intensità, tendenzialmente tutte quelle che ho assaggiato personalmente presentano sentori lattici cotti di burro fuso e siero, vegetali di erba tagliata e legno. Le note animali riconducibili alla capra e, in alcune, sentori di frutta secca.

Curiosità

Secondo alcune leggende legate al culto di San Lucio, protettore degli alpigiani e dei casari, sembrerebbe essere la Mascherpa il prodotto donato dal Santo agli indigenti. Per approfondire questo tema vi rimando ad un articolo del Professor Giovanni Ballarini.

 

Ringraziamo l’Agriturismo Ferdy, produttore di Mascherpa, per aver concesso l’uso delle foto riportate in evidenza e all’interno dell’articolo. Se volete conoscere l’Agriturismo, ecco i contatti:

Loc. Fienili, Fraz. Scalvino
Lenna (BG)

Tel: 0345 82235

E-mail: info@agriturismoferdy.com