Le mozzarelle con colorazioni anomale di qualche tempo fa, suscitano allarme e paure, come nel passato era successo per la polenta porporina e per il pane delle ostie con macchie rosso vivo, quasi sangue. Lo stesso avviene per i gamberetti luminosi e fluorescenti, quasi spettrali, e per le carni suine cotte o stagionate che alla superficie di taglio presentano strane iridescenze.

Gli alimenti spesso hanno in superficie, e talvolta anche al loro interno, microrganismi (batteri, lieviti, muffe) che, per vivere e moltiplicarsi, compiono reazioni chimiche e che possono produrre composti che trasmettono all’alimento. Qualche volta questi composti sono utili perché trasformano una materia prima (latte, carne, uva) in un alimento fermentato (yogurt, salame, vino). Altre volte i microrganismi producono tossine, alterano l’alimento, lo fanno puzzare, rammollire o gli conferiscono colori anormali.

Le mozzarelle blu, verdastre o di altri colori, e talvolta fluorescenti, sono dovute ai pigmenti prodotti da particolari batteri, gli Pseudomonas, che crescono nei formaggi freschi poco acidi, con scarso ossigeno (quindi confezionati) e con il favore di sbalzi termici.

Gli Pseudomonas producono diversi pigmenti: la piocianina di colore verde blu, la piorubina rossastra che è marrone e fluorescente, e la pioverdina di colore giallo, verde/giallo, brina e fluorescente all’ultravioletto. Quando gli Pseudomonas crescono rapidamente producono poco pigmento, ma ne producono molto e ben visibile quando hanno una crescita lenta, come può accadere in un frigorifero mal regolato e con una lunga conservazione. Gli Pseudomonas si sviluppano di preferenza nei biofilm aderenti a superfici umide, come nelle moderne confezioni commerciali di formaggi.

Al di fuori di fenomeni d’inquinamento della produzione casearia, a iniziare dalla necessaria purezza dell’acqua, che ovviamente sono da controllare, la comparsa delle anomale colorazioni provocate dagli Pseudomonas è favorita dalla sempre più ridotta acidità della produzione casearia e del liquido di mantenimento delle confezioni, nelle quali è agevolata la produzione di biofilm. Questo spiega come in ambienti acidi e senza confezioni, come era regola nel passato, gli Pseudomonas non erano un problema e le mozzarelle non assumevano colori o fluorescenze anomale e inquietanti.

Il colore blu o verdastro sulle mozzarelle si forma più facilmente quando questo formaggio, dopo apertura della confezione, è consumato solo in parte. E’ nella rimanenza lasciata in frigorifero infatti che i batteri si sviluppano colorandola con più facilità. Un altro fattore importante è la temperatura di conservazione: a + 8°C il colore si può formare dopo una settimana, a temperatura ambiente +20°C il colore si forma dopo 48 ore.

I batteri che producono pigmenti, nella quasi totalità innocui, sono molto diffusi nelle acque del mare, dei fiumi, dei torrenti e di falda. Anche le acque potabili possono contenere basse concentrazioni di questi batteri che sono in grado di contaminare gli alimenti durante le diverse fasi di lavorazione, nonostante le operazioni di pulizia e disinfezione tra un turno di lavoro e l’altro, evenienze che sono più frequenti nei prodotti di piccole imprese artigianali che seguono sistemi di produzione tradizionali.

I batteri del genere Pseudomonas sono tra i meno pericolosi. Si stima infatti che un milione di questi batteri per grammo di alimento possa modificarne le caratteristiche, mentre per causare disturbi a una persona adulta con normali difese immunitarie ci vuole circa un miliardo di Pseudomonas per grammo di alimento, quindi una quantità mille volte superiore. Ovviamente, mozzarelle blu, verdi o di altro colore non sono adatte al consumo, perché si tratta di alimenti con un’anomala carica batterica. Per proteggersi da questi eventi bisogna fare attenzione a scadenze, modo e stato di conservazione degli alimenti, evitando di consumare quelli molto vicini alla scadenza. Da parte loro, anche per evitare una cattiva pubblicità, molte aziende produttrici di mozzarelle hanno ridotto la data di scadenza dei loro prodotti da tre a due settimane.

Non solo le mozzarelle cambiano colore, ma anche i gamberetti e i pesci possono diventare fluorescenti o luminosi. Nelle più buie profondità degli oceani vivono animali luminosi o fluorescenti, che utilizzano la simbiosi con batteri che sono capaci di produrre luce. Questi batteri sono largamente diffusi anche di fuori dalle acque e quando crescono sugli alimenti (pesci e anche carni) producono una tenue, ma spettrale, luce che suscita clamori e paure. L’origine di questa fluorescenza è di solito causata da batteri del genere Photobacterium e Pseudomonas, microrganismi che prediligono i prodotti refrigerati e producono pigmenti dal giallo-rosso al verde fluorescente. Questi batteri di derivazione ambientale non sono dannosi per la salute dell’uomo e nessuna evidenza scientifica li individua come causa di malattia alimentare.

In Italia, di tanto in tanto vi sono episodi di cibo fluorescente, in particolare riguardanti i pesci e tra questi maggiormente i gamberetti, perché è nel mare che i batteri luminescenti sono più abbondanti. Tuttavia, anche altri alimenti possono essere coinvolti e nel 2005 l’Autorità per la Sicurezza Alimentare del New South Wales, in Australia, dopo numerose segnalazioni per braciole di maiale fosforescenti, ha scoperto che il fenomeno è causato dallo Pseudomonas fluorescens, un particolare microrganismo normalmente reperibile in piccole quantità su carne e pesce, non patogeno né vettore di intossicazione alimentare.

I rari casi di mozzarelle fluorescenti con ogni probabilità sono da riferire a contaminazioni crociate che denunciano una non corretta gestione degli alimenti! Lo sviluppo batterico sui prodotti alimentari è un chiaro indice di non corretta pulizia nella raccolta e lavorazione degli stessi, e anche di una loro cattiva conservazione iniziando da un’errata regolazione dei frigoriferi, e anche se i batteri luminescenti non sono pericolosi, altri batteri rischiosi potrebbero essere presenti.

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, é stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.