Una nuova pubblicazione curata dall’Università Cattolica di Piacenza conferma l’efficacia di SOP COCUS Maize+ nel consentire la riduzione della fertilizzazione chimica azotata del mais senza penalizzare la produzione. In questo articolo i contenuti ed i principali risultati dello studio.

Ridurre la concimazione chimica azotata senza compromettere la produzione è una delle principali e cogenti sfide dell’agricoltura.

L’ultima pubblicazione curata dal Prof. Vincenzo Tabaglio e dal Dr. Andrea Fiorini, PhD, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, sulla produzione di mais con l’utilizzo del prodotto SOP COCUS Maize+, ha dimostrato come questa soluzione consenta di ridurre gli input di azoto chimico (-30%) e le emissioni di protossido di azoto (-23%), mantenendo contemporaneamente la resa del mais in linea con le richieste europee per il settore, da ottemperare entro il 2030.

Il contesto

L’attività agricola lavora con l’ambiente e ha su di esso un impatto, che può essere sia positivo che negativo.

L’eccessivo utilizzo di azoto chimico per la concimazione dei campi ha portato negli anni ad un progressivo impoverimento della vita microbica del suolo, rendendo le colture sempre più dipendenti da svariati input chimici, necessari per il mantenimento di alti livelli produttivi, che però rallentano ulteriormente l’attività dei microrganismi.

Dobbiamo ricordare che il suolo è una risorsa limitata. E la gestione convenzionale della produzione agricola ha innescato questo circolo vizioso che ne ha notevolmente impoverito la qualità e lo stato di salute.

E questo, come rilevato dalla FAO, sta provocando danni che rischiano di rivelarsi irreparabili.

Oggi il 33% del territorio risulta da moderatamente ad altamente degradato, a causa di erosione, salinizzazione, compattazione, acidificazione e inquinamento chimico dei suoli. L’attuale tasso di degrado del suolo minaccia la capacità delle generazioni future di soddisfare i loro bisogni più essenziali. Dalle attuali tendenze demografiche e dalla crescita prevista della popolazione mondiale si stima un aumento del 60% della domanda di cibo, foraggio e fibre entro il 2050. Ci sono ben poche possibilità di espandere le aree agricole, tranne che in alcune zone dell’Africa e del Sud America. Molte di queste zone non sono però adatte all’agricoltura e i costi ecologici, sociali ed economici per renderli produttivi saranno altissimi. Nell’agricoltura mondiale, la sostenibilità nel gestire e nel produrre è diventata, quindi, assolutamente fondamentale per invertire la tendenza del degrado del suolo e per garantire la sicurezza alimentare mondiale, sia attuale che futura[1].

Come descritto nell’articolo, l’uso eccessivo di fertilizzazione con azoto di sintesi chimica non conduce necessariamente ad un aumento della resa delle colture, ma può invece – e con probabilità decisamente maggiori – portare ad elevate perdite di azoto nei corpi idrici superficiali e sotterranei, causando impatti negativi sulla qualità dell’acqua, oltre ad un aumento di emissioni di protossido di azoto (N2O)[2].

La fertilizzazione chimica, inoltre, può portare a rilascio di azoto in aria in due forme: ammoniaca (NH3), quando i concimi vengono distribuiti superficialmente, o protossido di azoto (N2O) quando vengono interrati. Il protossido di azoto è un potente gas serra, con un potere riscaldante circa 300 volte superiore quello dell’anidride carbonica (CO2). La combinazione di lavorazione intensiva e fertilizzazione con elevati input di azoto (N) favorisce anche la mineralizzazione del carbonio organico del suolo (SOC), il che contribuisce ad incrementare le emissioni di CO2 dai terreni agricoli.

L’agricoltura è quindi concausa dei cambiamenti climatici, ma ne è anche vittima, subendo un clima sempre più imprevedibile che rende difficile garantire raccolti omogenei, abbondanti e sani.

Ecco perché le indicazioni che arrivano dall’Europa si muovono in questa direzione: nella promozione di un’agricoltura che sia allo stesso tempo intensiva, per soddisfare bisogni in crescita, e sostenibile, per non danneggiare ulteriormente risorse preziose di cui non possiamo in alcun modo fare a meno.

Obiettivi, contenuti e risultati della ricerca

Lo studio dell’Università Cattolica di Piacenza – dal titolo “Reducing N Fertilization without Yield Penalties in Maize with a Commercially Available Seed Dressing” – è stato condotto allo scopo di valutare la possibilità di ridurre l’impiego di fertilizzanti azotati di sintesi chimica nella coltivazione del mais senza comprometterne i livelli produttivi.

La sperimentazione si è svolta presso il Centro Ricerche Zootecniche CERZOO di Piacenza in condizioni reali sul campo, su un terreno agricolo già destinato alla coltivazione di mais, definendo opportune parcella sperimentali aventi superficie di 200 m² cadauna, randomizzate al fine di minimizzare qualsiasi effetto non dipendente dall’impiego di SOP COCUS Maize+.

Le variabili della prova sono state l’assenza o la presenza del prodotto SOP COCUS Maize+ applicato al seme prima della semina e tre differenti livelli di concimazione chimica azotata. In fase di preparazione del letto di semina sono stati apportati sull’intero appezzamento 50 kg N efficiente/ha attraverso liquame bovino, rispecchiando una pratica comune a molte aziende del settore. In fase di coltivazione i tre livelli di azoto testati sono stati: 230 kg N/ha (100%), 160 kg N/ha (-30%) e 0 kg N/ha (-100%). Nel corso della prova, nello specifico in fase di fioritura del mais, sono stati condotti rilievi sugli apparati radicali mentre le emissioni di protossido di azoto (N2O) sono state determinate per un intero anno solare (aprile 2019 – aprile 2020) valutando così eventuali emissioni anche in assenza della coltura.

Figura 1 – Campo sperimentale Università Cattolica di Piacenza, analisi comparativa Mais standard e trattato con SOP COCUS Maize+.

Al termine della prova, i risultati relativi ai parametri radicali (diametro e lunghezza), alla resa della coltura e alle emissioni di N2O del suolo hanno mostrato:

  • un aumento significativo, nelle piante trattate con SOP, dei peli radicali molto fini, fini e medi e della lunghezza delle radici, con un conseguente miglioramento dell’efficienza dell’assorbimento di acqua e nutrienti (Figura 1 e Figura 2a);
  • assenza di perdite produttive tra le piante coltivate applicando il 100% dell’azoto chimico e quelle fertilizzate con il -30% dell’azoto chimico ma trattate con il prodotto di SOP (Figura 2b);
  • una riduzione, sempre negli appezzamenti con SOP, delle emissioni di N2O pari al 23% per unità di produzione (Figura 2b).

In sintesi, SOP COCUS Maize+ può essere utilizzato per ridurre l’input di azoto di sintesi chimica (-30%) e le emissioni di N2O (-23%), mantenendo contemporaneamente inalterata la resa del mais.

Il suo impiego consente quindi agli agricoltori di allineare la propria attività agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite e di conformarsi alla strategia europea “From Farm to Fork” promossa proprio allo scopo di ridurre l’inquinamento causato dall’uso inadeguato ed inefficiente di agrofarmaci fertilizzanti chimici oltre all’obiettivo di combattere lo spreco alimentare.

Figura 2 – Risultati dello studio, con il confronto tra il controllo a piena fertilizzazione chimica (100%) e il trattamento SOP con il 30% in meno di azoto chimico: a sinistra (a) i risultati sulla lunghezza delle radici; a destra (b) i risultati su produzione ed emissioni di protossido di azoto.

Il team di ricerca

Il Prof. Dr. Vincenzo Tabaglio e il Dr. Andrea Fiorini, PhD, lavorano presso il Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali Sostenibili (DI.PRO.VE.S.) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza. Il loro lavoro riguarda soprattutto lo studio di nuove pratiche e tecnologie innovative per la produzione di colture destinate all’alimentazione, animale e umana, in un’ottica di sostenibilità, all’interno della filiera.

A loro, per lo studio descritto in questo articolo, si sono affiancati il Dr. Marcello Ermido Chiodini, PhD, Ricercatore presso l’Università degli Studi di Milano e collaboratore SOP, e Lorenzo Poggianella, dell’Università della California (Davis). Entrambi hanno assistito alla progettazione della prova e all’analisi dei dati raccolti.

A proposito di SOP COCUS Maize+

SOP® COCUS Maize+ è il prodotto della linea SOP® Crop Line studiato per l’utilizzo direttamente a contatto col seme. Il dosaggio di 200 g/ha è sufficiente a garantire il trattamento per tutta la coltura mediante una singola applicazione in concia.

Come tutti i prodotti della linea SOP Crop Line, SOP COCUS Maize+ agisce tramite una duplice azione:

  • azione diretta, stimolando la germinazione, la crescita e lo sviluppo radicale, e permettendo una maggiore sanità della pianta;
  • azione indiretta, stimolando i batteri del suolo responsabili della trasformazione dell’azoto e degli altri nutrienti in una forma assimilabile dalla pianta, e consentendo di sfruttare al meglio le risorse del suolo. Grazie a questo processo, il suolo non solo non si impoverisce, ma al contrario diviene sempre più fertile ed idoneo allo sviluppo delle colture, anno dopo anno.

SOP® COCUS Maize+ è commercializzato dal 2005 ed è oggi utilizzato dagli agricoltori di numerosi Paesi UE.

 

Per ottenere il lavoro completo clicca qui: www.sopfarm.com/landing-page

 

 

[1] FAO, “Il suolo è una risorsa non rinnovabile”. Disponibile online: www.fao.org/3/i4373o/i4373o

[2] Good et al., Fertilizing Nature: A Tragedy of Excess in the Commons., doi:10.1371/journal.pbio.1001124.

 

A cura del Dr. Marcello E. Chiodini, PhD, ricercatore presso l’Università degli Studi di Milano, collaboratore SOP e coautore dell’articolo scientifico pubblicato sulla rivista scientifica “Agronomy”.