Dopo lunghe discussioni, il Consiglio Ambiente ha adottato ieri la sua posizione sulla revisione della direttiva sulle emissioni industriali. Nel compromesso raggiunto gli allevamenti rimangono inclusi nel campo d’applicazione della direttiva, anche se sono state stabilite nuove soglie (oltre 350 UBA per bovini, suini e allevamenti misti e oltre 280 UBA per gli avicoli). Contrario il voto del Ministro italiano Gilberto Pichetto.   

I ministri dell’ambiente dell’UE si sono riuniti ieri a Bruxelles, sotto la presidenza svedese, per discutere la proposta di revisione della direttiva sulle emissioni industriali (IED), principale strumento dell’UE che regola l’inquinamento dagli impianti industriali e ora anche dagli allevamenti intensivi.

Ad aprile 2022, la Commissione ha presentato infatti delle proposte per aggiornare la direttiva estendendo il campo d’applicazione anche agli allevamenti di bovini, suini e avicoli con oltre 150 unità di bestiame.

Nel compromesso raggiunto ieri in Consiglio sul testo della nuova direttiva è stato stabilito di modificare la proposta della Commissione per portare le soglie di inclusione nella direttiva per gli allevamenti intensivi di bestiame a oltre 350 per bovini, suini e allevamenti misti e oltre 280 per gli avicoli. Sarebbero esclusi dal campo di applicazione della IED gli allevamenti estensivi di bovini e suini a bassa densità di bestiame dove gli animali sono tenuti all’aperto per gran parte dell’anno, per il loro contributo alla conservazione del paesaggio, alla prevenzione degli incendi boschivi e alla protezione della diversità biologica e degli habitat.

Al fine di prevenire la scissione “artificiale” delle aziende agricole, che potrebbe comportare la riduzione degli UBA a una soglia inferiore a quella stabilita per l’applicazione della direttiva, è stato proposto che gli Stati membri adottino misure per garantire che se due o più impianti sono situati uno vicino all’altro, e se il loro gestore è lo stesso o se gli impianti sono sotto il controllo di operatori che sono impegnati in un rapporto economico o giuridico, l’autorità competente può considerare tali impianti come una singola unità ai fini del calcolo della soglia per il bestiame.

Il compromesso approvato ha introdotto la flessibilità necessaria agli Stati membri per adattare le disposizioni in materia di sanzioni e risarcimenti in caso di danni alla salute ai loro diversi ordinamenti giuridici nazionali. E’ stata inoltre introdotta una deroga ai valori limite delle emissioni in caso di crisi che porti a gravi interruzioni o carenze dell’approvvigionamento di energia o di risorse, materiali o attrezzature essenziali, a condizioni rigorose. Sono state poi chiarite altre parti della proposta e si è cercato di ridurre gli oneri amministrativi per gli operatori e le autorità nazionali.

Le attività incluse nella direttiva devono operare in conformità a un’autorizzazione concessa dalle autorità nazionali che fissa valori limite di emissione per le sostanze inquinanti. Le autorizzazioni riguardano le emissioni in aria, acqua e suolo, la produzione di rifiuti, l’utilizzo di materie prime, l’efficienza energetica, il rumore, la prevenzione degli incidenti ambientali e il ripristino del sito alla chiusura. I valori limite delle emissioni si basano sulle migliori tecniche disponibili (BAT) per limitarle.

Ma sono stati in molti ad esprimersi negativamente su questo compromesso, sia a livello UE che nazionale.

Per il Copa e la Cogeca, il compromesso raggiunto dagli Stati membri è lungi dall’essere sufficiente e lascia molte zone d’ombra. Le due organizzazioni respingono infatti le nuove soglie ed esprimono rammarico per il mancato chiarimento sulla posizione del Consiglio sui punti critici che, se adottati come tali, renderanno la direttiva un rompicapo amministrativo. “È il caso in particolare del mantenimento della regola dell’aggregazione, che ingloba concetti poco chiari come “vicini tra loro” e “impegnate in un rapporto economico o giuridico” che minacciano il modello di business delle cooperative. Preoccupazioni simili si applicano anche agli elementi di controllo pubblico del testo. La posizione del Consiglio per l’ambiente mantiene la possibilità di divulgare informazioni commerciali riservate per i sistemi di gestione ambientale che sostanzialmente renderebbero pubbliche le informazioni personali sugli agricoltori e le loro famiglie come altre informazioni private.”

Il Copa e la Cogeca invitano quindi i membri del Parlamento europeo, in particolare i membri della commissione AGRI, a inviare un messaggio forte per proteggere questo settore strategico per l’UE.

La posizione contraria dell’Italia

Il Ministro Gilberto Pichetto ha annunciato la posizione assolutamente contraria dell’Italia alla proposta di compromesso della Presidenza svedese.

Nonostante l’apprezzato lavoro di mediazione svolto sul testo – ha spiegato il Ministro Pichetto – permangono i problemi di fattibilità della proposta, con tre tipi di criticità: sull’impatto per gli allevamenti, in tema di deroghe e sulla tutela della salute umana.

Sul primo punto, – ha proseguito il Ministro – il livello di ambizione rimane eccessivo, perché il campo di applicazione aumenterebbe di oltre cinque volte per il settore degli allevamenti. Altro tema critico è la disciplina del ricorso alle deroghe, i cui criteri non consentono analisi costi-benefici integrate e non considerano la necessità di coordinare i tempi degli investimenti con i programmi di ambientalizzazione in atto.

Infine, il Ministro ha chiarito in plenaria che “i riferimenti alla salute umana sono confusi e ciò può determinare un’incongrua prevalenza degli aspetti sanitari rispetto a quelli ambientali e una sovrapposizione di altre normative”.

A sostenere il no italiano sono state tutte le organizzazioni agricole del Paese.

La proposta della Commissione di revisione della Direttiva sulle emissioni industriali se non adeguatamente contrastata – sottolinea il presidente della Coldiretti Ettore Prandinipotrebbe portare alla perdita di posti di lavoro con la chiusura di molti allevamenti di dimensioni medio-piccole, minando la sovranità alimentare, con il conseguente aumento della dipendenza dalle importazioni di prodotti animali da Paesi terzi, che hanno standard ambientali, di sicurezza alimentare e di benessere animale molto più bassi di quelli imposti agli allevatori dell’UE.

Equiparare gli allevamenti, anche di piccole/medie dimensioni, alle attività industriali, – continua la Coldiretti – appare ingiusto e fuorviante rispetto al ruolo che essi svolgono nell’equilibrio ambientale e nella sicurezza alimentare in Europa. Si tratta peraltro di un approccio ideologico fondato su dati imprecisi e vecchi che va stigmatizzato, anche perché potrebbe avere impatti negativi sull’ambiente con la perdita di biodiversità, paesaggi e spopolamento delle aree rurali.”

Anche Giansanti, presidente di Confagricoltura, si è detto contrario all’esito del voto. “Ringraziamo il ministro Pichetto Fratin e il governo italiano per avere tenuto conto dei rilievi avanzati da Confagricoltura. Bene ha fatto l’Italia a esprimersi negativamente – aggiunge Giansanti – evidenziando l’insostenibilità dell’applicazione della direttiva sugli allevamenti, già fortemente provati da numerose difficoltà“.

E’ stato anche sottovalutato l’impatto sul comparto. Questa decisione – conclude Giansanti – è un disastro per la zootecnia, che viene assoggettata a una serie di impegni burocratici e limitazioni operative che rischiano di compromettere la produttività delle imprese agricole“.

Tommaso Battista, presidente della Copagri, definendo inaccettabile l’orientamento del Consiglio UE sulle emissioni ha ricordatoil fondamentale e imprescindibile ruolo svolto dagli allevamenti in relazione alla tutela idrogeologica del territorio, alla difesa dell’ambiente e della biodiversità e al contrasto allo spopolamento delle aree interne e rurali del Paese.

Il rischio concreto è quello di andare a incidere ulteriormente sulla redditività di un settore che sconta già notevoli difficoltà, a partire dai noti incrementi record dei costi di produzione e dell’energia, e che ora rischia seriamente di venire gravato da nuovi costi e di essere assoggettato a ulteriori e gravosi impegni burocratici e limitazioni operative, che potrebbero compromettere irrimediabilmente la stabilità di un comparto di fondamentale importanza per l’economia e per l’agroalimentare nazionale”, ha aggiunto Battista. “Per tali ragioni, facciamo appello agli europarlamentari italiani, che dovranno ora vagliare il testo, affinché si adoperino per correggere il tiro di una proposta che per il nostro Paese risulta assolutamente negativa”.

I prossimi passi

Ora che il Consiglio ha raggiunto un compromesso su un orientamento generale, i negoziati con il Parlamento europeo possono iniziare non appena quest’ultimo avrà adottato la sua posizione negoziale.