Non riesco a immaginare la mia azienda senza l’impianto biogas”, “E’ un’innovazione che ha coinvolto tutta l’azienda e adesso non saprei come lavorare senza”: sono queste le affermazioni che fanno gli imprenditori agricoli che si sono dotati di un impianto biogas.

Per provare a capirne le ragioni, sintetizziamo quanto accade nell’azienda agricola che ha integrato l’impianto biogas, un’innovazione tecnologica che ha portato con sé numerosi cambiamenti e che ha innescato una vera e propria economia circolare agricola. Ecco il movimento circolare delle diverse attività: la stalla produce alimenti, ma produce anche effluenti che finiscono nell’impianto che produce energia rinnovabile e anche digestato, un fertilizzante organico ricco di azoto, fosforo, potassio e sostanza organica che viene opportunamente distribuito nei campi per alimentare le colture che alimenteranno la stalla. E il ciclo riprende.

Emerge con forza un aspetto: l’azienda agricola, grazie all’impianto, ha la possibilità di sostenere e valorizzare il consolidato mercato del feed/food affiancandogli il nuovo mercato dell’energia. E non è cosa da poco in momenti di volatilità di alcune commodities. Oltre alla sostenibilità economica, in questo ciclo virtuoso si produce anche sostenibilità ambientale, elemento cruciale soprattutto in quest’ultimo periodo in cui l’attenzione sul settore agrozootecnico è molto alta. È importantissimo comprendere e far capire come il nodo degli impatti degli allevamenti non si risolva semplicemente diminuendo le produzioni o il numero dei capi, bensì riducendone le emissioni e rendendoli sempre più efficienti. Si può fare.

Riprendiamo il nostro circolo virtuoso e ripartiamo dalla stalla. Con la presenza del digestore anaerobico, un serbatoio ermeticamente chiuso in cui avviene la fermentazione della biomassa in assenza di ossigeno, si è assunta la pratica di allontanare gli effluenti il più velocemente possibile dalla stalla per convogliarli al biogas. In questo modo si ottengono 4 vantaggi: produzione di energia rinnovabile, meno emissioni di metano, ammoniaca e protossido d’azoto, meno odori e maggior benessere animale. Come si è detto, alla fine del processo di fermentazione si ottiene il digestato, un fattore produttivo di cui l’agricoltore non potrebbe più fare a meno perché, nella pratica, va a sostituire quasi completamente l’utilizzo dei fertilizzanti di sintesi con un concreto risparmio economico e, ancora una volta, con una riduzione degli impatti ambientali: la produzione dei fertilizzanti di sintesi infatti è fortemente energivora e, quindi, fortemente emissiva. Qui, però, si gioca una partita importantissima, quella del corretto utilizzo del digestato. Per contenere le emissioni (protossido di azoto e ammoniaca) e garantire il corretto apporto di nutrienti alla coltura, mantenendo nel suolo il valore nutritivo del digestato, è necessario applicare tecniche di concimazione organica ad alta efficienza: distribuzione rasoterra, interramento immediato con minime lavorazioni, distribuzione in copertura, fertirrigazione con digestato chiarificato e microfiltrato. Qualunque altro sistema, soprattutto se a distribuzione superficiale, sebbene apparentemente più semplice ed economico, in realtà è da considerare a bassa efficienza poiché contribuisce alla perdita del valore fertilizzante del digestato, risultando più emissivo, senza soddisfare completamente il fabbisogno della coltura.

Ma il digestato, oltre a contenere macronutrienti (azoto, fosforo e potassio) e micronutrienti (come ad esempio magnesio, ferro e calcio), ha una caratteristica peculiare che i fertilizzanti chimici non hanno: contiene sostanza organica. Portare carbonio organico nel suolo, soprattutto quando in forma stabile, significa aumentarne la fertilità e contrastare il rischio di desertificazione. Non solo. Ai fini agronomici, una buona dotazione di sostanza organica nel terreno porta numerosi vantaggi: regola i cicli dei nutrienti e dell’acqua e migliora la struttura fisica rendendola più stabile, aumenta la resilienza agli eventi meteorologici e incrementa la biodiversità del suolo, accresce il turnover di sostanza organica e nutrienti, ed accelera la degradazione degli inquinanti. Nel prossimo futuro, la ricarbonizzazione del suolo sarà una partita molto importante per l’agricoltura poiché è l’unico settore che, contribuendo attivamente ed in maniera economica alla lotta al cambiamento climatico attraverso l’apporto di carbonio organico ai propri suoli, ne può trarre beneficio aumentandone la fertilità. Per questo, è allo studio della Commissione Europea, l’ipotesi di valorizzare anche economicamente lo stoccaggio di carbonio nel suolo agrario nel prossimo futuro. Il digestato a quel punto sarà un elemento chiave della gestione dei terreni agricoli poiché fertilizzante organico rinnovabile.

Abbiamo toccato in modo molto sintetico alcuni dei temi centrali per lo sviluppo del settore agricolo e zootecnico e cuore dell’iniziativa presentata lo scorso ottobre che abbiamo chiamato Farming for Future. 10 azioni per coltivare il futuro, progetto ideato ed elaborato dal CIB-Consorzio Italiano Biogas. È una road map al 2030 per la trasformazione agroecologica dell’agricoltura finalizzata a contrastare la crisi climatica e a tutelare il suolo, risorsa non rinnovabile fondamentale per sostenere le produzioni in un mondo in continua crescita demografica. Il nostro slogan è produrre di più con meno perché aumentare l’efficienza d’uso di tutte le risorse (acqua, fertilizzanti, semi, energia…) è essenziale nell’economia circolare che l’azienda agricola e agrozootecnica può mettere in campo traguardando le linee di sviluppo del Green Deal e della futura Politica Agricola Comune.

I temi di Farming for Future sono moltissimi e invitiamo tutti a seguirci sul sito www.farmingforfuture.it per avere aggiornamenti e approfondimenti sulle 10 azioni che nel corso dell’anno verranno trattate. Vi invitiamo inoltre ad entrare nel circuito anche via social partecipando attivamente al nuovo gruppo Facebook Farming for Future.