Latte di cavalla delle steppe

Nelle sterminate pianure delle steppe dell’Asia centrale, che superando gli Urali sconfinano nell’Europa, da tempi immemorabili vivono popolazioni umane. Tra queste, circa cinquemila anni fa, nei territori dell’attuale Kazakistan si trovava anche il popolo Botai con una cultura legata ai cavalli. Se in tempi molto più antichi il cavallo era per l’uomo un animale cacciato per mangiarne la carne, i ricercatori ora affermano che i Botai, se non per primi almeno tra i primi, addomesticarono i cavalli selvatici (Equus ferus), facendone un nuovo mezzo di trasporto e di guerra, dando origine a leggende come quelle dell’uomo-cavallo o Centauro, delle Amazzoni e delle Valchirie. L’addomesticamento del cavallo trova riferimento negli studi sulla cultura dei Botai con il ritrovamento di ceramiche contenenti latte di giumenta e di ossa di cavallo con segni rivelatori di essere stati allevati dopo l’addomesticamento in un periodo intorno al 3.500 a. C., quasi mille anni prima rispetto a quanto precedentemente ritenuto. Ora si pensa che i cavalli Botai siano tra gli antenati dei cavalli di Przewalskie, contribuendo anche alla formazione dei moderni cavalli domestici, e si ritiene anche che i Botai siano stati tra i primi a raccogliere il latte di cavalla facendolo fermentare e ottenendo una bevanda tipica delle steppe asiatiche che è arrivata fino a noi: il kumis, bevanda alcolica che gli assaggiatori moderni paragonano ad uno champagne mescolato alla panna acida.

Latte alcolico di cavalla

La cavalla non è l’unico animale che l’uomo ha addomesticato e di cui ha imparato ad usare e trasformare il latte: basta ricordare la vacca, la bufala, la pecora, la capra, l’asina, la cammella, la renna, la femmina dello yak. Ogni specie animale ha un tipo di latte che si correla alla velocità di sviluppo del neonato ed alle condizioni ambientali e che influenza la sua trasformazione da parte dell’uomo. Il latte di cavalla è quello che, tra tutti quelli degli animali domestici, ha la maggior quantità di lattosio (+6 g, contro i 3-4 g dei ruminanti), una quantità che si avvicina a quella del latte di donna (7 g). Il latte di cavalla, per il suo elevato contenuto di lattosio, quando fermenta può dare origine ad acidi, tra i quali soprattutto l’acido lattico e l’alcole etilico, divenendo una bevanda inebriante con un contenuto alcolico del 2-4 %, quindi con percentuali simili a quelle delle birre ottenute da cereali.

Per migliaia di anni, i “popoli delle steppe” si sono adattati perfettamente ad una vita nomade fondata sull’allevamento di cavalli dai quali ottengono un latte che trasportano in sacchi di pelle appese ai fianchi del cavallo,latte che per il suo elevato contenuto di zucchero quando fermenta diviene acido ed una bevanda alcolica denominata kumis o koumiss. La fermentazione acida del lattosio è prodotta dai batteri lattici e porta alla formazione del ben noto yogurt. Protagonista della fermentazione alcolica del lattosio del latte è un lievito del genere Saccharomyces che trasforma lo zucchero in anidride carbonica ed alcol etilico. La fermentazione alcolica avviene in due tappe: la prima consiste nella decarbossilazione del piruvato, la seconda nella riduzione dell’acetaldeide ad etanolo. Nella prima fase il lievito svolge un’azione aerobica poiché respira l’ossigeno presente nell’aria trasformandolo in anidride carbonica ed acqua; nella seconda fase il Saccharomyces si ritrova invece in condizioni anaerobie, per cui utilizza l’energia dello zucchero per moltiplicarsi e trasformare l’acetaldeide in etanolo e anidride carbonica. Tra i latti acido-alcolici, il kefir ed il kumis sono bevande lattee fermentate e spumeggianti. Il Kefir è ottenuto da lievito torula (fermentazione alcolica), Lactobacillus brevis, L. casei, Leuconostoc mesenteroides e Saccharomyces cerevisiae, mentre il Kumis si ottiene da latte fermentato con una coltura pura di Koumiss.

Per i guerrieri vaganti come Gengis Khan e Attila l’Unno, le giumente forniscono carne, latte acido o alcolico e sono il mezzo di trasporto. Il latte di cavalla non fermentato è così ricco di lattosio da avere un effetto lassativo e gli sono attribuite alcune proprietà medicinali. In Asia centrale, le madri nutrono i bambini con il latte acido a basso contenuto di alcol mentre gli adulti preferiscono la versione alcolica. Intorno al 1250, il francescano Guglielmo di Rubruck, inviato dal Re di Francia Luigi IX per raccontare le tradizioni dei popoli delle steppe asiatiche, descrive il kumis come un alcolico leggero che punge sulla lingua come vino asprigno e lascia in bocca il sapore del latte di mandorla e ne è entusiasta, affermando che la bevanda rende l’uomo più gioioso. Marco Polo (1254 – 1324) suoi viaggi descritti ne “Il Milione di Marco Polo” chiama chemisi questo latte alcolico. Diverse altre sono le denominazioni e tra queste kumiss, koumiss, kymys, kymyz, kumisz, kymyz o qymyz, kımız in turco, qımızin in tataro, qɯmɯ́z in kirghizo, qımıð in baškira, kımıs in lingua sacha ed in Mongolia, la bevanda è chiamata ajrag. La presenza in Asia di una bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del latte di giumenta è tanto ampia quanto lo sono le steppe centroasiatiche ed in ogni regione prende un nome diverso in base al popolo ed alla cultura in cui è prodotta. Ad esempio, i Turchi la chiamano kumiz mentre i Mongoli la definiscono airag ed i russi araga, definendo invece kumis una sorta di yogurt.

Erodoto nelle sue Storie del V secolo a.C. descrive la lavorazione del latte di giumenta da parte degli Sciti e afferma che questi accecano i loro schiavi per usarli nella preparazione del latte di cavalla che è versato e fatto fermentare in botti di legno. In tempi più recenti, nel XIII secolo il già citato Guglielmo di Rubruck riferisce che il latte di giumenta è lavorato in un grosso recipiente e zangolato con un bastone fino a quando comincia a bollire come vino nuovo e, quando è leggermente piccante, è pronto per essere bevuto. Rubruk afferma anche che i mongoli apprezzano una particolare varietà di kumiss nero chiamata caracosmos e prodotta con il latte di cavalle nere.

In Unione Sovietica nel 1982 vi erano 230.000 cavalle destinate alla produzione di latte da trasformare in kumis. La mungitura di questi animali richiede molta abilità: per compiere questa operazione i mungitori mongoli si piegano su un ginocchio con un secchio appoggiato sull’altro, sostenuto da una corda legata ad un braccio; un braccio è avvolto dietro la zampa posteriore della giumenta e l’altro davanti. La presenza del puledro, che è mantenuto al fianco della cavalla, avvia il flusso del latte. In Mongolia la stagione della mungitura dei cavalli tradizionalmente va tra metà giugno e l’inizio di ottobre e durante una stagione una cavalla produce da 1000 a 1200 litri di latte, di cui circa la metà è lasciata ai puledri.

Che tutto questo sia avvenuto nelle steppe dell’Asia dove non si praticava l’agricoltura non deve stupire, anche perché si tratta delle stesse regioni in cui si era sviluppato lo sciamanesimo.

Latti inebrianti e sciamanesimo

Il latte inebriante non a caso nasce nelle steppe dell’Asia, patria degli sciamani che usano sostanze psicoattive. Tra gli antropologi si va diffondendo l’idea che le sostanze psicoattive siano da considerare parte integrante di ogni cultura umana, fondamentali per il comportamento sociale dell’uomo. Secondo Sherratt (1995) il mondo dovrebbe essere diviso in tre grandi aree. Al centro delle zone continentali del pianeta, dove origina l’agricoltura e la vita urbana, vi è l’uso di bevande alcoliche ottenute da frutta e cereali. A Nord di tali zone, foglie e semi narcotici di piante annue (papavero hashish, tabacco, stramonio…) sono consumate, solitamente mediante il fumo, mentre per quanto riguarda l’Eurasia orientale, quest’uso è avvenuto nell’ambito della cultura degli sciamani. A Sud delle zone agricole, foglie e frutti stimolanti d’arbusti perenni (cola, qat, caffè, the, betel, coca, picheri…) sono masticate, talvolta inalate oppure messe in infusione. Masticare e fiutare sembrano essere stati i modi originari di consumo di vegetali contenenti sostanze psicoattive e sono gli sciamani che utilizzando il fuoco inalano le sostanze psicoattive sotto forma di fumi.

Nella storia dell’umanità sono stati sviluppati diversi metodi per ottenere bevande alcoliche: la birra di mais chiamata chicha dell’America, il vino di cacao delle popolazioni mesoamericane, il vino di palma in Africa, il tradizionale vino ottenuto dalla vite e la birra di malto e orzo. Il popolo soprattutto maschile usa invece bere liquidi inebrianti contenenti alcole ricavato dalla fermentazione degli amidi e degli zuccheri dei vegetali, soprattutto di quelli coltivati, ma che non sono disponibili per i popoli nomadi e pastori come possono essere quelli delle steppe asiatiche che hanno solo il latte di cavalla, ricco di zucchero lattosio, per procurarsi una bevanda alcolica inebriante. Per i nomadi che da secoli abitano le inospitali steppe dell’Asia centrale era praticamente impossibile (per ovvi motivi legati allo stile di vita ed alle condizioni climatiche e ambientali) ottenere una bevanda dalla fermentazione di parti di piante. Per questo motivo il kumis si è rivelata la soluzione perfetta perché è ottenuto dal latte delle giumente che hanno sempre accompagnato le popolazioni dell’Asia centrale.

Kumis bevanda inebriante

Il kumis è un fermentato di latte crudo non pastorizzato di giumenta spesso ottenuto mescolando o agitando il latte. Durante la fermentazione, i batteri lattobacilli acidificano il latte ed i lieviti lo trasformano in una bevanda gassata e leggermente alcolica. Tradizionalmente la fermentazione avveniva in contenitori di pelle di cavallo appesi e di tanto in tanto capovolti, o legati alla sella di cavallo e così agitati per una giornata durante la cavalcata. Adesso si usa un barile o una vasca di legno o di plastica.

Nella moderna produzione controllata, la fermentazione iniziale dura da 2 a 5 ore ad una temperatura di circa 27° C (81° F) che può essere seguita da un periodo con una più bassa temperatura con la produzione di un fermentato che contiene alcole etilico in una concentrazione compresa tra 0,7% e 2,5% paragonabile ad una birra leggera, la bevanda più comune dell’Europa medievale ed usata in sostituzione dell’acqua frequentemente contaminata.

La concentrazione alcolica del kumis può essere aumentata con una distillazione a freddo, tecnica utilizzata dai nomadi dell’Asia centrale, con la formazione di una bevanda distillata nota come araka o arkhi. Oggi diverse aziende producono il kumis che al massimo contiene il 2% di alcol e soltanto i popoli delle steppe producono kumis tradizionali e più alcolici. La maggior parte delle versioni di kumis in commercio sono realizzate con latte misto equino e vaccino fortificato.

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie.

Da solo ed in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti ed originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia ed in particolare all’antropologia alimentare e danche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e 50 libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.