L’interesse per le interazioni simbiotiche tra ospite ed i miliardi di microrganismi che compongono il microbioma è recente. Il microbioma intestinale ha un ampio spettro di funzioni (protettive, strutturali, metaboliche) che influenzano la salute dell’ospite: i microrganismi sono responsabili della digestione dell’alimento, della sintesi di alcune vitamine (B12 e K per esempio) ed impediscono la colonizzazione da parte di specie patogene. I mammiferi non possiedono un corredo enzimatico adatto alla degradazione dei carboidrati strutturali vegetali e la relazione simbiotica instaurata con alcune popolazioni microbiche in grado di digerire tali composti è fondamentale per animali erbivori, ruminanti soprattutto. Il microbioma intestinale è in grado di supportare e stimolare la crescita dell’epitelio intestinale, dei microvilli come anche di modulare la risposta immune innata ed acquisita.

E’ stato dimostrato che vi sono interazioni anche con organi distanti attraverso la produzione di ormoni che, rilasciati in circolo, agiscono sia sul sistema nervoso enterico (SNE), sia su fegato o addirittura sull’encefalo. L’impiego di animali “germ-free” ha permesso di evidenziare l’influenza del microbioma intestinale su risposta allo stress, comportamenti simili all’ansia, sviluppo sociale, sintesi di neurotrasmettitori e precursori, attivazione delle cellule della microglia, neurogenesi, regolazione della trascrizione genica, mantenimento dell’integrità della barriera emato-encefalica.

Il microbioma intestinale è in grado di sintetizzare differenti molecole ad azione ormonale, con implicazioni sulla funzione e sul metabolismo di organi distanti. I microrganismi del tratto gastrointestinale rispondono ai segnali provenienti da altri organi e a loro volta sono in grado di modificare la funzionalità di altri distretti all’interno dell’ospite.  La comprensione dell’espressione genica e delle interazioni tra ospite e microbioma è essenziale per un utilizzo vantaggioso delle capacità endocrine della popolazione microbica, al fine di migliorare la salute dell’ospite.

Il microbioma intestinale: sviluppo, composizione e metabolismo

Dopo la nascita il tratto gastroenterico del bambino è colonizzato da 1013 – 1014 microrganismi. Tra questi sono compresi anaerobi stretti, virus, protozoi, archaea e funghi. Negli animali monogastrici e nell’uomo predominano i generi Bacteroides, Clostridium, Bifidobacterium, Eubacterium, Lactobacillus, Enterobacteriaceae, Streptococcus, Fusobacterium, Peptostreptococcus, Propionobacteriumi. I poligastrici ospitano nel loro rumine le specie in grado di fermentare le fibre vegetali quali Fibrobacter, Ruminococcus, Butyrivibrio, Bacteroides ed altri gruppi come Prevotella, Selenomonas, Streptococcus, Lactobacillus, Megasphaera ed altri batteri metanogeni. Sebbene l’ecosistema ruminale sia stato ampiamente studiato, si è ancora lontani dal comprendere completamente le interazioni tra popolazioni microbiche ed ospite.

Molti fattori possono influenzare lo sviluppo del microbioma: dieta, caratteristiche materne, età gestazionale, tipo di parto. Le implicazioni di questa variabilità potrebbero ricadere sullo sviluppo neuronale al punto tale che interventi esterni nei primi periodi di vita sarebbero in grado di modificare la risposta allo stress e la salute mentale dell’età adulta. E’ stato dimostrato, poi, che una colonizzazione microbica appropriata del tratto gastroenterico ha importanza per lo sviluppo postnatale, per una eccitabilità neuronale fisiologica nel SNE così come per la proliferazione epiteliale. I neonati nati da parto eutocico mostrano colonizzazione del tratto gastroenterico da parte della flora vaginale della madre, mentre in quelli nati tramite taglio cesareo prevale la flora cutanea materna; questi ultimi presentano anormale risposta immunitaria a breve termine e maggior rischio di sviluppo di malattie autoimmuni. La composizione iniziale del microbioma intestinale è in grado di influenzare la qualità della vita dell’ospite in un periodo successivo. In uno studio, i vitelli alimentati con colostro per i primi 14 giorni di vita mostravano un minore intervallo di tempo (108 giorni) di stress intestinale rispetto a quelli alimentati con sostituti del latte, come dimostrato dalla presenza di diarrea. Il colostro bovino è ricco di batteri dei generi Lactobacillus e Bifidobacterium, cui appartengono le specie comunemente incluse nei probiotici utilizzati tanto negli animali quanto nell’uomo.

La colonizzazione postnatale del tratto gastrointestinale è essenziale per lo sviluppo di una risposta immunitaria innata ed acquisita adeguate: essa evoca infatti un processo infiammatorio autolimitante che non causa danno ai tessuti dell’ospite ed esita in immunotolleranza. L’invasione da parte di specie patogene invece scatena una reazione infiammatoria potente. L’epitelio intestinale è in grado di liberare composti quali citochine e chemochine che giocano un ruolo essenziale nel reclutamento delle cellule infiammatorie ed immunitarie deputate a limitare la crescita e l’invasività delle specie riconosciute come dannose. L’attività metabolica batterica comprende la produzione di acidi grassi a corta catena, la modifica del potenziale redox intestinale, la produzione di batteriocine e l’alterazione del microambiente. La composizione della dieta ha una influenza significativa sulla funzionalità del tratto gastroenterico: nella specie bovina si è osservata differenza nel profilo immunologico tra manze al pascolo e manze allevate in box con dieta a base di concentrati. Tra queste, vi era una minore produzione di interferone gamma e di citochine provenienti dall’intestino tenue. Modificare la flora intestinale per controllare l’espressione di fattori pro-infiammatori potrebbe rivelarsi una valida strategia per migliorare l’accrescimento ed il metabolismo dei vitelli. Infine la maturazione del tratto gastrointestinale richiede l’attivazione e lo sviluppo di una motilità efficace, di una superficie di assorbimento idonea e della rete vasale capillare affinché i nutrienti possano essere assorbiti: negli animali “germ-free” queste caratteristiche sono alterate.

Il contributo maggiore del microbioma intestinale rimane comunque la produzione di acidi grassi a corta catena tra cui butirrato, acetato e propionato in seguito alla fermentazione delle fibre e dei carboidrati vegetali. Tra i batteri che assolvono a questa funzione troviamo Bacteroides, Bifidobacterium, Propionobacterium, Eubacterium, Lactobacillus, Clostridium, Roseburia e Prevotella. Gli acidi grassi a corta catena sembrano avere effetti benefici sull’ospite: ad essi si attribuisce azione antiinfiammatoria, nonché la capacità di modulare i processi apoptotici ed immunitari. Il butirrato è considerato anticarcinogenico in quanto influisce sul grado di acetilazione degli istoni del DNA permettendo l’accesso agli enzimi con funzione di riparazione delle catene nucleotidiche. Il butirrato di sodio ha effetto antidepressivo nei modelli sperimentali murini mentre nelle cellule bovine è associato a crescita e proliferazione, modulazione della risposta immunitaria, trasduzione di segnali intercellulari. L’acetato è utilizzato come fonte di energia nelle cellule muscolari, epatiche, e appartenenti a tessuti periferici. Il propionato, infine, è metabolizzato nel fegato e nel tessuto adiposo, contribuisce a generare la sensazione di sazietà e incrementa la sensibilità all’insulina. Il microbioma è in grado di modulare la disponibilità di triptofano, l’aminoacido precursore della serotonina, all’interno del SNE. Microrganismi come Escherichia spp., Candida spp., Streptococcus spp. e Enterococcus spp. sono essi stessi in grado di sintetizzare serotonina.

L’aumento dell’incremento ponderale indotto dall’utilizzo di antibiotici è un fenomeno ben conosciuto negli animali da reddito. Gli animali “germ-free” necessitano di una dieta con un maggior contenuto calorico per ottenere lo stesso accrescimento del gruppo di controllo. L’inoculazione di topi “germ-free” con popolazioni batteriche di topi obesi ha condotto ad obesità anche nei topi “germ-free”; al contrario, l’inoculazione con microflora proveniente da topi che perdevano rapidamente condizione corporea permetteva ai “germ-free” di ottenere lo stesso risultato anche nei topi inoculati. L’obesità nell’uomo è associata ad alterazioni della composizione del microbioma quali la diminuzione della popolazione di Bacteroidetes  e l’incremento di Firmicutes.

Per quanto riguarda la risposta ad eventi stressanti, è noto che sotto stimolazione stressogena il sistema endocrino produce vari ormoni: glucocorticoidi e catecolamine principalmente. La presenza di catecolamine nel tratto gastroenterico stimola la liberazione di ferro dalle proteine chelanti come le lattoferrine e transferrine. Il ferro è essenziale per la proliferazione delle popolazioni batteriche gram-negative: la sua maggiore disponibilità esita nell’aumento della capacità di crescita batterica. Ciò potrebbe influenzare la colonizzazione del tratto intestinale da parte di ceppi batterici quali Escherichia coli O157:H7, Salmonella enterica ed altri patogeni importanti per la Sanità Pubblica.

Impiego dei probiotici negli animali da reddito

I probiotici sono definiti come “organismi vivi che quando somministrati in quantità adeguate possono conferire benefici alla salute dell’ospite”.

Gli animali allevati sono spesso soggetti a fattori stressogeni ambientali che possono alterare l’equilibrio del microbioma intestinale. I probiotici, inoltre, sono stati recentemente impiegati in alternativa all’uso di antibiotici come promotori di crescita, anche in conseguenza della crescente antibiotico resistenza.

Nei ruminanti è stato riportato che la somministrazione di latte addizionato con Lactobacillus acidophilus-15, Saccharomyces cerevisiae NCDC49, o con E. coli ceppo Nissle 1917 era efficace nella profilassi della diarrea neonatale. Il probiotico maggiormente impiegato nell’allevamento dei ruminanti contiene lieviti vivi di S. cerevisiae, con benefici sulla capacità di ingestione, produzione lattea e accrescimento. In corso di acidosi ruminale è in grado di stabilizzare il pH ambientale e di stimolare la crescita di specifici protozoi ciliati che competono con la popolazione dei batteri lattici, limitando la produzione di lattato.

Nelle specie avicole i probiotici sono impiegati soprattutto per l’esclusione competitiva esercitata nei confronti di specie patogene che possono ripercuotersi non solo sulla salute e sulle performance degli animali ma anche sulla Salute Pubblica attraverso la catena alimentare. Questa tecnica è considerata la più efficace ed al contempo innocua per controllare i disturbi intestinali nell’allevamento avicolo e limitare la colonizzazione da parte di Salmonella, Campylobacter jejuni, Listeria monocytogenes. Clostridium perfringens ed E. coli patogeni. Il probiotico Lactobacillus ceppo 12 nei broilers ha dimostrato effetti positivi sull’accrescimento, sul tasso di conversione alimentare e sulla tendenza al deposito di grasso addominale.

Nell’allevamento suinicolo i probiotici sono impiegati in corso di disturbi intestinali, per ridurre il carico patogeno intestinale in condizioni di allevamento intensivo o come alternativa all’uso di antibiotici nell’alimento. I più utilizzati includono Saccharomyces boulardii, Lactobacillus spp., Enterococcus spp., Pediococcus spp., Bacillus spp. L’associazione di Lactobacillus plantarum con maltodestrine e fruttolisaccaridi ha permesso la riduzione della conta di E. coli O8:K88 nel digiuno dei suinetti trattati, mentre Lactobacillus sobrius si è dimostrata efficace nel ridurre la conta di E. coli enterotossigeno nell’ileo di suinetti post-svezzamento ed ha conferito un maggiore incremento medio ponderale giornaliero.

The gut microbiome ad a virtual endocrine organ with implications for farm and domestic animal endocrinology

O’Callaghan T.F. et al.

Domestic animal endocrinology 56 (2016) S44-S55

doi:10.1016/j.domaniend.2016.05.003