Come guardano e vedono gli animali

Un gatto guarda l’uomo dall’alto, un cane lo guarda dal basso e il maiale lo guarda dritto negli occhi come un suo pari, sembra abbia narrato Winston Churchill, che non ha però specificato come una vacca o un altro ruminante veda l’uomo. Al di fuori di opinioni e di aforismi come quello attribuito a Winston Churchill, la visione degli animali non è più un mistero totale e la sua conoscenza non è più soltanto un argomento teorico ma anche pratico. Sapendo come gli animali vedono possiamo infatti stabilire migliori rapporti con loro e costruire allevamenti più confacenti al loro benessere.

Per la visione, molto importante è la forma della pupilla dell’occhio, ovvero la fessura/foro situato al centro dell’iride, di forma e diametro variabile, che permette l’entrata della luce all’interno del bulbo oculare. Dimensioni e forma della pupilla sono regolate, in base all’intensità luminosa ambientale, da muscoli che dipendono dal sistema neurovegetativo: quando ci si ritrova in un ambiente buio il muscolo la dilata (midriasi) per ricevere maggior quantità di luce, viceversa si restringe (miosi) in presenza di molta luce, come avviene in un obiettivo fotografico con il diaframma.

Nelle specie animali le pupille possono essere circolari, fenditure verticali o orizzontali o di forma sinuosa a W. Queste forme non sono casuali ma dipendono dall’ambiente di vita dell’animale e soprattutto dal suo essere un erbivoro cacciato o un carnivoro cacciatore. Una ricerca condotta presso l’Università Berkeley della California, riguardante 214 specie di animali terrestri, mostra che le specie con gli occhi indirizzati davanti della testa e con pupille a forma di fenditure verticali come il gatto hanno maggiori probabilità di essere predatori in agguato attivi di giorno e di notte, mentre le pupille circolari sono presenti in animali che inseguono la loro preda. Gli animali con gli occhi ai lati della testa e con le pupille lineari allungate orizzontalmente, come i ruminanti ed altri animali erbivori, hanno invece un’estrema probabilità di essere specie cacciate e prede di animali carnivori.

Occhi e pupille dei ruminanti

Occhi posti ai lati della testa e pupille allungate orizzontalmente, salvo poche eccezioni, corrispondono ad animali al pascolo come i ruminanti (ovini, caprini, bovini, cervi e altri) e gli equini. Questo posizionamento degli occhi allarga il campo visivo e permette di avvistare un predatore che si avvicina e dal quale difendersi con la fuga, mentre le pupille allungate orizzontalmente, allineate con il terreno, permettono di ottenere una più ampia visione nelle parti anteriori e laterali. Il taglio lineare, restringendosi quasi a una fessura orizzontale,  aiuta a limitare la quantità di luce abbagliante proveniente dal sole in modo che l’animale possa vedere meglio il terreno circostante.

Il primo requisito visivo chiave per questi animali è rilevare i predatori in avvicinamento che di solito provengono da terra, e da qui il bisogno di vedere panoramicamente l’ambiente circostante con minimi punti ciechi. Il secondo requisito fondamentale è che, una volta rilevato un predatore, il ruminante deve vedere dove correre velocemente e saltare sopra gli ostacoli. Quando i ruminanti abbassano la testa per mangiare, i loro occhi ruotano mantenendo l’allineamento orizzontale delle pupille con il terreno, e lo stesso avviene quando corrono. Questo è reso possibile dal fatto che i loro occhi possono ruotare di cinquanta gradi con un raggio di rotazione dieci volte maggiore di quello degli umani. La possibilità di ruotare gli occhi quando la testa è piegata in basso per mangiare e, soprattutto, quando l’animale corre, mantenendo sempre la pupilla allineata con il terreno, è possibile con un movimento, anche in direzioni opposte nei due occhi, noto come ciclovergenza. Nei ruminanti, ciascun occhio può ruotare di 50° gradi, forse di più, mentre nell’uomo questo movimento è solo di pochi gradi. Se le pupille allungate verticalmente aiutano gli animali carnivori predatori a catturare la loro preda, le pupille allungate orizzontalmente e stabilizzate durante la corsa sono d’aiuto agli erbivori quando corrono per evitare i loro predatori.

Come vedono i bovini

Con gli occhi posizionati sul lato della testa, i bovini hanno un’ampia visione panoramica a largo raggio di 330° gradi e una più ristretta visione binoculare di 25° – 50°. Questi due campi visivi consentono una buona individuazione dei predatori e al tempo stesso un sufficiente campo visivo per il riconoscimento del cibo di cui nutrirsi, pur creando un inevitabile punto cieco dietro all’animale. Quest’ultimo non è però un grave inconveniente nelle specie di ruminanti che vivono in branco, nel quale i diversi animali nel loro insieme sviluppano una visione completa del territorio circostante che fa in modo che il branco o gregge possa individuare i predatori da qualsiasi parte essi arrivino.

I bovini con le loro pupille a forma di fessura orizzontale hanno muscoli oculari relativamente deboli, che inibiscono la loro capacità di concentrarsi rapidamente sugli oggetti vicini o lontani. Questi animali distinguono bene i colori delle lunghezze d’onda lunghe (giallo, arancione e rosso) e meno quelli delle lunghezze d’onda più corte (blu, grigio e verde) e questo, si pensa, può aver aiutato la loro risposta e sopravvivenza quando un membro della mandria è attaccato e viene versato del sangue. In un ambiente con molti colori i bovini li distinguono tutti da uno sfondo grigio eccetto il blu, ma hanno una scarsa percezione della profondità e quindi della distanza di quanto vedono, anche per la scarsa visione binoculare.

Agli studenti di veterinaria e di agraria è insegnato che i ruminanti hanno un astigmatismo naturale: sono infatti miopi nella parte inferiore del loro campo visivo per una visione vicina e presbiti in quella superiore per una visione lontana, e questo per la necessità di vedere cosa stanno mangiando e allo stesso tempo notare il predatore in lontananza. Anche per questo i bovini muovono continuamente la testa, per vedere meglio quanto è vicino e quanto è lontano. A causa della loro scarsa percezione della profondità e della mancanza di definizione di fini dettagli, i bovini spesso esitano e si rifiutano di attraversare un’ombra o una griglia di drenaggio, e quando l’allevatore guida macchinari attraverso una mandria, il bestiame dà l’impressione di non rendersi conto di quanto sia vicino il trattore finché non lo tocca, o quasi. Per questo anche i loro spostamenti si compiono meglio in ambienti ben illuminati da una luce diffusa.

Vista dei bovini negli allevamenti

Guardare il movimento della testa dei ruminanti è un’importante fonte d’indizi che aiutano a conoscere quello che l’animale sta cercando di capire. Ad esempio, per stabilire quanto un oggetto o una persona siano lontani, il bovino alza e abbassa la testa in un adattamento visivo. Nella stalla, se l’uomo vuole che un bovino si muova in avanti anziché indietro, deve creare un movimento invece di stare completamente immobile, aiutando l’animale a capire che non è un predatore in agguato e permettendogli di vederlo meglio e identificarlo. Inoltre, l’animale è molto più incline a muoversi quando vede dove può andare rispetto ad un posto che non può vedere.

I bovini hanno una buona memoria visiva e gli piace tornare dove sono già stati: questo spiega il facile utilizzo dei robot di mungitura una volta che gli animali l’hanno identificato, soprattutto se è ben illuminato e di uno dei colori che vedono meglio (giallo, arancione e rosso). Ancora da precisare è l’uso dei colori nelle stalle e nelle strutture di allevamento, considerando che il colore grigio del cemento che predomina è certamente il meno utile per un’identificazione degli spazi da parte dei bovini.

Una particolare attenzione va infine data ad una buona funzionalità dell’apparato visivo dei bovini in stalle libere e soprattutto negli allevamenti bradi e nei greggi di ruminanti, perché animali con malattie degli occhi che creano disturbi della visione provocano problemi comportamentali e di prensione dell’alimento, non solo con sofferenze dell’animale ma anche con riduzione dell’alimentazione e delle produzioni zootecniche. La vista è importante anche per altre attività: si è osservato ad esempio che una buona visione è molto importante per i tori che negli allevamenti devono identificare le vacche in estro ed essere in grado di vederle per accoppiarsi con loro.

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie.

Da solo ed in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti ed originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia ed in particolare all’antropologia alimentare e danche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e 50 libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.