Il virus della diarrea virale bovina (BVDV, famiglia Flaviviridae, genere Pestivirus) è un patogeno ubiquitario del bestiame e può causare malattie gastrointestinali, respiratorie e problemi riproduttivi nei bovini. L’infezione da BVDV delle popolazioni di linfociti e monociti determina la soppressione immunitaria e la disseminazione sistemica del virus a più organi, compresi gli apparati digerente e riproduttivo. Nelle bovine gravide, il BVDV può attraversare la placenta e infettare il feto, causando aborto, malformazioni congenite o nascita di vitelli immunotolleranti con infezione persistente (BVDV-PI) che, fungendo da serbatoio, potranno contagiare altri animali.

Questa patologia ha un impatto economico significativo nella realtà degli allevamenti bovini. Nonostante i vaccini siano disponibili da più di 50 anni, l’ampia diversità genetica e antigenica nei ceppi circolanti di BVDV rappresenta una sfida per la loro efficacia.

Negli ultimi 20 anni, la comunità scientifica ha però scoperto il principale recettore cellulare dell’ospite che media l’infezione da BVDV (CD46), e l’area in cui il virus si lega a quel recettore causando l’infezione nelle bovine.

Un gruppo di ricercatori ha quindi modificato questo sito di legame per bloccare l’infezione e per produrre il primo vitello geneticamente modificato con resistenza al virus della diarrea virale bovina (BVDV). L’obiettivo era utilizzare la tecnologia dell’editing genetico per alterare leggermente CD46 in modo da non permettere il legame con il virus ma mantenere tutte le sue normali funzioni nell’animale. Ad essere interessata dalla modifica è infatti una sequenza di sei amminoacidi nel sito di legame.

Lo studio pubblicato su PNAS Nexus a maggio 2023 è il risultato di una collaborazione tra l’Agricultural Research Service (ARS), principale agenzia di ricerca scientifica interna del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA), l’Università del Nebraska-Lincoln, l’Università del Kentucky e i partner Acceligen e Recombinetics, Inc.

Questa idea è stata inizialmente testata in vitro, con risultati molto positivi. In seguito i ricercatori hanno modificato le cellule della pelle del bestiame per sviluppare embrioni portatori del gene alterato. Questi embrioni sono stati trapiantati in vacche surrogate per verificare se questo approccio potrebbe ridurre l’infezione virale anche negli animali vivi.

La prova ha avuto successo e il primo vitello con il gene CD46 modificato, chiamato Ginger, è nato sano il 19 luglio 2021. Il vitello è stato osservato per diversi mesi e successivamente sottoposto a test con il virus per determinare se potesse essere infettato. È stato inoltre tenuto per una settimana con un vitello da latte con un’infezione persistente da BVDV, dimostrando una suscettibilità significativamente ridotta al virus che non ha provocato effetti avversi sulla salute osservabili.

Gli scienziati continueranno a osservare da vicino la salute e la capacità di Ginger di generare e allevare i propri vitelli.

Questo studio proof-of-concept ha mostrato che alterazioni intenzionali nel CD46 hanno causato una drastica riduzione della suscettibilità al BVDV in un vitello geneticamente modificato senza causare effetti avversi evidenti nei primi 20 mesi di vita.

Si tratta di un primo esempio delle potenzilaità dell’editing genetico per ridurre l’impatto di una grave malattia virale nei bovini. Questo approccio potrebbe significativamente il benessere degli animali e contribuire a ridurre l’uso di antibiotici in zootecnia, dato che l’infezione da BVDV mette i vitelli a rischio di malattie batteriche secondarie.