Formaggi a pasta filata

Originari dell’Italia meridionale sono i formaggi a pasta filata, ottenuti con la lavorazione della cagliata con acqua bollente che trasforma la caseina in fili sottilissimi e lunghissimi (da dieci grammi si possono infatti tirare filamenti della lunghezza superiore ad un metro). La cagliata fila quando dal paracaseinato di calcio è eliminato parte del calcio combinato alla caseina e quando con la filatura la pasta fusa è sottoposta ad uno stiramento delle micelle caseiniche, saldate dalla coagulazione del latte e rese mobili dall’acidificazione della cagliata.

Nella produzione dei formaggi a pasta filata, la cagliata è sottoposta all’azione dell’acqua bollente e a rotazioni che provocano dei mutamenti della sua struttura con la formazione di filamenti in masse più o meno grandi che, spezzate o mozzate, e da qui il nome di mozzarella, costituiscono anche le scamorze e altri formaggi. Nel complesso procedimento artigianale sviluppato nel corso di secoli, e tramandato dai casari di generazione in generazione, si ha un dilavamento della cagliata con perdita di grasso. Il liquido di filatura che residua dalla produzione dei formaggi a pasta filata è aggiunto al siero di latte dal quale si ottiene una panna ricca di grasso. I formaggi freschi a pasta filata come le mozzarelle subiscono un solo trattamento termico, la filatura. I formaggi a pasta filata semi-duri (scamorze, cacetti ecc.) e duri (caciocavalli, provoloni ecc.) prima della filatura subiscono invece una cottura e la cagliata, rotta in piccole dimensioni, è riscaldata con acqua e/o siero a 75 – 85 °C, portando la temperatura della massa caseosa a 40 – 45 °C o fino a 50 °C. Si ottiene così un formaggio con meno acqua e più conservabile.

La filatura, il processo che trasforma la cagliata nella struttura fibrosa della mozzarella, avviene quando il pH ha raggiunto il giusto livello. Nei caseifici tradizionali invece della misura del pH il casaro effettua la prova di filatura: un pugno di cagliata è finemente frantumata con le mani e gettata in acqua caldissima, quindi mescolata e stirata fino a ottenere un filo continuo, la cui lunghezza e capacità di estendersi in larghezza è valutata dal casaro. La filatura può essere operata manualmente e il cordone può plasmato e modellato energicamente a mano o con l’ausilio di macchine filatrici. La cagliata fusa, filata ed eventualmente già salata, proprio per la sua plasticità può assumere le forme desiderate che sono rassodate in acqua fredda, eventualmente addizionata di sale. La consistenza ideale della pasta filata molle, che deve essere morbida e tenera, si raggiunge con la lavorazione a mano e per la sua particolare malleabilità può assumere le forme più diverse. In generale, si preferiscono forme tondeggianti od oblunghe e dimensioni differenti (mozzarelle e mozzarelline), ma in alcune zone d’Italia esiste la tradizione di creare sculture raffiguranti figure umane o animali, mentre in altre zone la pasta di formaggio diviene una sorta di tasca nella quale si avvolgono completamente, proteggendoli dall’aria, altri generi alimentari, quali il burro o addirittura piccoli salumi.

La mozzarella di bufala ed il fiordilatte, sono formaggi da tavola a pasta filata molle dal caratteristico sapore fresco – acidulo che deriva dall’addizione di sieroinnesto, con una filatura che si ottiene per riscaldamento con acqua calda e stiramento manuale o meccanico e una maturazione per alcune ore in salamoia prima dell’immissione in commercio. La mozzarella e il fiordilatte si conservano in frigorifero e immerse nel liquido di governo per un periodo che secondo la confezione è sempre di pochi giorni. Se le mozzarelle sono usate in cucina, durante la cottura l’acqua in esse contenuta si scalda fino a diventare vapore e compaiono bolle: di grandi dimensioni se la qualità della mozzarella è ottima, ma se è poco elastica e molto ricca di grassi le bolle sono più piccole. Con la cottura, ad esempio sulla pizza, una buona mozzarella fa grosse bolle che si rompono con la fuoriuscita dei globuli di grasso che con il calore del forno e con la Relazione di Maillard caramellizzano con le proteine con cui sono mescolati.

Fisica della mozzarella

La struttura delle paste filate, e in particolare della mozzarella, è stata da tempo studiata con metodi fisici e in particolare con la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) (Kuo M. I., Gunasekaran S., Johnson M., Chen C.- Nuclear Magnetic Resonance Study of Water Mobility in Pasta Filata and Non-Pasta Filata Mozzarella – J. Dairy Sci. 84,1950 – 1958. Kuo M. I., Anderson M. E., Gunasekaran S. – Determining effects of freezing on pasta filata and non-pasta filata mozzarella cheeses by nuclear magnetic resonance imaging – J Dairy Sci., Aug. 86 (8), 2525 – 2536, 2003. Michael H. Tunick, Kevin L. Mackey, James J. Shieh, Philip W. Smith, Peter Cooke, Edyth L. Malin – Rheology and Microstructure of Low-Fat Mozzarella Cheese – Int. Dairy Journal 3, 649 – 662,1993. Kindstedt P. S. – Symposium review: The Mozzarella/pasta filata years: A tribute to David M. Barbano – J Dairy Sci Nov;102 (11):10670-10676, 2019).

David M. Barbano

Molte di queste ricerche sono americane e condizionate dal fatto che nei decenni successivi alla fine della seconda guerra mondiale, la produzione di formaggio di mozzarella negli Stati Uniti è cresciuta costantemente man mano che le pizzerie hanno continuato ad espandersi. Negli anni ottanta del secolo scorso, in tutta l’America e in altri paesi del mondo, la produzione di mozzarella ha raggiunto livelli senza precedenti e nei nuovi stabilimenti industriali le conoscenze scientifiche e tecnologiche sono molto indietro rispetto alle esigenze necessarie per standardizzare i programmi di produzione, ottenere e controllare la qualità del prodotto e massimizzare la resa e l’efficienza della produzione. In questo contesto storico, emerge la figura di un ricercatore, David Barbano, che negli Stati Uniti, presso la Cornell University nello Stato di New York, negli anni ottanta dà avvio ad un programma di ricerca sistematica e meticolosa per risolvere le esigenze dell’industria della mozzarella.

All’inizio degli anni novanta Barbano guida un gruppo di laureati, dottorandi, personale tecnico e collaboratori che studia in modo preciso ogni fase del processo di produzione della mozzarella. Il prodotto finale di questi studi è la trasformazione di quello che era stato, in misura sorprendente, un processo tradizionale poco compreso, in una procedura di produzione controllata con accuratezza che si presta ad una lavorazione precisa del formaggio, permettendo lo stretto controllo dei programmi di produzione e dell’efficienza e la massimizzazione della resa del formaggio. Collaboratori internazionali di Barbano includono anche ricercatori italiani, paese dove hanno avuto origine i formaggi a pasta filata e, lavorando con loro, Barbano con il suo gruppo studia in modo sistematico gli aspetti scientifici e tecnologici del Ragusano, un formaggio a pasta filata DOP tradizionale della Sicilia (Licitra G., Portelli G., Campo P., Farina G., Carpino S., Barbano D. M. – Technology to produce Ragusano cheese: a survey – J. Dairy Science, 81, 3343 – 3349, 1998). Il gruppo sviluppa così un nuovo approccio alle pratiche artigianali tradizionali che fondeva l’arte e la scienza della produzione del formaggio, combinando il meglio di entrambi i mondi con l’obiettivo di sostenere i produttori di formaggio tradizionali ma anche di permettere uno sviluppo ai produttori industriali. Con i suoi studi, il gruppo di lavoro guidato da Barbano porta ad innovazioni nella tecnologia di produzione dei formaggi a pasta filata come i metodi di salatura migliori, i trattamenti di preacidificazione e le strategie per migliorare la qualità funzionale delle mozzarelle a basso contenuto di grassi, anche inventando nuovi metodi analitici per valutare la funzionalità del prodotto che rivoluzionano l’industria della mozzarella in tutto il mondo. A queste ricerche seguono ricerche italiane come quelle di Serena Niro (Niro S. – Physical-Chemical Assessment of Innovative Pasta Filata Cheeses – Proceedings of 15° Workshop on Developments in the Italian PhD Research on Food Science Technology and Biotechnology. Portici (NA), Italia, 15-17 Settembre 2010, p. 118-122).

Fisica delle mozzarelle light

La mozzarella ha una peculiare struttura fibrosa e le sue caratteristiche fisiche, reologiche, sensoriali e nutrizionali sono determinate dal grasso del latte, presente in una percentuale del 16% circa. Il grasso interviene soprattutto sul gusto della mozzarella, determinandone i connotati reologici, cioè la consistenza, il grado di fluidità e le altre proprietà fisiche e meccaniche che sono apprezzate in bocca durante la masticazione. Per l’accettabilità di una mozzarella da parte del consumatore è determinante la struttura dell’alimento, e la sua reologia è importante nel controllo di qualità durante la produzione e lavorazione. Una non trascurabile percentuale dei consumatori, per motivi sanitari e per una maggiore consapevolezza su fitness e stile di vita sano, oggi richiede cibi ipocalorici, e tra questi formaggi a basso contenuto di grassi. Negli Usa, uno studio condotto da Dairy Management Inc. e Taylor Nelson Sofres rileva che il 16% degli adulti di età compresa tra 20 e 54 anni limita il formaggio nella propria dieta e che di questi il 29% sarebbe disposto a introdurre nella proprio dieta un formaggio a basso contenuto di grassi con un buon sapore e consistenza, ma non un formaggio magro che, come spesso avviene, abbia un gusto insipido e soprattutto una consistenza soda e gommosa e un colore opaco; caratteri questi che, soprattutto nella mozzarella, derivano da una perdita delle proprietà plastificanti del grasso e da un’aumentata reticolazione delle proteine.

Molte sono le ricerche sulla fisica della mozzarella e varie tecniche sono state sviluppate per migliorare la consistenza di mozzarelle con ridotto contenuto di grassi, incluse modifiche al processo, e uso di colture starter speciali e sostituti dei grassi, come riportano Chatlia M. K e collaboratori (Chatlia M. K., Gandhib N., Singha P. – Quality of low-fat mozzarella cheese with different fat replacers – Acta Alimentaria, 48 (4), pp. 441–448, 2019). I sostituti del grasso usati nei formaggi sono sostanze idrodisperdibili che migliorano le proprietà sensoriali e funzionali di untuosità e cremosità. Tra questi, di particolare importanza sono la carbossimetilcellulosa e gli alginati. La carbossimetilcellulosa è un sostituto dei grassi a base di carboidrati che agisce come agente addensante e stabilizzante e agente sospendente. E’ utilizzato in una varietà di prodotti lattiero-caseari per i suoi vantaggi tecnologici e nutrizionali. Gli alginati sono polisaccaridi estratti da alghe rosse o brune (Phaeophyceae) e alghe giganti (Macrocystis pyrifera). Nelle mozzarelle light, una parte dei grassi è sostituita soprattutto da alginati, anche perché per i formaggi ed i latticini la legislazione europea consente di produrre derivati del latte con diverso titolo di materia grassa. Secondo gli studi di Chatlia M. K e collaboratori, una mozzarella di bufala fresca a basso contenuto di grassi può essere preparata con successo con l’incorporazione di alginato di sodio allo 0,3% come sostituto del grasso, ottenendo attributi fisico-chimici, strutturali, cromatici e sensoriali comparabili e accettabili, e quasi il 44% di calorie in meno rispetto alla mozzarella intera. Per correggere il gusto poco spiccato delle mozzarelle light si usa anche il sorbato (E202),

Riguardo all’uso di mozzarelle light, indipendentemente dall’utilizzo di additivi quali alginati (E401) o metilcellulosa (E461) o di sorbato (E202), usato per correggere il sapore (leggere attentamente l’etichetta!), bisogna fare molta attenzione poiché talvolta, pur contenendo la metà di grasso della mozzarella normale, se ne mangiano quantità superiori; senza dimenticare che se la riduzione dei grassi è un vantaggio dal punto di vista energetico, questi sono anche sono il veicolo di vitamine liposolubili e di acidi grassi omega-3 e omega-6, per cui è forse meglio ridurre la dose sul piatto di una mozzarella tradizionale o ridurre la frequenza settimanale di gustarla!

Fisica della mozzarella in cucina

Le caratteristiche fisiche della mozzarella condizionano le sue modificazioni con il calore e quindi il suo uso in cucina, come dimostrano anche le ricerche di Bryony James e collaboratori dell’Institute of Food Technologist dell’Università neozelandese di Auckland (Xixiu Ma, Murat O. Balaban, Lu Zhang, Emma A.C. Emanuelsson‐Patterson, Bryony James – Quantification of Pizza Baking Properties of Different Cheeses, and Their Correlation with Cheese Functionality – Food Engineering & Physical Properties, 21 July 2014). Lo studio di questi ricercatori riguarda le proprietà di cottura della pizza e le prestazioni di diversi formaggi, tra cui l’imbrunimento e la formazione di bolle, indagando la correlazione con le proprietà del prodotto (reologia, olio libero, temperatura di transizione e attività dell’acqua). Il colore e l’uniformità del colore dei diversi formaggi (Mozzarella, Cheddar, Colby, Edam, Emmental, Gruyere e Provolone) sono stati quantificati utilizzando un sistema di visione artificiale e tecniche di analisi dell’immagine, e sono valutate le correlazioni tra l’aspetto del formaggio e gli attributi che ne conseguono, scoprendo che le sue proprietà, tra cui l’elasticità, l’olio libero e la temperatura di transizione, influenzano l’uniformità del colore. In particolare, le bolle non si formano con Cheddar, Colby, ed Edam perché questi formaggi sono poco elastici, mentre la quantità di olio presente in Gruyere e Provolone consente un abbrustolimento meno intenso, quasi nullo con l’Emmental, perché ferma l’evaporazione dell’umidità. Per questo la mozzarella, con la sua struttura di pasta filata, risulta essere il miglior formaggio per preparare la Pizza, anche se può essere combinata con altri formaggi per creare l’ormai classica pizza ai quattro formaggi.

Altre preparazioni culinarie che sfruttano le caratteristiche fisiche della mozzarella sono la Mozzarella in Carrozza e il Supplì al Telefono. La Mozzarella in Carrozza, denominazione d’origine incerta e discussa, è un tipico piatto della tradizione campana diffuso anche nel Lazio, e consiste in pane tagliato a piccole fette ripieno di mozzarella da infarinare soprattutto ai bordi, passare nell’uovo sbattuto con un pizzico di sale e latte e poi friggere in padella. I Supplì al Telefono sarebbero così denominati dall’italianizzazione del termine francese surprise, che in italiano significa sorpresa, e al fatto che la mozzarella contenuta all’interno, si scioglie durante la cottura. In questo modo, dividendo il supplì a metà, le due parti restano unite dai fili di mozzarella, come quelli che univano la cornetta al telefono di un tempo. I supplì sono preparati con un riso cotto in un sugo di carne e mozzarella, e un segreto per la buona riuscita è la frittura in olio bollente a 180 gradi senza friggerli troppo.

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie.

Da solo ed in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti ed originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia ed in particolare all’antropologia alimentare e danche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e 50 libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.