Transumanza e suoi prodotti

Dal 2019 Patrimonio culturale immateriale dell’Umanità, la transumanza è un’antichissima tradizione dei pastori che nel periodo primaverile trasferiscono gli armenti di pecore dalle zone di pianura ai pascoli di alta quota, e che in autunno li riportano in pianura. Antico è il termine transumare, da trans e humus, ossia transitare sul suolo, e la transumanza può essere orizzontale, tipica delle terre mediterranee, o verticale nell’area alpina, ed è praticata regolarmente in Spagna, Francia, Svizzera, Germania, Carpazi, Balcani e Italia. La transumanza tra l’Abruzzo e la Puglia è documentata nel V secolo a. C. e si deve all’impero Romano la sua organizzazione con l’uso libero e garantito delle grandi vie pubbliche armentizie, le calles publicae denominate tractoria, da cui l’italiano tratturo. La transumanza ha influenzato la produzione di alimenti e la loro trasformazione perché dalle pecore si ricavano latte, formaggi e carne che sono appannaggio dei proprietari dei greggi mentre i pastori che, oltre alla misera paga, hanno diritto a pane, olio e sale, per cui la cucina della transumanza è povera.

Formaggi della transumanza

La produzione più significativa della transumanza è quella del latte per la fabbricazione del formaggio, o meglio del cacio secondo la terminologia del passato, e della ricotta. Le pecore di una popolazione genericamente appenninica, successivamente integrata con pecore di diverse razze, tra le quali la Vissana e poi la Sopravissana, la Merinos per migliorare la produzione della lana e nel Novecento con la Bergamasca per aumentare la produzione del latte, sono munte al mattino presto e nel primo pomeriggio. Il latte, dopo una rudimentale filtrazione, è immesso nella caldaia dove, di solito alla sera, è scaldato con un’aggiunta di caglio ottenuto dallo stomaco di agnelli neonati seccato accanto al fuoco, o usando la presura o presame ottenuta dai petali turchini dei carciofi selvatici, seccati all’ombra, posti in infusione in acqua per alcune ore e poi filtrati. Il latte coagulato o cagliata viene rotto e con la pressione delle mani portato a forme di cacio, poi salate in superficie e trasferite nella caciaia per una più o meno lunga maturazione o stagionatura. Portando a ebollizione il siero restante dalla spremitura del cacio si ottiene la ricotta e la scotta che rimane è destinata ad uso alimentare data ai cani.

Caci, caciotte e altri formaggi

Elevata è la qualità dei formaggi della transumanza che nel tempo hanno raggiunto un elevato grado di specializzazione, grazie anche al miglioramento genetico degli animali. In montagna, come in pianura, la geografia dei formaggi ovini di transumanza, è ricca e variegata. Odiernamente inoltre vi è la tendenza di produrre formaggi con latte misto ovino e vaccino.

Caci pecorini toscani

Fin dal Millesettecento i caci pecorini dei pastori erano di due tipologie, freschi o secchi. I formaggi freschi erano pregiati per la bontà dei pascoli e erano utilizzati per i doni ai notabili e alle autorità del territorio. Il Marzolino di forma ovale era destinato anche all’esportazione; tra i formaggi freschissimi vi erano i Raveggioli ottenuti senza rompere la cagliata e subito coperti da foglie di fico o di felci per difenderli dalle mosche e dal caldo. Formaggio fresco famoso prodotto ancora oggi è il Marzolino del Chianti. Per la conservazione, i caci freschi erano mantenuti nel fieno o nella stoppa.

Caciotte

Unendo il latte della pecora nera toscana con quello della vacca chianina, si ottengono caciotte fresche ideali per preparare raffinati piatti in cucina. Il latte crudo miscelato è coagulato alla temperatura massima di 32-33 gradi con caglio in pasta di agnello prodotto dagli operatori casari o dagli stessi pastori, la cagliata è rotta con spade o chitarre metalliche e riposa per un tempo variabile tra i 30 e i 50 minuti.

Furmaièn 

Sugli Appennini i pastori producono il Furmaièn, simile ad uno stracchino per tecnica di produzione, con latte misto di vacca, pecora e capra. Dopo essere salato leggermente a secco, questo formaggio è posto a stagionare in locali umidi e areati con un letamaio adiacente. Il Furmaièn a fine stagionatura (12-15 giorni) si presenta di forma tonda con facce piane, senza crosta e di colore paglierino, la pasta è compatta con un sapore dolce leggermente acidulo.

Provole 

I pastori siciliani hanno reso famose le provole di latte misto vacca e pecora, dalla forma di pera con peso variabile da mezzo chilogrammo a un chilogrammo e mezzo.

Stracchino

Un recente formaggio della transumanza è lo stracchino prodotto con la stessa tecnologia ovunque, e con nomi dialettali e locali. Ad esempio il nome stracchin tund proveniva dal Piemonte, dalla Liguria e dalle Prealpi lombarde.

Bastardo del Grappa

Il Bastardo del Grappa deve il suo nome alla mistura di latte di diverse specie animale (pecora, vacca, capra) con cui era prodotto fino a qualche anno fa, mentre oggi si produce in malga da maggio a settembre con la stessa tecnica ma utilizzando solo latte di vacca.

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, é stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastrononie.