Da qualche tempo ormai si parla di biodiversità e dell’importanza dell’attività pastorale a favore dell’ambiente e del paesaggio. Ma quali sono i rapporti che si sono instaurati o che si instaurano tra il pascolare dei domestici e le comunità animali che abitano i pascoli naturali e semi-naturali?

Gli habitat pascolivi attuali sono costituiti da preesistenti aree steppiche (steppe primarie) che si estendono ininterrottamente per più di 8000 Km, dal bacino del Danubio sino all’Estremo Oriente, e da aree “modificate” dall’azione antropica attraverso il taglio, il fuoco e successivamente il pascolo (pascoli secondari o semi-naturali).

Fatta eccezione quindi per le steppe primarie dell’Est Europa e per le praterie alpine d’alta quota, i restanti habitat di prateria del Paleartico occidentale si sono generati come conseguenza dell’intenso impatto umano sulle foreste, per mezzo di vasti incendi e di massiccia deforestazione, che ha accompagnato l’espansione dell’agricoltura e della pastorizia tra il 7500 ed il 4500 a.C.. Tali modificazioni ambientali proseguono tuttora ed hanno portato alla formazione di aree aperte pascolive a scapito della copertura boschiva (Goriup, 1988; Suàrez et al., 1996, 1997; Suàrez, 1994; Tucker & Dixon, 1997). Ad oggi più del 50% della superficie paleartica è costituita da questi ambienti pascolivi (Tucker & Heath, 1994; Tucker & Dixon, 1997).

Tuttavia, ai fini della diversificazione dell’ambiente, che si esplica attraverso la presenza di più habitat, l’incremento dei pascoli ad opera dell’uomo ha prodotto effetti positivi sulla diffusione della fauna e della flora proprie della steppa primaria, le quali dai centri originari di distribuzione in Asia ed in Nord Africa hanno colonizzato i pascoli secondari (Goriup, 1988; Tucker & Dixon, 1997; Suàrez, 1994, 2004).

Negli ultimi decenni, però, i rapidi cambiamenti sociali ed economici, nonché la riorganizzazione del mondo agricolo, stanno portando ad una significativa regressione delle comunità faunistiche tipiche dei pascoli, causando un generalizzato declino di molte specie animali caratteristiche di questi habitat. Per esempio, secondo Tucker & Evans (1997), più del 60% delle specie dell’ornitofauna, dipendenti dagli habitat pascolivi, hanno subito un ingente declino tra il 1970 ed il 2000. In particolare, tale contrazione della distribuzione delle specie animali e delle loro densità sono da attribuire ad una serie di fattori di minaccia concomitanti come l’aumento delle monocolture, l’uso della chimica in agricoltura nonché l’abbandono della campagna e della pastorizia nelle aree marginali.

Molti habitat ascrivibili alle praterie secondarie, quindi, sono oggi considerati di elevata importanza conservazionista sia per le caratteristiche intrinseche degli habitat stessi (Direttiva Habitat 43/92 CEE) che per la presenza di specie ornitiche protette a livello internazionale (alcune in pericolo di estinzione) (Direttiva Uccelli 79/409), come Anser erythropus, Aquila celiaca, Falco naumanni, Tetrax tetrax Otis tarda.

In questi habitat di origine antropica, le attività di pascolamento contribuiscono da un lato al mantenimento di un cotico erboso diversificato, dall’altro limitano e contengono la naturale evoluzione della vegetazione verso formazioni pre-forestali (Hedin et al., 1972), non idonee per numerose specie tipiche delle aree aperte dove prevale la componente erbacea.

Gli insetti rappresentano un nodo cruciale per il mantenimento degli equilibri di tutti gli ecosistemi terrestri. Fra questi, gli Ortotteri (grilli e cavallette) costituiscono un’importante componente degli ambienti di pascolo, costituendo più di metà della biomassa totale degli artropodi di molti ecosistemi di prateria. Essi rispondono sensibilmente alle variazioni strutturali della vegetazione (Baldi & Kisbenedek, 1997; Sorino et al., 2009) e della composizione floristica (Quinn et al., 1991), nonché dall’estensione delle superfici di pascolo (Baldi & Kisbenedek 1999; Sorino et al., 2009). In particolare, gli elevati valori dei parametri che descrivono la struttura di comunità degli Ortotteri, come la ricchezza specifica S e l’indice di diversità H’, sono determinati dall’assenza di uno strato arbustivo e dal grado di naturalità/integrità della steppa o dei pascoli; questo indica come tali parametri dipendono da determinate condizioni dell’habitat e sono indicatori dello status dei sistemi agro-pastorali, tanto che possono essere utilizzati come indicatori per monitorare l’eventuale evoluzione nel tempo e nello spazio di tali sistemi (figura 1, 2 e 3).

Figura 1. Indice di diversità H’ degli Ortotteri inversamente correlato al grado di copertura dello strato arbustivo (R2=0,30; t=- 2,27, p<0,05) (Sorino et al., 2009).

Figura 2. Integrità della steppa correlata positivamente alla ricchezza specifica S degli Ortotteri (R2 = 0,56; t = 4,28, p<0,01) (Sorino et al., 2009).

Figura 3. Integrità della steppa correlata positivamente all’indice di diversità H’ degli Ortotteri (R2=0,72; t=6,05, p<0,001) (Sorino et al., 2009).

Peraltro, molti altri taxa, tra i quali diverse specie minacciate di uccelli, si alimentano di Ortotteri. Fra tutti, il Falco grillaio o Falco naumanni, specie globalmente minacciata, dipende strettamente da questo gruppo di insetti quale principale fonte alimentare (Donázar et al., 1993; Bux et al., 1997; Rodriguez & Bustamante, 2008). Anche rapaci, come il Gipeto Gypaetus barbatus, il Grifone Gyps fulvus, l’Avvoltoio monaco Aegypius monachus ed il Capovaccaio Neophron percnopterus sono altamente dipendenti dal pascolo di ovini e bovini, e di conseguenza dalle pratiche di pascolo estensivo associato alla cultura della transumanza (Donazar et al.,1997). In questi ambienti, apparentemente omogenei, gli uccelli possono selezionare varie strutture dell’habitat stesso, scegliendo tra una vasta gamma di condizioni quelle più favorevoli al loro ciclo vitale (Suàrez, 1994; Telleria et al., 1994; Tucker & Halth, 1994; Suàrez et al., 1997; Tucker & Dixon, 1997).

I pascoli che tendenzialmente sono considerati habitat omogenei e monotoni, hanno invece peculiari diversità strutturali e floristiche dipendenti dalle condizioni microclimatiche, dalla quota e dall’esposizione nonché dalle caratteristiche chimiche e granulometriche del suolo. A questi fattori, bisogna sommare il ruolo del pascolamento, che si traduce in movimento degli animali, selezione e uso di determinate aree (punti d’acqua, disponibilità di piante ad alta digeribilità, etc.) e pressione di pascolamento (tempo e numero di animali per unità di superfice), che limitano o generano eterogeneità della composizione e della struttura vegetazionale. Infatti, man mano che ci si allontana dalle stalle e dagli ovili, si nota come la pressione di pascolamento e di calpestio diminuisca creando così un gradiente con una marcata eterogeneità spaziale in termini di altezza, densità dell’erba e composizione della vegetazione.

Wolff (2005), per esempio, descrive la distribuzione e la segregazione spaziale di tre specie di uccelli, il Ganga Pterocles orientalis, la Gallina Prataiola Tetrax tetrax e l’Occhione Burhinus eodicnemus, in base ad un uso differente del pascolo da parte delle pecore nell’area della Crau (Francia).

Il Ganga, uccello prevalentemente granivoro, utilizza settori con elevata pressione di pascolo. Tendenzialmente la disponibilità di semi nelle aree con una bassa pressione di pascolamento è minore mentre aumenta nelle aree super pascolate con la dominanza di specie erbacee come Brachypodium retusum, i cui semi sono utilizzati dal Ganga come fonte trofica principale.

In contrasto, la Gallina prataiola utilizza porzioni di pascolo con una pressione molto bassa. La specie si nutre di foglie e insetti, soprattutto Ortotteri, molto abbondanti nelle aree dove la vegetazione è alta e più densa. Inoltre, la Gallina prataiola nidifica in siti con vegetazione densa.

Infine, l’Occhione utilizza aree dove vi è una pressione di pascolo intermedia che crea porzioni di aree nude, utilizzate per la nidificazione, alternate a quelle con vegetazione più alta e densa, che assicurano disponibilità di insetti.

Pertanto, in un contesto apparentemente omogeneo quale sembra essere l’habitat erbaceo, una differente gestione del pascolo garantirebbe l’eterogeneità spaziale, in termini di struttura e composizione della vegetazione, che a sua volta sosterrebbe livelli elevati di ricchezza specifica e di biodiversità.

Bibliografia

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Foto di copertina: R.Sorino. Pecora razza autoctona Altamurana – Altopiano delle Murge, Azienda Silvopastorale Jazzo Corte Cicero – la lana del lupo s.a.r.l., Altamura (Bari).