La sindrome della depressione del grasso del latte (nota anche come Milk Fat Depression – MFD) è un fenomeno caratterizzato da una riduzione del livello di grasso del latte senza alcun cambiamento nella secrezione di proteine e lattosio (Harvatine et al., 2009; Bauman et al., 2011).

Negli ultimi 20 anni, diversi lavori hanno proposto la teoria della bioidrogenazione ruminale (BH) come la teoria più completa per spiegare la MFD. Secondo questa teoria, i cambiamenti nel metabolismo dei lipidi ruminali possono comportare la formazione di specifici intermedi di BH che inibiscono direttamente la sintesi dei grassi del latte.

Numerosi lavori hanno dimostrato che alcuni specifici fattori dietetici possono influenzare il pH ruminale e la popolazione microbica, alterando le vie di BH ruminale degli acidi grassi alimentari. Questi fattori includono la quantità e il tipo di integrazione lipidica (Alizadeh et al., 2012; Kargar et al., 2012), il rapporto foraggio/concentrato e il tipo di foraggio (Loor et al., 2005; Kargar et al., 2012). I meccanismi molecolari coinvolti nel metabolismo della ghiandola mammaria non sono ancora completamente conosciuti, ma diversi lavori condotti su vacche da latte hanno dimostrato una riduzione dell’espressione di geni chiave coinvolti nella sintesi lipidica (Angulo et al., 2012; Hussein et al., 2013; Bionaz et al., 2015).

Numerosi studi hanno indagato il ruolo degli acidi grassi di origine ruminale sulla MFD, con risultati contrastanti. Il C18:2t10,c12, un isomero coniugato dell’acido linoleico (CLA) formato durante l’isomerizzazione di C18:2n-6 nel rumine (Wallace et al., 2007), è l’unico intermedio di BH con un effetto inibitorio inequivocabilmente dimostrato sulla sintesi dei grassi del latte nelle vacche da latte (Baumgard et al., 2002). Tuttavia, la MFD indotta dalla dieta è un fenomeno naturale in grado, in specifiche composizioni alimentari, di modificare i percorsi di BH del rumine, producendo acidi grassi intermedi con azione inibente sulla sintesi dei grassi del latte (Bauman et al., 2011). La risposta della ghiandola mammaria all’effetto di C18:2t10,c12 è variabile. È stato osservato un rapido recupero del normale livello di grasso del latte dopo la cessazione dell’infusione abomasale di C18:2t10,c12 (Baumgard et al., 2000). Tuttavia, il deflusso ruminale di C18:2t10,c12 non spiega completamente la diminuzione della sintesi del grasso del latte in tutti i casi di MFD, soprattutto nei piccoli ruminanti, in cui è stata riscontrata una risposta più variabile all’integrazione lipidica (Toral et al., 2015). Inoltre, gli aumenti delle concentrazioni di grasso del latte C18:2t10,c12 nelle diete che causano MFD sono spesso inferiori a quanto ci si aspetterebbe sulla base dell’arricchimento osservato nel grasso del latte in C18:2t10,c12 postruminale. Questo suggerisce che potrebbero essere coinvolti anche altri intermedi della bioidrogenazione o altri meccanismi (Toral et al., 2015).

Secondo questi risultati, diversi autori hanno suggerito che nella sindrome MFD dovrebbero essere coinvolti ulteriori intermedi della BH diversi dal C18:2t10,c12 (Toral et al., 2015). Altri isomeri CLA sono stati suggeriti come responsabili della MFD, come C18:2t9,c11 o il C18:2c11,t13 (Roy et al., 2006; Shingfield et al., 2006) . Tra gli isomeri trans C18:1, il C18:1t10, derivante dal C18:2t10,c12, è stato proposto come repressore della lipogenesi mammaria (McKain et al., 2010), anche se prove con infusione abomasale di questo acido grasso non hanno portato ad alcun effetto sulla secrezione dei grassi del latte (Lock et al. (2007). Se ne deduce che, l’aumento del deflusso ruminale di un singolo isomero ruminale non può spiegare completamente la MFD nelle vacche in lattazione (Shingfield e Griinari, 2007). Numerosi isomeri C18:3, C18:2 e C18:1 vengono solitamente prodotti nel rumine in caso di MFD indotta dalla dieta e non è possibile spiegare completamente la diminuzione osservata nella resa in grasso del latte considerandone uno solo (Ventto et al., 2017). Pertanto, la valutazione della MFD è molto difficile perché numerose variabili influenzano il metabolismo dei lipidi.

In un lavoro pubblicato da Conte et al. nel 2018 sulla prestigiosa rivista Journal of Dairy Science, è stato valutato l’effetto sulla MFD di bovine da latte, utilizzando un approccio multivariato, che prendesse in considerazione diversi isomeri ruminali, cercando di comprendere meglio il fenomeno della depressione lipidica. Nel lavoro, sono state messe a confronto vacche di razza Frisona affette da MFD con vacche non affette, al fine di identificare specifici modelli di acidi grassi del latte come potenziali marcatori di MFD.

Le vacche di entrambi i gruppi facevano parte della stessa mandria, ricevevano la stessa dieta e venivano confinate nella stessa stalla con uguale accesso alla razione. Nonostante questa situazione, le vacche del gruppo MFD hanno mostrato una minore secrezione (-50%) di grasso nel latte senza modifiche della produzione di latte e della secrezione di proteine e lattosio. Questo effetto era probabilmente correlato al livello di amido nella dieta, che era superiore al 22% della sostanza secca ingerita, e si è dimostrato essere una soglia minima per creare condizioni favorevoli alla MFD, riducendo considerevolmente il livello di pH, come dimostrato da Ramirez Ramirez et al. (2015). Secondo gli stessi autori, l’integrazione di grassi intensificherebbe questa risposta alterando il processo di BH ruminale. Le vacche affette da MFD erano probabilmente più suscettibili alla modificazione del pH ruminale e quindi alla MFD stessa.

Confrontando la composizione in FA del latte delle vacche con MFD con quella del gruppo di controllo è stata osservata una minore secrezione di acidi grassi di neo-sintesi mammaria, confermando che la MFD è associata all’inibizione del metabolismo di lipogenesi della mammella (Baumgard et al., 2002; Suárez-Vega et al., 2017).

Va sottolineato che il latte delle vacche in MFD aveva un profilo di isomeri CLA diverso rispetto a quello delle vacche di controllo. I cambiamenti nel contenuto di C18:2t10,c12 erano coerenti con i risultati precedenti che riportavano che nelle vacche da latte l’aumento di questo acido grasso è associato con l’attuazione di processi di BH alternativi (Shingfield et al., 2010). Sebbene l’acido rumenico (C18:2c9,t11) fosse l’isomero CLA più abbondante nel latte di entrambi i gruppi, il livello di C18:2t10,c12 aumentava significativamente nel gruppo MFD, tanto che il suo livello era quasi paragonabile a quello del C18:2c9,t11.

Nel latte delle vacche affette da MFD, si è anche osservato un contenuto significativamente più elevato dei precursori (C18:2c9,c12 e C18:3c9,c12,c15) e degli intermedi del processo di BH ruminale. Questo risultato è stato associato ad un contenuto significativamente inferiore di C18:0, che è il prodotto finale della BH. Nel complesso, queste differenze nel modello degli acidi grassi del latte suggeriscono che le vacche del gruppo MFD hanno sperimentato sia uno spostamento che una riduzione del metabolismo della BH stessa.

Il ruolo dell’amido è stato confermato da un più basso contenuto di acidi grassi ramificati e un maggior livello di acidi grassi a catena dispari nelle vacche affette da MFD. Il contenuto di amido e fibra nella dieta gioca un ruolo centrale nella sintesi di queste due categorie di acidi grassi (Bas et al., 2003; Vlaeminck et al., 2004; Cabrita et al., 2009), essendo associato a cambiamenti nella popolazione microbica ruminale (Vlaeminck et al., 2006). Precedenti studi hanno riportato un’associazione significativa tra l’aumento della concentrazione di acidi grassi a catena dispari nel grasso del latte e la presenza di amido altamente degradabile nella dieta (Vlaeminck et al., 2006). I batteri che fermentano l’amido sono in grado di produrre attivamente propionato, che rappresenta il precursore di C13:0, C15:0 e C17:0. L’alto contenuto di amido alimentare è stato associato ad una contemporanea riduzione dei batteri cellulolitici, che sono associati alla sintesi degli acidi grassi ramificati (Fievez et al., 2003; Kim et al., 2005). Sebbene i 2 gruppi di vacche fossero alimentati con la stessa dieta, le differenze tra le vacche MFD e quelle di controllo suggerivano che le prime probabilmente selezionavano specifici ingredienti della razione ricchi di amido, causando una perturbazione nella composizione del microbioma ruminale.

Diversi studi hanno dimostrato che alcuni isomeri C18:1 trans e CLA possono causare MFD nelle vacche da latte, quando il loro contenuto di grassi del latte raggiunge una soglia specifica (Piperova et al., 2002; Loor et al., 2004; Shingfield et al. , 2010). Tuttavia, nessuno degli acidi grassi considerati è stato in grado di spiegare singolarmente la diminuzione totale della secrezione di grassi del latte (Kadegowda et al., 2008). Di conseguenza, è stato proposto che la MFD possa essere il risultato di un effetto contemporaneo di diversi prodotti di BH (Kadegowda et al., 2008).

L’approccio multivariato ha permesso di selezionare molti degli isomeri CLA e C18:1 (Tabella 3) come fattori discriminanti per giustificare e definire il fenomeno della MFD, confermando che molti acidi grassi diversi dal C18:2t10,c12 originati dal metabolismo ruminale concorrono ad influenzare sintesi dei grassi del latte (Kadegowda et al., 2008). Tuttavia, fanno parte di questo gruppo di acidi grassi anche il C18:2t10,c12 e il C18:1t10.

Questo risultato ha confermato l’ipotesi che la sintesi ruminale di questi acidi grassi sia la via principale che influenza la MFD. In condizioni normali, l’acido vaccenico (C18:1t11) è il principale intermedio della BH ruminale, mentre le vacche in MFD hanno mostrato uno spostamento in questo percorso sostituendo gran parte di C18:1t11 con C18:1t10 (Shingfield et al., 2012). Tra gli acidi grassi associati con la MFD, i C18:1t6–t8 e il C18:1t9 hanno mostrato una forte correlazione negativa con la resa in grasso del latte, come dimostrato anche in lavori precedenti (Loor et al., 2005; Kadegowda et al., 2008). Vale la pena notare che il contenuto nel latte di C18:1t9 era inferiore a quello proposto da Kadegowda et al. (2008) per indurre la MFD (0,49 contro 0,86).

Pertanto, i risultati della presente ricerca suggeriscono che percorsi alternativi di BH che coinvolgono specifici isomeri trans C18:1 svolgono un ruolo significativo nella MFD; tuttavia, il modello di C18:1 trans sembrava essere più esplicativo del contenuto di un singolo isomero. Cinque isomeri CLA (C18:2t10,t12, C18:2t8,t10, C18:2t11,c13, C18:2c10,c12 e C18:2c9,c11) erano fortemente associati alle vacche di controllo, suggerendo che alcune vie collaterali di BH che danno luogo a isomeri CLA diversi da C18:2c9,t11 sono probabilmente attivati in normali condizioni del rumine, come precedentemente descritto da Shingfield et al. (2010). Tutti i 5 isomeri CLA derivano da un’isomerizzazione di C18:2n-6 e sono stati BH nel relativo isomero C18:1 (Shingfield et al., 2010): C18:1t10 (da C18:2t10,t12), C18:1t8 (da C18:2 trans8,t10), C18:1c13 (da C18:2t11,c13), C18:1c12 (da C18:2c10,c12) e C18:1c11 (da C18:2c9,c11). Poiché questi isomeri CLA erano associati positivamente alle vacche di controllo e negativamente alle vacche con MFD, il loro contenuto nel latte potrebbe essere un modello specifico associato a cambiamenti nelle vie di BH ruminale di C18:2n-6.

La presente nota è una sintesi del seguente articolo scientifico recentemente accettato sul Journal of Dairy Science dove è riportata tutta la letteratura citata: Conte G., Dimauro C., Serra A., Macciotta N.P.P., Mele M. A canonical discriminant analysis to study the association between milk fatty acids of ruminal origin and milk fat depression in dairy cows, Journal of Dairy Science, 101, 6497-6510.

Autori

Gruppo Editoriale ASPA: Giuseppe Conte, Alberto Stanislao Atzori, Fabio Correddu, Luca Cattaneo, Gabriele Rocchetti, Antonio Natalello, Sara Pegolo, Manuel Scerra