Colori della sicurezza e dei rischi percepiti
Tutti i sensi sono coinvolti nella scelta e nel giudizio degli alimenti, non ultimo, e forse tra i primi assieme all’olfatto, vi è la vista, tanto che si può dire che il cibo buono da mangiare è quello che è anche buono da vedere. Non si spiegherebbero altrimenti i sistemi per mantenere colorati taluni alimenti, come cuocere le verdure con il bicarbonato, e soprattutto la continua crescita del mercato dei coloranti artificiali. Per gli alimenti non tutti i colori sono però ugualmente apprezzati e tra quelli di maggiore gradimento vi sono il verde, il giallo e il rosso con tutte le loro varianti, colori che richiamano la natura con i suoi frutti e fiori. Altri colori hanno usi più specifici, come il bianco per i latticini o il marrone fino al nero per le cioccolate e il caffè. Tra i colori degli alimenti che suscitano perplessità vi è il blu o l’azzurro, come dimostra la scarsa offerta di coloranti artificiali di queste tonalità destinati all’alimentazione (Blu antocianina o E142, Blu indaco o E132, indigotina), usati soprattutto per alcuni liquori (Curacao) e sofisticati cocktail. Indice dello scarso gradimento del colore blu o azzurro è il caso del 2010 delle mozzarelle blu, mozzarelle che dopo qualche giorno dall’apertura e lasciate in frigorifero prendevano una colorazione azzurrognola provocata dalla pioverdina o fluoresceina prodotta dal batterio Pseudomonas fluorescens. Le mozzarelle non erano pericolose, ma il loro colore suscitava una percezione d’insicurezza e di rischio per un formaggio che doveva essere bianco.
Formaggi erborinati con colori che virano dal verde al blu
Un caso particolare di alimenti dove il colore blu è apprezzato è quello dei formaggi erborinati che hanno striature che dal verde al verdastro passano all’azzurro fino al blu, prodotti che non suscitano timori ma grandi apprezzamenti. Parliamo di un gruppo di ben oltre novanta formaggi, tra i quali vi sono celebri erborinati come il francese Roquefort, l’inglese Stilton e l’italiano Gorgonzola, e che spesso comprende latticini con un nome che contiene la parola blu o che a questo colore fa riferimento: Amablu, Amish blu, Asturian blu, Bavaria blu, Beenleigh blu, Bergere blu, Bleu d’Aoste, Blu Bénédictin, Blu d’Alvernia, Blu Basco, Blu di Bresse, Blu di Bryn, Blu di Corsica, Bludi Gex, Blu di Laqueuille, Blu dei Causses, Blu del Vercors-Sassenage, Blu Castello, Blu Rathgore, Blu 61, Buxton blue, Cambridge blu, Cashel blu, Caveman blu, Ciel del Charlevoix, Clemson blu, Crater Lake blu, Danablu, Devon blu, Dorset Vinney blu, Dunsyre blu, Exmoor blu, Garstang blu, Gippsland blu, Harbourne blu, Jubilee blu, Lanark blu, Maytag blu, Meredith blu, Mindoru blu, Norbury blu, Olivet blu, Oregon blu, Oxford blu, Oxley blu, Roaring Forties blu, Rogue River blu, Shropshire Blue, Saint Agur blu, Saint Sherratt blu, Selbu blå, Waimata artigianale blu, Yorkshire blu. In questi formaggi il colore che dal verde vira al blu, più o meno intenso, è dovuto a muffe che gli conferiscono inoltre aromi e sapori; muffe la cui sicurezza è stata accertata da approfondite ricerche, che hanno anche messo in luce interessanti aspetti di una lunga e interessante preistoria e storia casearia.
Erborinatura
L’erborinatura è una tecnica casearia che permette lo sviluppo di muffe nella pasta del formaggio e la conseguente comparsa di striature e chiazze blu-verdi. Questi prodotti lattiero-caseari sono anche denominati formaggi verdi o formaggi blu, come il francese fromage bleu l’inglese blue cheese, o in italiano anche formaggi erborinati, termine che deriva da erborin, prezzemolo in dialetto milanese, perché le striature verdi-bluastre del formaggio ricordano le foglioline di questa pianta.
L’erborinatura è dovuta alla formazione dei miceli colorati di funghi microscopici del genere Penicillium (Penicillium glaucum nel Gorgonzola o Penicillium roqueforti nel Roquefort e Danish Blue) che si sviluppano durante la maturazione delle forme. Nel passato l’erborinatura era in gran parte dovuta all’ambiente e al caso mentre oggi è ottenuta aggiungendo al latte, prima della cagliata, colture pure e selezionate di funghi microscopici specifici. Durante il periodo della stagionatura le forme sono bucate con spessi aghi, dal momento che per il loro sviluppo i funghi dell’erborinatura hanno bisogno di ossigeno. A maturazione completata, e per effetto dello sviluppo delle muffe blu verdastre, la pasta del formaggio si presenta compatta, burrosa, di colore giallo paglierino, mentre la crosta solitamente diviene ruvida irregolare e di colore giallo-rossastro. Il gusto del formaggio erborinato tende ad essere pungente e leggermente piccante, con un odore spesso identificato gergalmente come odore di piedi puzzolenti o di altre parti del corpo, dovuto alla crescita di batteri, e tra questi del Brevibacterium linens.
Erborinati, formaggi continentali
L’addomesticamento degli animali da latte (capre, pecore, bovini) è un fenomeno delle popolazioni dell’area euro-asiatica e mediterranea, dove inizia anche la lavorazione del latte con la produzione di una grande varietà di formaggi. La produzione del formaggio da parte dei primi agricoltori del Neolitico ha rappresentato un grande progresso nella trasformazione degli alimenti, consentendo di conservare il latte in una forma non deperibile e trasportabile, e risale al sesto millennio a. C., come dimostrato dalla presenza di grasso di latte nei vasi usati come colini per setacci nella prima età del bronzo e la scoperta di resti di formaggio in vasi votivi rinvenuti nelle tombe. I formaggi erborinati si sono però sviluppati soltanto nell’area dell’Europa continentale e non nel Mediterraneo. Per esempio, in Italia, questi formaggi, come il Gorgonzola, sono presenti soltanto nel settentrione e non al di sotto del fiume Po, che sembra costituire un confine per la produzione di questi latticini con l’area mediterranea. Poco note sono le ragioni della distribuzione dei formaggi erborinati nella sola area continentale europea, ma probabilmente da riferire alle diverse condizioni di allevamento degli animali e alle condizioni ambientali e climatiche relative alla produzione dei formaggi.
Nel passato i parti degli animali avvenivano in primavera e in questa stagione iniziava la produzione dei formaggi, proseguendo in estate con una coda autunnale. Questo periodo caldo e asciutto nell’area mediterranea non è favorevole allo sviluppo dei funghi, mentre nell’Europa continentale prevale un clima umido nel quale i funghi microscopici trovano un ambiente propizio per la loro cresciuta e diffusione. Inoltre, nell’area mediterranea la produzione dei formaggi avveniva mentre gli animali, in prevalenza pecore, erano al pascolo e non vi erano fieni in fermentazione. Nell’Europa continentale invece la produzione dei formaggi in prevalenza di latte vaccino avveniva in ambienti a stretto contatto con i fieni raccolti per l’alimentazione invernale degli animali, fieni soggetti a fermentazioni dove sono soprattutto presenti funghi microscopici le cui spore inevitabilmente contaminano l’ambiente. Le grotte in cui i primi formaggi erano lasciati maturare condividevano sia l’umidità che la bassa temperatura degli ambienti controllati, condizioni particolarmente favorevoli alla proliferazione di muffe. I penicilli e in particolare il P. roqueforti tollerano e si sviluppano a basse temperature e a deboli concentrazioni di ossigeno. Non è certamente un caso che nell’Italia settentrionale il più noto formaggio erborinato, ora noto come Gorgonzola dal luogo di maggiore e più tipica produzione, nel passato era invece conosciuto come stracchino verde, un formaggio prodotto dalle vacche stracche o stanche sia perché di ritorno dalla monticazione sia perché a fine della lattazione, prodotto nelle cascine di pianura a contatto di fieni le cui spore contaminano il latte e quindi anche i formaggi.
Formaggi erborinati dalle molte leggende
Dei formaggi erborinati abbiamo diverse testimonianze e più spesso leggende per singoli prodotti, come per il Roquefort. In uno dei suoi viaggi l’Imperatore Carlo Magno, senza preavviso e in un giorno di magro, arriva in una non ricca abbazia dove si deve accontentare di un pasto di solo pane e di un formaggio con macchie verdi di cui ignora la natura e che con il suo coltello elimina accuratamente. Il priore dell’abbazia gli fa rispettosamente rilevare che eliminando la parte verde perde la parte migliore del formaggio e quando l’Imperatore l’assaggia è così convinto che prega l’abate di mandare ogni anno due casse di quel formaggio alla sua reggia di Aix-la-Chapelle. Non si sa quale sia l’abbazia ma oggi si pensa possa essere stata quella di Vabres, piccolo villaggio nei pressi di Roquefort dove esisteva un’importante abbazia guidata da un abate mitrato e che aveva la tradizione di ospitare importanti personaggi di passaggio. Ancora oggi il Roquefort è un formaggio erborinato prodotto con latte di pecora, originario di Roquefort-sur-Soulzon (Francia meridionale), con la principale caratteristica di avere venature blu-verdi (simili a quelle dell’italiano Gorgonzola) provocate dallo sviluppo di una muffa, il Penicillium roqueforti (Penicillium glaucum), con una crosta umida e una pasta untuosa, compatta ed erborinata. Secondo questa leggenda, il francese Roquefort risalirebbe a prima dell’anno mille come l’italiano Gorgonzola, che sarebbe datato all’anno 879 come stracchino e che sembra non contenesse venature colorate prima dell’XI secolo. Il formaggio Stilton sarebbe invece una creazione relativamente recente, comparendo la prima volta nel XVIII secolo. Molte varietà di formaggi erborinati sono poi state create conseguentemente alla crescente richiesta di formaggio Roquefort che, nella sua ricetta originale, aveva un alto costo di produzione.
Formaggi erborinati e l’addomesticamento delle muffe
I formaggi erborinati e i formaggi blu dal medioevo al milleottocento non sono inoculati con le muffe, e in particolare con il Penicillium roqueforti, ma sono la conseguenza di spontanee contaminazioni ambientali del latte e per questo sono diversi da forma a forma, da anno a anno e da caseificio a caseificio. È solo alla fine del milleottocento che, a seguito alle nuove conoscenze sulla microbiologia alimentare e alle ricerche sperimentali, le spore asessuali (conidi) di P. roqueforti sono inoculate nella cagliata di formaggio all’inizio del processo di produzione. Le spore da inoculare sono inizialmente raccolte da pane lasciato ammuffire nell’ambiente, da popolazioni di muffe selvagge presenti nei caseifici e da allevamenti animali e grotte o locali di stagionatura di formaggi erborinati. In seguito, quelle che danno buoni formaggi sono selezionate e inoculate in pani per moltiplicare le muffe dalle quali ricavare le spore da inoculare nella cagliata di latte destinata a produrre il formaggio. Negli ultimi quaranta anni, per evitare problemi di sanità e rendere il processo di maturazione del formaggio replicabile e affidabile, si selezionano ceppi di muffe che sono coltivati in laboratorio e industrialmente, le cui spore servono per la produzione di formaggi erborinati con un sistema ancor oggi in atto.
Una migliore conoscenza sulle muffe che stanno alla base della produzione dei formaggi erborinati, e soprattutto del Penicillium roqueforti, deriva da recenti ricerche che sono state svolte in base al principio enunciato da Theodosius Dobzhansky (1973) secondo il quale in biologia nulla ha senso se non alla luce dell’evoluzione. Il P. roqueforti, come altre specie del suo genere, è largamente diffuso in natura e si sviluppa sui vegetali morti come i foraggi e i fieni, il legno e gli alimenti umani, come la frutta ed il pane, anche refrigerati per la sua capacità di tollerare temperature fredde, basse concentrazioni di ossigeno, alcali e conservanti acidi deboli. Il Penicillium roqueforti si trova anche in altri ambienti come i foraggi fermentati; la sua nicchia ecologica naturale è però ancora sconosciuta, molto probabilmente perché è multipla e comprende una grande varietà di ambienti.
Utilizzando le moderne tecnologie genetiche Jeanne Ropars e collaboratori (Ropars J., Lopez-Villavicencio M., Snirc A., Lacoste S., Giraud T. – Blue cheese-making has shaped the population genetic structure of the mould Penicillium roqueforti – PLOS ONE. arch 1, 2017) hanno studiato il genoma dei P. roqueforti usati nella produzione dei formaggi confermando che nelle popolazioni del micete vi sono due cluster genetici principali, ciascuno suddiviso in tre sottopopolazioni, il che fa pensare che vi siano stati nel passato due eventi di addomesticamento indipendenti di P. roqueforti per la produzione di formaggi blu. Questa conclusione di diversi stipiti micotici è ora confermata da più recenti indagini della stessa Jeanne Ropars e collaboratori (Ropars J., Didiot E., Rodríguez de la Vega R. C., Bennetot B., Coton M., Poirier E., Coton E., Snirc A., Le Prieur S., Giraud T. – Domestication of the emblematic white cheese-making fungus Penicillium camemberti and its diversification into two varieties – February 12, 2020) sul Penicillium camemberti, che dimostrano il grande interesse di queste ricerche per tentare di ricostruire la storia degli interventi umani di addomesticamento delle muffe nella produzione dei formaggi e di altri alimenti fermentati.
Nel corso dei millenni, nella produzione dei formaggi, gli uomini, cercando di migliorarne le caratteristiche, hanno compiuto un addomesticamento dei microrganismi che intervengono nella loro produzione, avvenuto in diverse riprese e in diversi ambienti, selezionando ceppi con caratteri specifici benefici come ad esempio una più veloce crescita di formaggio, colore attraente, gusto gradito ma senza la produzione di effetti dannosi come le micotossine.
Formaggi erborinati, sicurezza e aroma
Le micotossine sono metaboliti secondari naturali che i funghi producono in base alla loro genetica e in determinate condizioni ambientali loro avverse. Possono causare molti effetti negativi, come il cancro e le mutazioni genetiche, nonché portare disturbi a livello estrogenico, gastrointestinale e renale. Alcune micotossine sono inoltre immunosoppressive e riducono la resistenza alle malattie infettive. Tra i funghi produttori di micotossine vi sono anche i Penicillium: ricerche sugli stipiti oggi usati nella produzione dei formaggi erborinati hanno però dimostrato la loro innocuità, diversamente da quanto potrebbe avvenire usando stipiti selvaggi.
Alle fermentazioni dei formaggi erborinati partecipa una foltissima e complessa popolazione microbica e non soltanto i Penicillium. Come già prima indicato, il gusto del formaggio erborinato tende ad essere pungente e leggermente piccante, con un odore spesso identificato gergalmente come odore di piedi puzzolenti o di altre parti del corpo. Queste caratteristiche sono la conseguenza della crescita del Brevibacterium linens, un batterio gram-positivo a forma di bastoncino, onnipresente sulla pelle umana dove provoca odore del piede e dovuto ai composti contenenti zolfo noti come S-metil tioesteri. Questo microrganismo, che probabilmente deriva dall’uomo, è presente in molti formaggi oltre agli erborinati, come Munster, Limburger, Port-du-Salut, Raclette, Livarot, Pont l’Eveque, Époisses de Bour-gogne, Wisconsin Brick, Năsaland Pálpusztai, Brick, Tilsiter e Appenzeller. L’interesse per B. linens risiede nella sua capacità di accelerare la maturazione del formaggio producendo una proteinasi extracellulare e alti livelli di metanethiolo che dà un importante contributo al sapore del formaggio.
Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie.
Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.
Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.