Sono ormai passati circa 30 anni da quando abbiamo saputo della disponibilità di una varietà di mais geneticamente modificata (GM) per resistere agli attacchi della piralide, alla quale avevano dato il nome di mais BT. Nel genoma di questa pianta furono inseriti geni del Bacillus thuringiensis per conferirgli l’abilità di resistere naturalmente all’Ostrina nubilasis (piralide). Dopo pochi anni (1995), l’allora Monsanto presentò una varietà di soia geneticamente modificata dal nome Roundup-Ready in grado di resistere appunto al Roundup, nome commerciale del diserbante della stessa Monsanto, ossia il glifosato. Da allora, tra polemiche, divieti e concessioni, a questa varietà OGM se ne sono aggiunte altre come il cotone BT e ancora.

Ad oggi sono 190 milioni gli ettari coltivati nel mondo con OGM, e ciò corrisponde al 12-13% della terra arabile del nostro pianeta. Si stima ad esempio che il 78% della soia coltivata sulla Terra sia GM e il mais il 30%. L’UE, in nome del “principio della precauzione“, non ha mai consentito la coltivazione di queste piante. Ciò è possibile, anche se in forma limitata, solo in Spagna e Portogallo. Nonostante il divieto di coltivazione l’Europa, e quindi l’Italia, importano grandi quantità di materie prime GM, e questo appare ad una lettura superficiale una contraddizione. Purtroppo in questi ultimi 30 anni la discussione OGM sì – OGM no è stata caratterizzata solo ed esclusivamente da contrapposizioni ideologiche incentrate sui rischi per la biodiversità, la salute dell’uomo e degli animali e la libertà dell’allevatore di riseminare i semi delle piante senza essere costretto a comprarne sempre di nuovi dalle multinazionali.

La concomitanza tra pandemia, guerra in Ucraina, siccità e speculazione finanziaria sta facendo riflettere sul fatto che convenga aumentare il livello di autosufficienza delle commodity agricole, e questo comporta l’utilizzo di una maggiore SAU e l’aumento delle rese per ettaro.

E’ dovere di tutti quindi riaprire il dibattito sugli OGM e sulle nuove tecniche di editing genomico, e per farlo Ruminantia si è rivolta al Dott. Luigi Cattivelli, specialista di genomica e di genetica vegetale, Direttore del centro ricerche per la Genomica e la bioinformatica di Fiorenzuola D’Arda del CREA.

Cercheremo poi con video interviste successive di arricchire la discussione approfondendo anche gli aspetti etici, in modo da aiutare voi lettori a farvi un’idea più chiara su questa questione.