Una tradizione antica che è stata la base dello sviluppo per l’arte casearia regionale 

L’agronomo Michele Tanno,Presidente dell’Associazione molisana “Arca Sannita” nata per salvaguardare le biodiversità del Molise, e autore di diversi libri, racconta in giro per l’Italia le ricchezze del Molise, una regione piccola e con un grande potenziale inespresso. 

All’interno della Sala consiliare del Comune di Forlimpopoli qualche giorno fa, Michele Tanno, memoria storica del Molise, ha raccontato il suo lavoro di ricerca capillare per il recupero di prodotti antichi, grani e mais, ma anche vitigni: si deve a lui infatti la riscoperta dell’antica Tintilia, vitigno autoctono che oggi è un fiore all’occhiello dell’economia agroalimentare molisana. Inoltre, non poteva non raccontare il passato pastorale della regione su cui per secoli si è fondata l’economia locale, tradizione che ha permesso anche lo sviluppo di un’arte casearia peculiare. 

Le origini della pastorizia risalgono all’Impero Romano, ma fu sotto gli Aragonesi, fra il 1200 e il 1500, che vennero introdotte una serie di riforme per disciplinare tutti gli aspetti della vita del pastore, prima fra tutte la Dogana, che rese più sicura la vita dei mandriani che percorrevano la rete dei tratturi.  

Infatti, a causa del clima rigido, la pastorizia in Molise assunse presto il carattere transumante, spostando due volte l’anno le greggi dalla collina verso la pianura durante i mesi invernali e il percorso contrario (la cosiddetta monticazione), durante i mesi estivi. Fu così che si creò una vera e propria rete viaria tra Abruzzo e Puglia che attraversava completamente il Molise.

La carovana composta da massari (gli uomini di fiducia del proprietario della mandria), cascieri (gli addetti alla produzione del formaggio) e butteri (i custodi degli animali), oltre ad occuparsi degli animali, aveva necessità di trovare mezzi di sussistenza adeguati nel periodo trascorso fuori casa. 

Così, nelle soste lungo il percorso per riposare o mungere gli animali (all’interno degli ‘stazzi’ allestiti) venivano scambiati i prodotti della pastorizia con quelli di contadini e artigiani del posto, in un vero e proprio mercato. I prodotti ottenuti dalla trasformazione del latte erano particolarmente richiesti e arrivavano anche dai paesi vicini per acquistarli.

Tutto questo ha fatto nascere alcune delle più importanti tradizioni casearie che sono arrivate fino ai giorni nostri e vengono ancora custodite gelosamente.

L’industrializzazione, l’emigrazione verso le città e le nuove pratiche agricole hanno progressivamente affievolito l’economia pastorale fino quasi alla sua estinzione. Quello che è rimasto da questa antica arte è una fitta rete di tratturi che nel 2019 è stata riconosciuta Patrimonio immateriale Unesco come

‘esempio di approccio sostenibile che ha contribuito a modellare il paesaggio naturalistico italiano e rispettosa del benessere animale e dei ritmi delle stagioni’.

Un viaggio in Molise permette di attraversare queste ‘autostrade verdi’ a piedi, a cavallo o in bicicletta, in un percorso affascinante, senza tempo, dove la fatica fisica viene ripagata dalle bellezze paesaggistiche e dalle bontà gastronomiche del percorso.

Oggi è la famiglia Colantuono, a rappresentare la transumanza. Ultima rimasta, sposta oltre 400 bovini, soprattutto di razza Podolica, razza d’elezione per la produzione di formaggi molisani, sul percorso storico Frosolone (CB) – San Marco in Lamis (FG). I Colantuono praticano la transumanza da oltre cinque generazioni, ininterrottamente dalla fine del 1800.

Ogni anno aumentano le richieste che la famiglia riceve da turisti che vogliono percorrere la transumanza, tanto che il New York Times ha dedicato qualche anno fa un lungo speciale a quali fossero i motivi a spingere appassionati da tutto il mondo a questa pratica. 

La perdita della cultura pastorale è tuttavia una minaccia molto seria alla biodiversità che caratterizza il Molise. Non sempre le attività umane infatti sono un problema per l’ambiente naturale. Dove ci sono animali al pascolo si genera una diversità ambientale che incrementa la biodiversità. Dell’affievolirsi dell’attività pastorale ne hanno risentito in modo pesante anche i caseifici artigianali che nell’allevamento hanno le proprie radici. 

I caseifici in Molise hanno avuto un forte ridimensionamento soprattutto nelle zone casearie storiche come Agnone e Bojano. Poi lo sandalo del latte importato senza essere riportato in etichetta ha fatto il resto. 

Chi è sopravvissuto ha radici solide, incentrate sulla qualità, consapevole che le tradizioni non sono negoziabili, ma sono parte stessa dell’eccellenza. 

Foto di copertina tratta dal libro Cultura, Tradizioni, gastronomi a della Provincia di Campobasso di R. Terrigno, F. Liverani, A. Giacomozzi.