L’inizio settimana è stato caratterizzato da una forte attenzione mediatica su un tema estremamente delicato, quello dell’eradicazione di brucellosi e tubercolosi nella regione Campania, in quanto è stato di recente presentato il nuovo programma obbligatorio. Attraverso programmi TV e conferenze stampa diversi attori della filiera hanno espresso la loro posizione, e noi di Ruminantia riteniamo doveroso riportare quanto esposto da tutti quanti.

Lunedì scorso (2 maggio 2022) la trasmissione televisiva “Report” ha dedicato quasi l’intera puntata alla questione, dando voce a diverse persone coinvolte nella vicenda a vario titolo. La prima scena è stata quella di alcuni allevatori mascherati che versano il latte di bufala in segno di protesta verso degli abbattimenti da loro ritenuti inutili, sottolineando che questo sistema ha provocato la chiusura di 300 aziende e il “massacro inutile” di 140.000 bufale. Tra i primi è stato intervistato il presidente Confagricoltura Caserta, Enrico Migliaccio, che ha aperto le porte della sua azienda dove sono stati abbattuti 850 capi su un totale di 1200. L’allevatore racconta di un notevole incremento dei contagi avvenuto dal momento in cui, nel 2014, è stata interrotta la campagna di vaccinazione, e sottolinea come il ritardo nella ricezione dei referti delle analisi effettuate dall’Istituto Zooprofilattico del Mezzogiorno sui campioni prelevati dalla Asl abbia secondo lui contribuito ad aggravare ulteriormente la situazione favorendo la diffusione batterica. Altro aspetto che viene evidenziato dalla trasmissione è quello che ai successivi esami post mortem solamente il 2% del totale dei capi abbattuti sarebbe risultato malato (infetto) e pertanto il restante 98% è stato destinato al “libero consumo”.

Le testimonianze seguenti di altri allevatori ribadiscono le stesse questioni aggiungendo anche una nota sull’aspetto della commercializzazione. Secondo Report, tutti questi capi abbattuti vengono inviati in un macello distante 150 km dalla provincia di Caserta di proprietà di un noto Gruppo industriale, e gli intermediari, informati prima degli allevatori sui risultati delle analisi, avrebbero l’abitudine di elargire agli stessi anticipi a nero per garantirsi la fornitura. La parola è poi passata all’Avv. Taormina che sta indagando sulla vicenda, in quanto è stato segnalato che le metodiche analitiche utilizzate sono obsolete ma non si è voluto procedere in tal senso. Anche il dr. Vincenzo Caporale, studioso e presidente della commissione per gli standard biologici dell’Organizzazione mondiale per la sanità animale (Oie), ritiene che il test sierologico utilizzato dalla Asl di Caserta si avvalga di una metodica ormai superata e che non sia tecnicamente corretto definire infetto un allevamento solamente con prove indirette, né tantomeno in linea con quanto previsto dalle norme europee ed internazionali secondo le quali la conferma di diagnosi di una malattia si può dare solo quando viene isolato l’agente patogeno (art. 9 della Norma europea 689/2020). Anche secondo il presidente del Consiglio Superiore di Stato Franco Frattini la teoria dell’esame sierologico è stata superata dall’evoluzione scientifica, pertanto ha emanato un’ordinanza all’Istituto Superiore della Sanità in cui chiede di verificare e validare nuovi metodi per il rilevamento del batterio. A questa richiesta non è però stato dato seguito, pertanto attualmente gli allevatori che hanno presentato ricorso alla Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno le sentenze congelate e gli animali fermi in quarantena in attesa di giudizio, quando saranno definiti i nuovi tipi di esame da fare. Il punto di vista della Asl di Caserta, nella persona del direttore del servizio sanitario, Carlo Ferrara, è che ci sia un problema di interpretazione perché in un allevamento possono esserci molti animali infetti, ma pochi malati, ma per il principio di precauzione e per la normativa attualmente in vigore è necessario procedere con gli abbattimenti quando i capi contagiati risultano più del 20%. Concorde con questa posizione è la Regione Campania, l’Istituto Zooprofilattico del Mezzogiorno e anche Confagricoltura Campania, nella persona del presidente Fabrizio Marzano, in netta contrapposizione con quanto espresso da Confagricoltura Caserta. L’8 marzo u.s. è stato poi approvato un nuovo piano regionale per contrastare la brucellosi e la tubercolosi, che però gli allevatori intervistati considerano peggiore del precedente chiedendo a gran voce, come riporta Peppe Pagano del Consorzio Nuova Cooperazione Organizzata, di: reintrodurre la vaccinazione, individuare un nuovo metodo di analisi e agire sul sistema di autocontrollo. Nella nuova strategia operativa la Regione ha introdotto il Nob, Nucleo Operativo di Biosicurezza con funzioni di controllo, i cui membri svolgono le loro funzioni a titolo gratuito, ma secondo gli allevatori intervistati da Report alcuni componenti svolgerebbero attività di consulenza e sarebbero quindi in conflitto di interessi con il ruolo ricoperto. Il professor Giuseppe Campanile dell’Università degli Studi di Napoli è tra i chiamati in causa, ma smentisce prontamente questa tesi in un’intervista telefonica. Per quanto riguarda le posizioni di Regione Campania e Istituto Zooprofilattico del Mezzogiorno, diretto da dr. Antonio Limone, nessuno ha voluto rilasciare interviste a Report.

Martedì 3 maggio la Regione Campania ha però tenuto una conferenza stampa in materia, alla presenza dei rappresentanti di tutte le istituzioni: Ministero della Salute; Regione Campania; Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno; Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna “Bruno Ubertini” e Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise, con i relativi Centri di referenza nazionali per tubercolosi e brucellosi; ASL Caserta.

“Oggi l’intera filiera istituzionale ha fatto chiarezza su tutti gli aspetti controversi del Piano – afferma l’assessore all’Agricoltura della Regione Campania, Nicola Caputo – con l’unico scopo di tutelare la salute dei cittadini e cercare di risolvere questo grave problema che attanaglia gli allevatori. Il Programma, condiviso con tutti gli stakeholder, è espressione degli input registrati dagli operatori ed è ispirato da tre principi fondamentali nella direzione tracciata dal presidente Vincenzo De Luca: massima trasparenza, rigore nell’applicazione del Piano e vicinanza agli allevatori, che stanno vivendo un periodo di grande difficoltà. Resta aperto il dialogo con tutti gli attori per rendere sempre più performante il Piano nella fase attuativa, incoraggiando incontri continui tra operatori Asl e allevatori al fine di favorire una univoca applicazione e comprensione di tutti punti. Le parole d’ordine che guidano la nostra azione sono efficienza, trasparenza e condivisione. Abbassiamo i toni, dunque, e mettiamoci tutti al lavoro”.

Il Programma già comprende le richieste avanzate dagli operatori di settore, in particolare in materia di vaccinazione, autocontrollo e trasparenza.

“Abbiamo chiarito il punto sulla vaccinazione, prevista nel Piano per i capi dai 6 ai 9 mesi di aziende con focolaio estinto. Per l’avvio della vaccinazione siamo in attesa di autorizzazione da Bruxelles. Abbiamo spiegato che tutte le richieste avanzate dagli operatori sono state inserite nel Piano e che, comunque, continueremo a valutare ulteriori proposte migliorative anche nel costituito Comitato trasparenza, che vede tutti gli attori presenti. L’obiettivo è migliorare l’operatività del Piano. Perfino una nota trasmissione televisiva – conclude l’assessore Nicola Caputo – ha dimostrato che dobbiamo insistere sulle norme di welfare animale e biosicurezza in provincia di Caserta, come è apparso evidente dalle immagini, per arrivare alle cosiddette stalle modello, accompagnando il Piano con misure di ripristino di sostenibilità ambientale dei territori”.

Il Ministero della salute, come massima autorità competente nazionale, ha garantito la massima disponibilità.

“Ci preoccupiamo che non ci siano situazioni di diffusione o di focolai della malattia – dice Pierdavide Lecchini, direttore generale della Sanità Animale e dei Farmaci Veterinari del Ministero della Salute – utilizzando Piani nazionali di controllo per contenere e affrontare la diffusione. Abbiamo l’obbligo di applicare le misure previste dalla Comunità europea in materia di profilassi. Misure non discrezionali ma riconosciute ufficialmente nei due riferimenti quadro che dobbiamo far applicare. Non ci sono altre possibilità previste dalle norme, oltre quelle indicate nel Piano. In merito al cluster di Caserta, a partire dal 2021 siamo stati particolarmente proattivi proprio per cercare di risolvere i problemi sul territorio. Il Piano straordinario, redatto con tutti gli attori, è mirato ed elenca misure tecnicamente e scientificamente comprovate. Questa è la strada da seguire, oltre all’azione di monitoraggio per valutare tutti i dati e migliorare una situazione che ci mette in difficoltà anche con i nostri partner europei”.

La conferenza stampa è stata una importante opportunità per fare definitivamente chiarezza su quanto richiesto, nel corso delle recenti mobilitazioni, dai rappresentanti degli allevatori.

“Ho ascoltato molte inesattezze in questi giorni – spiega Antonio Limone, direttore generale Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno – una mistificazione della realtà che ha pervaso anche l’intero servizio di Report. Non è vero che abbiamo abbattuto animali sani. Abbiamo abbattuto animali positivi alle prove previste per legge, proprio per impedire la diffusione della malattia. Non è vero che abbiamo abbattuto 140.000 capi. Dal 2011 abbiamo abbattuto per tubercolosi 21.964 capi e per brucellosi 67.843 capi. Al momento, negli allevamenti con sospensiva agli abbattimenti ci sono 1.774 capi per brucellosi e 1.165 capi per tubercolosi, bloccati dai ricorsi in area cluster. Lasciare in vita questi capi rappresenta una importante fonte di diffusione delle malattie. Il successo del Piano dipenderà dall’obiettivo comune che dobbiamo raggiungere insieme agli allevatori, uniti dallo stesso intento, perché il principale interesse che ci accomuna è, e deve essere, eliminare le malattie dalle stalle”.

Presenti alla conferenza stampa, insieme all’assessore Nicola Caputo, Pierdavide Lecchini, direttore generale della Sanità Animale e dei Farmaci Veterinari del Ministero della Salute; Maria Passari, direttore generale per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali della Regione Campania; Antonio Limone, direttore generale Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno; Paolo Sarnelli, responsabile Unità Operativa Dirigenziale della Regione Campania “Prevenzione e Sanità Pubblica Veterinaria”; Piero Frazzi, direttore generale Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna “Bruno Ubertini”; Maria Pacciarini responsabile CRN per la tubercolosi;

Nicola D’Alterio, direttore generale Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise; Manuela Tittarelli Responsabile del CRN per le Brucellosi; Ferdinando Russo, direttore generale ASL Caserta; Giuseppe Iovane, professore di Malattie Infettive degli Animali Domestici dell’Università degli Studi di Napoli Federico II; Giuseppe Campanile, professore di Zootecnica Speciale dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.

Dopo aver dato voce a tutti gli attori che si sono voluti esprimere su questa annosa problematica, l’augurio della nostra redazione è che con proficua collaborazione si trovi il modo di uscirne quanto prima, perché il mondo bufalino rappresenta un vero e proprio fiore all’occhiello per la nostra zootecnia e per il settore agroalimentare nazionale. E’ quindi interesse di tutti che l’intera filiera possa continuare la produzione serenamente e con il giusto profitto.