Nelle sontuose tombe dei potenti dell’antichità sono raccolti gli oggetti più preziosi e soprattutto indispensabili per una felice vita ultraterrena: armi e gioielli per gli uomini, gioielli e cosmetici per le donne, e per entrambi quelli legati ai piaceri della tavola. Non fanno eccezione gli Etruschi che nelle loro tombe ci hanno lasciato oggetti preziosi ed importanti per un convivio eccellente. Accanto ai crateri per la diluizione del vino ed alle tazze per le libagioni – senza vino che banchetto è? – vi sono delle grattugie di bronzo come quelle esposte al Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma.

Una grattugia di bronzo in una tomba etrusca. Perché? Che fosse un oggetto prezioso tanto da non essere dimenticato per una felicità ultraterrena lo abbiamo già detto. Il fatto che fosse di bronzo – una lega metallica al tempo preziosa e riservata quindi ad oggetti particolari – non fa che convalidare la sua importanza. Ma per grattugiare che cosa? E soprattutto, perché accanto alla grattugia gli etruschi non mettono nelle tombe altri oggetti da cucina?

L’importanza che gli etruschi attribuiscono alla grattugia deriva senza dubbio da che cosa è grattugiato, che non si è conservato nella tomba e che probabilmente faceva parte dei doni rituali offerti ai defunti. Certamente non sono grattugiati ordinari alimenti vegetali, ma cibi ben più preziosi e l’unico che ha queste caratteristiche è il formaggio stagionato. Un formaggio, inoltre, che deve essere grattugiato in tavola, altrimenti non si spiegherebbe la grattugia conviviale degli etruschi e perché quest’oggetto sia stato messo nella tomba, dove non vi sono pentole, tegami e spiedi usati in cucina.

Che in Italia, al tempo degli Etruschi e quindi diversi secoli prima dell’Era Corrente, vi fossero dei formaggi stagionati è confermato da molte prove, non ultime quelle letterarie. Chi non ricorda il Caseificio di Polifemo, dettagliatamente descritto nell’Odissea, dove si producono formaggi stagionati su graticciati? Nell’Iliade come ricetta per i feriti è indicata una bevanda costituita da vino sul quale è grattugiato del formaggio al momento dell’uso, e quindi sul campo (di battaglia).

Già quindi i Greci della guerra di Troia, ma anche gli Etruschi (non vi era la leggenda che questi si fossero trasferiti in Italia proprio in seguito a quella guerra?) venticinque e più secoli fa, hanno capito che per una buona tavola il formaggio stagionato va grattugiato al momento dell’uso e spolverato direttamente sul piatto desiderato, anche se probabilmente lo stesso formaggio è anche mangiato sotto forma di scaglie staccate dalla forma.

Ancor oggi, per una buona tavola, è indispensabile che il formaggio sia grattugiato al momento dell’uso o immediatamente prima. Non vi è niente di peggio che trovare sulla tavola, anche di un ristorante che vorrebbe essere di classe, una formaggiera con un formaggio grattugiato da tempo. Un formaggio inoltre talvolta anonimo che nei casi peggiori può presentarsi secco, polverulento, ossidato se non irrancidito con la consistenza ed il sapore della segatura. Basterebbe questo per uscire immediatamente dal ristorante, giustificando la fuga con il non rispetto della regola etrusca e cioè che il formaggio va grattugiato al momento dell’uso.

Al diavolo quindi le formaggiere ed il formaggio grattugiato da chissà quanto tempo! Pratica che rovinerebbe anche il migliore dei formaggi! Viva invece la grattugia sulla tavola per grattugiare il formaggio, quando ci vuole ed a proprio gradimento, sul piatto. Sulla tavola è inoltre preferibile una grattugia d’argento, metallo che conduce benissimo il calore, non si scalda durante la grattugiata e quindi consente al formaggio di mantenere tutte le sue caratteristiche. Per lo stesso motivo è accettabile la grattugia d’alluminio, ma non d’altri materiali, e soprattutto è da bandire la plastica. Non è consigliabile una grattugia di ferro e tanto meno di rame, due metalli che reagiscono con i derivati del latte. Vi è quindi qualche dubbio anche sulla grattugia di bronzo, ma gli Etruschi non potevano fare di meglio. D’altra parte, se avessero fatto e scoperto tutto loro, che cosa ci staremmo a fare noi?

Regole e consigli che divengono tanto più importanti, quanto più alta è la qualità del formaggio. Purtroppo oggi non viviamo più come gli Etruschi e banchettare da mane a sera senza crucciarci del tempo passato a tavola, secondo il proverbio che a tavola non s’invecchia. Il tempo è divenuto tiranno anche a tavola e se sono state inventate le sopra maledette formaggiere un motivo vi è stato, ed è facilmente intuibile. Ma è proprio impossibile avere la botte piena e la moglie ubriaca, cioè un formaggio grattugiato che sia al tempo stesso d’origine sicura e soprattutto mantenga le caratteristiche che ha quando cade dalla grattugia? Un formaggio pre-grattugiato, ma sempre di sicura origine e che non possa alterarsi non sarebbe molto utile soprattutto in cucina? Anche per evitare l’uso di grattugie elettriche che spesso scaldano in modo improprio il formaggio e quindi lo rovinano.

La risposta a queste domande è oggi affermativa. La tecnologia, in questo caso una tecnologia buona o tecnologia dolce, ci assicura un ottimo e sicuro formaggio Parmigiano Reggiano grattugiato, anzi pre-grattugiato, perché esiste un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (4 novembre 1991) che estende la Denominazione d’Origine del Formaggio Parmigiano Reggiano alla tipologia grattugiato. Sotto questa nuova veste il Re dei Formaggi è oggi prodotto da forme intere marchiate ed ineccepibili. Dopo essere stato convenientemente grattugiato, il formaggio è confezionato nell’ambito della zona di produzione del formaggio stesso e secondo tecnologie che lo proteggono e gli consentono di mantenere tutte le caratteristiche di genuinità ed i caratteri organolettici necessari. In conformità a raffinate, ma al tempo stesso sicure, tecniche analitiche, è anche possibile determinare se nella confezione è contenuto proprio formaggio Parmigiano Reggiano od un altro formaggio. Un vero e proprio test di paternità che può fugare ogni dubbio sull’origine del formaggio!

Nonostante tutte le precise ed approfondire ricerche che hanno portato al formaggio grattugiato con la Patente e la Garanzia, il mio parere personale è che, potendolo fare, il massimo rimane la grattugiata, ovviamente quando ci vuole (e questo si può stabilire soltanto a tavola e dopo aver assaggiato il piatto), a tavola e soprattutto con una grattugia d’argento!

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri.

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.