In un’epoca caratterizzata dalla frenetica rincorsa alla tecnologia, all’automazione, alla macchina al posto dell’uomo, la mozzarella di bufala rimane un prodotto artigianale o semi-industriale, profondamente diverso dai prodotti industriali che hanno già “usurpato” in parte il nome di mozzarella. Nel miglioramento della qualità di questo formaggio bisogna quindi rispettare il filo conduttore tradizione che lo caratterizza e tener conto delle reali problematiche del settore.

Se si torna alle origini, è “mozzarella di bufala” il formaggio fresco a pasta filata ottenuto dal solo latte di bufala e del peso di 200 – 350 gr circa, mentre per pezzature inferiori si parla di “bocconcino” (40-65 gr) o “cardinale” (15 – 35 gr). Una mozzarella di oltre 400 gr è invece detta “aversana”, dalla zona nella quale erano caratteristiche tali pezzature, o “mozzarellina”, e da qualche anno è venuta la moda della “Zizzona di Battipaglia” e della “Mammellona di Eboli, di pesi oscillanti dai 500 grammi fino ai 5 Kg.

La pezzatura è molto importante per la qualità ed il gusto della mozzarella: infatti le piccole pezzature, che sono le più richieste, non sono le migliori sotto il profilo organolettico perché la pasta è meno lavorata.

Il “bocconcino” può essere consumato anche a poche ore dalla produzione; la “mozzarella”, invece, necessita di una sosta in salsetta (soluzione di acqua e sale al 3%), per almeno 6-8 ore, ed ancora più lunga sarà la sosta per le “aversane”, che a volte per accelerare la vendita vengono tenute per qualche ora in salamoia (acqua e sale 12-18%), avendo cura di rivoltarle 1 ora per parte così da avere poi una forma più schiacciata e caratteristica, e poi messe in liquido di governo.

L’alta densità della salamoia fa galleggiare la mozzarella che ancora calda tende ad appiattirsi leggermente; poi la si gira dall’altra parte, così da salare anche l’altro lato. Per gli alti costi della manodopera si è diffuso l’uso delle macchine mozzatrici, adatte per piccole pezzature ma non altrettanto per le medie e le grandi. Quando l’operatore lavora la mozzarella a mano, sente al tatto la consistenza dell’impasto e decide quale dovrà essere la grandezza del formaggio. Se la pasta è più morbida vengono prodotti bocconcini e cardinali, se di media morbidezza sarà idonea per mozzarelle; infine, se più consistente servirà per aversane o provole.

Il taglio manuale è più dolce, meno traumatizzante per la pasta, e dopo ogni “mozzata“, l’addetto che tiene il pezzo di cagliata fa di nuovo la faccia per far sì che la pelle sia sempre lucente ed integra. Il confezionamento della mozzarella in carta o buste opache toglie al consumatore il sottile piacere visivo della pelle lucente ed integra della mozzarella; si preferiscono quindi contenitori trasparenti.

Analisi organolettica della mozzarella di bufala

All’apertura del contenitore si valuta l’aspetto e l’odore del liquido di governo che deve essere chiaro con leggeri riflessi verdastri, come di siero diluito se ottenuto dal liquido di filatura con il metodo classico, altrimenti trasparente o appena biancastro se ottenuto con acqua ed acidi organici; importante è l’assenza di corpi estranei o comunque scarsa presenza di pezzetti di pelle di mozzarella. L’aroma deve essere di fermenti lattici e di burro riscaldato. La mozzarella va adagiata in una bacinella di vetro o ceramica scura con buona parte del liquido di governo; si osserva quindi la linea di mozzatura che avrà un solo rilievo se a macchina o tre se mozzata a mano.

Il colore deve essere bianco porcellanato con riflessi impercettibili verde/azzurro, brillante e liscio. La superficie della pelle deve essere integra non rugosa, tranne che se mozzata a mano, un poco vicino la superficie di taglio.

La pasta della mozzarella deve avere consistenza elastica quando è fresca e prodotta da poco, poi diventa meno elastica e cedevole con l’invecchiamento.

Passando il dito delicatamente sulla pelle, essa rimane integra e lucente senza mai screpolarsi anche se il prodotto rimane fuori dal liquido di governo per una ora. Con il dito si sente una leggera patina di grasso.

A questo punto si pone la mozzarella su di un tagliere e si procede delicatamente al taglio con un coltello a lama liscia molto affilato, senza schiacciare; raggiunta poco più della metà del diametro si sposta il coltello e si allargano le due metà cercando di sentire l’odore. Si prendono con le mani le due parti e si staccano facendo un poco di forza, in questo modo si valuta la “corda”, e quindi anche l’età (la corda o nervo è la capacità elastica della struttura della mozzarella che va diminuendo con l’invecchiamento). Sulla superficie di taglio geme della sierosità biancastra con odore dolce di fermenti lattici associato ad un leggerissimo e piacevolissimo sentore di muschio, si riconoscono addirittura essenze della macchia mediterranea. La pelle è sottile e quasi impercettibile, la struttura della pasta è a sfoglia di cipolla, rare le occhiature; si possono riscontrare vuoti più o meno grandi causati da inglobamento del liquido durante la mozzatura.

L’assaggio ci fa distinguere nettamente il dolce, l’acido e il salato, sotto i denti sembra stridere in bocca quando è fresca; con il tempo questa caratteristica tende a scomparire.

Per una buona conservazione bisogna tenere le mozzarelle all’interno della confezione, immerse nel loro liquido di governo. Evitare assolutamente di conservarle a temperature molto basse se le si vuole consumare fresche perché il freddo altera sapore e struttura.

Per gustarle al meglio si consiglia di immergere la confezione sigillata in una bacinella d’acqua tiepida (40°C circa) per circa 15/20 minuti prima di mangiarle.

Il periodo di conservazione di una mozzarella di bufala oscilla molto: va dai 5-6 giorni di una mozzarella artigianale con il 65% di umidità ottenuta da latte crudo, ai 30-40 giorni di mozzarelle industriali ottenute con latte pastorizzato e fermenti industriali e con un’umidità inferiore.

E’ possibile conservare la mozzarella anche per periodi più lunghi se la si impiega come ingrediente in preparazioni come pasta al forno, ripieni, pizze, etc. In questo caso o si congela e poi si scongela a temperatura di refrigerazione, oppure la si taglia a pezzetti, si mette in un setaccio e si mette in frigo. In questo modo si secca, diventa una specie di “scamorza”, in modo che, quando cucinata, non rilascia troppo liquido e diventa filante al punto giusto.

Classificazione dei principali difetti della mozzarella di bufala

Possiamo classificare i difetti della mozzarella di bufala in:

  • difetti di colore;
  • difetti di pelle;
  • difetti di consistenza gonfiore;
  • difetti di gusto e sapore.

Difetti di colore

  1. Verde: eccesso di clorofilla (colorante usato per coprire il betacarotene del latte bovino eventualmente miscelato a quello di bufala);
  2. Giallo: presenza di latte o cagliata bovina;
  3. Rosso arancio: in Italia si somministrano come alimento buccette di pomodoro o pastazzo di agrumi. Se somministrati in quantità eccessiva possono colorare il latte e quindi la mozzarella.

Presenza di cagliata bovina.

Difetti di pelle

  • Vaiolo o ‘mbollatura: la pelle della mozzarella è interamente coperta da piccole bollicine, di circa un millimetro di grandezza, a volte sono più grandi e fanno galleggiare la mozzarella nel liquido di governo. Quando le bollicine sono grandi quando una lenticchia ( 5 millimetri), ed interessano anche l’interno, vi è contaminazione di coliformi. Altrimenti il problema è causato da un’eccessiva acidità della salsetta o del liquido di governo (oltre i 35° Dornic). E’ un difetto che si manifesta più spesso in estate. Per rimediare si pastorizza e pulisce la salsetta, o altrimenti si cambia. Le mozzarelle con questo difetto possono essere recuperate immergendole in liquido di governo non contaminato molto freddo (4°C circa).
  • Pelle delicata: una leggera pressione del dito fa sollevare pezzi di pelle o causa screpolature; per questo motivo nel liquido di governo si trovano tanti fiocchetti di pelle di varia grandezza. Le cause possono essere liquido di governo o salsetta molto fredda o scarsa acidità (pH superiore a 4,2 -4,5). Riscaldando un poco (10 -15°C) ed acidificando la salsetta si ha un repentino miglioramento del prodotto.
  • Difetto di chiusura: esercitando una leggera pressione, la mozzarella si apre nel punto di mozzatura. Le cause: cagliata filata a pH troppo basso (inferiore a 4,8) o utilizzo di latte vecchio (refrigerato da più giorni con sviluppo di germi psicrofili). Non esiste rimedio.
  • Pelle viscida: la pelle della mozzarella scompare del tutto, è assente, l’aspetto esterno è simile a quello dello “stracchino” maturo, fondente, vischioso ed attaccaticcio. Si manifesta in 10-12 ore. La causa è da attribuire a scarsa acidità della salsetta o del liquido di governo. Il prodotto è inutilizzabile.
  • Buccia di banana: la pelle è più spessa del normale e la mozzarella si può sbucciare come una banana. Sotto la pelle, che è spessa e superficialmente abbastanza liscia, si trova una pasta untuosa ed attaccaticcia, il gusto è passabile. Le cause possono essere due: o un colpo di freddo del prodotto, e cioè quando le mozzarelle appena prodotte ancora calde vengono raffreddate molto velocemente immergendole in acqua a 5-6°C, oppure il liquido di governo o la salsetta hanno un’acidità molto alta inferiore a 3,4. Non esiste rimedio per questo tipo di alterazione.

Buccia di Banana.

Difetti di consistenza

  • Rammollimento: la mozzarella è molle. La cagliata è stata filata con troppa acqua bollente o è stata tenuta troppo tempo nell’acqua bollente; quindi, è stata riscaldata ad una temperatura superiore di 65°C. Se ci si accorge di questo problema in corso di filatura si può correggere un poco aggiungendo dell’acqua fredda. Il prodotto finale comunque risulterà compromesso, privo di elasticità, sgrassato e molle. Dopo 24 – 48 ore la consistenza può diventare simile alla ricotta.

    Rammollimento.

  • Indurimento: può essere precoce o tardivo. Nel primo caso si nota già mentre si sta lavorando o appena la mozzarella è stata prodotta. E’ causato perché la cagliata non matura è stata filata a pH superiore a 5,20 o può succedere filando cagliata molto matura a pH inferiore a 4,8 con molta acqua che la dilava e quindi la sgrassa. Nel caso dell’indurimento tardivo, la mozzarella appena fatta appare normale, ma con il passare del tempo diventa sempre più dura. Le cause possono essere o latte pastorizzato a temperature molto alte che fa precipitare le proteine seriche che si addossano alle caseine che hanno difficoltà ad allungarsi ed a trattenere liquido. Un altro motivo può essere un’eccessiva carica batterica termoresistente che non viene abbattuta completamente dalla filatura e che provoca un indurimento dell’interno della mozzarella. Non c’è nessun rimedio.
  • Gonfiore: è caratterizzato da un’occhiatura di varia grandezza che può, se accentuata, far galleggiare le mozzarelle nel liquido di governo o nella salsetta. L’utilizzo di un buon siero fermento con ceppi specifici contrasta, in generale, questo difetto. Il gonfiore precoce o “mille buchi” è il più diffuso dei difetti della mozzarella di bufala ottenuta da latte inquinato. Spesso si nota già a poche ora dalla fine della lavorazione. L’igiene della mungitura ed una corretta gestione del siero fermento riducono o annullano questo difetto. La presenza di antibiotici, acqua ossigenata o altri inibenti, anche se naturali (bufale fresche partorite), provoca la morte dei batteri filo caseari e la selezione di microorganismi nocivi anche produttori di gas che causano occhiatura della cagliata sotto siero, alterando anche il gusto ed il sapore della mozzarella. Sono i coliformi, poco sensibili agli antibiotici usati abitualmente nel trattamento delle mastiti, a provocare una vera e propria selezione a loro favore rendendo difficile la moltiplicazione dei batteri lattici che non riescono a moltiplicarsi con la giusta velocità nel latte prima e nella cagliata poi, causando problemi di lavorazione. I batteri dannosi hanno il sopravvento e producono gas ed enzimi proteolitici; anche la velocità dello spurgo è rallentata. Come sottolineò già molti anni fa il professore Charles Alais, latti mastitici o ipoacidi, anche in proporzione del 5% in latti di massa, rallentano lo sviluppo dei batteri lattici. Abbiamo riscontrato anche un gonfiore da un inquinamento di lieviti del siero fermento.

Gonfiore.

Difetti di gusto e aroma

  • Sapore amaro: generalmente è causato dal metabolismo proteico. Può essere dovuto a cause tecnologiche come eccesso di caglio o da proseguimento della proteolisi anche nella mozzarella finita. Abbiamo osservato che il caglio viene trattenuto più fortemente nella cagliata che proviene da latte pastorizzato a temperatura molto alta; insufficiente sineresi (dissieramento) della cagliata; siero fermento vecchio (prodotto da 2 o 3 giorni). Le cause del sapore amaro possono anche di origine alimentare. Gli odori degli alimenti passano nel latte, e quindi nella mozzarella. Tutte le piante appartenenti alla categorie delle crucifere, in particolare cavolfiori, rape, bietole e poi fieno greco, possono conferire cattivi odori e sapori alla mozzarella. Anche la somministrazione di insilato di mais mal conservato può conferire un odore di “rancido” caratteristico alla mozzarella. Una nostra ricerca sull’utilizzo nell’alimentazione degli animali di melassa ha evidenziato in alcuni casi un odore fecale nelle mozzarelle prodotte con il latte di questi animali. Esistono anche cause fisiologiche come la chetosi e l’acetonemia.
  • Odore e sapore di rancido: sono da imputare all’attività delle lipasi che dai grassi liberano acidi grassi di odore forte. Generalmente per insilati di mais scadenti. E’ un difetto che compare più spesso in inverno.
  • Gusto di pesce: causato dalla somministrazione di grandi quantità di polpa di barbabietola.
  • Sapori e odori da cause fisiche: durante la mungitura, il latte ha moltissime possibilità di acquisire eventuali cattivi odori presenti nella sala di mungitura. Anche un’eccessiva quantità di cloro nell’acqua di lavorazione o nel liquido di governo può creare problemi di odore o sapore sgradevoli. Un caratteristico sapore di “ipoclorito di sodio” (varichina) si osserva nei casi in cui si utilizza per riscaldare l’acqua per filare o il latte con vapore diretto, quando la caldaia manca della necessaria manutenzione, o non ha una adeguato impianto di addolcimento dell’acqua, e può succedere che il calcare venga trascinato per mezzo del vapore nel latte o nell’acqua.

LA “RESA” è la quantità di un formaggio o di un prodotto lattiero-caseario che si ottiene da una quantità di latte riferita a 100 parti, espresse in KG o in litri, in relazione ad una determinata lavorazione razionale. Per poter valutare correttamente la resa di lavorazione di una pasta filata, bisognerebbe riferirsi ad uno “standard” preciso di lavorazione, che spesso manca. Risultano a volte discordanti i dati disponibili relativi a lavorazioni di formaggio con lo stesso nome ma ottenuti nelle condizioni più disparate (O.S. Del Prato 1990).

I rendimenti, in genere, si calcolano dopo 24 ore dalla fabbricazione, oppure alla fine della lavorazione o, meglio ancora, al momento della commercializzazione. Le rese in formaggi a pasta filata e sottoprodotti derivati (burro e ricotta) variano a seconda della materia prima, dell’umidità dei prodotti finiti, ma soprattutto a seconda della tecnologia di lavorazione. Da 100 litri di siero di latte di bufala, derivante dalla produzione di mozzarella, si ottengono da 4,5 a 7 kg di ricotta oppure 0,700 – 1 kg di burro; invece da 100 litri di siero di latte di vacca, derivanti dalla produzione di fior di latte, si ottengono da 3 a 4 kg di ricotta oppure 0,500 kg di burro.

Questi valori vanno quasi raddoppiati in caso di filatura meccanica. Il grasso che fuoriesce dalla cagliata matura in corso di filatura con acqua bollente (liquido di filatura) viene recuperato aggiungendolo al siero e poi viene scremato. Da 100 kg di latte di bufala si ottengono circa 22 – 25 kg di mozzarella (resa dopo 24 ore); da 100 kg di latte di vacca si ottengono circa 10 – 12 kg di mozzarella.

Altiero ed altri nel 1989 hanno creato una formula per il calcolo della resa del latte di bufala in mozzarella, partendo dalla percentuale di grasso e di proteine del latte, ancora oggi valida:

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