Dopo la pubblicazione del nostro articolo Abbiamo visto “Food for Profit”  un lettore ci ha scritto inviandoci una riflessione ponderata sul film della Dr.ssa Innocenzi. Firmata dal Medico Veterinario libero professionista Roberto Preti di Milano, questa lettera aperta fornisce un’analisi obiettiva e informata sulle questioni sollevate dal film. Con la sua vasta esperienza nel settore, Preti si propone di esplorare criticamente i temi delicati legati al rapporto tra uomo, animali e alimentazione. La Redazione di Ruminantia è grata per questo contributo informativo e stimolante, che invita alla riflessione su un argomento di rilevanza cruciale.

La lettera

Trattare l’argomento del rapporto tra uomo, animali e alimentazione non è né semplice né banale. L’argomento è complesso e richiede, oltre a grande competenza, anche una onestà di fondo che consenta, al di là delle proprie opinioni, di esporre in modo compiuto le differenti posizioni sull’argomento.

Considerando che l’informazione è una delle componenti fondamentali della democrazia e che la disinformazione lo è dei totalitarismi, voglio entrare nel merito dei contenuti del film della Dr.ssa Innocenzi “Food for Profit” che stando alle informazioni disponibili risulta essere tra le pellicole più proiettate al momento nei cinema italiani e per questo merita di essere commentata.

Nel totale silenzio di istituzioni pubbliche ed organismi di rappresentanza cerco di colmare con questo semplice contributo la distanza tra chi alleva animali da reddito e chi ne consuma i prodotti. E nessuno me ne voglia.

Sono un Medico Veterinario libero professionista e da oltre 40 anni mi occupo di animali d’allevamento, detti anche da reddito; proprio per questo voglio portare un contributo al dibattito in corso che potrei definire in modo sintetico con la domanda: è lecito da parte dell’uomo allevare animali destinati alla produzione di alimenti?

Gli alimenti di origine animale (latte, uova, carne), assieme a verdura, frutta e semi, rientrano nella normale dieta alimentare umana, essendo l’uomo fisiologicamente onnivoro.

La domesticazione degli animali ebbe inizio circa 10.000 anni fa (8.000 a.c.); per essere “domesticato” l’animale doveva rispondere a tre caratteristiche principali: essere “governabile”, cioè gestibile; potersi riprodurre in cattività; ed essere utile all’uomo, cioè fornire prodotti commestibili o utili (latte, uova, carne, pelli e lana) e/o forza lavoro per la trazione ed il trasporto.

In quel periodo, in differenti parti della terra, gruppi (tribù) di uomini e donne passavano lentamente da una vita basata sulla migrazione finalizzata all’attività di raccolta del cibo dal mondo vegetale ed alla caccia ai grandi erbivori, ad una vita stanziale ed organizzata.

L’attuale popolazione mondiale di oltre 7.000.000.000 di individui discende da questo processo, oltre che dalla straordinaria capacità dell’uomo di adattarsi alle situazioni climatiche più estreme e di variare le proprie abitudini alimentari in relazione all’ambiente ed alle condizioni di vita.

Possiamo a grandi linee dividere gli animali in tre macro categorie in relazione ai loro rapporti con l’uomo: animali selvatici, animali sinantropi ed animali domestici.

Il film inchiesta “Food for profit” si dedica alla descrizione dei metodi di allevamento degli animali domestici relativamente agli animali da reddito; non vengono presi in considerazione i bovini da carne; l’inchiesta si concentra sull’allevamento avicolo, quello delle bovine da latte e quello dei suini.

Tramite i cosiddetti attivisti infiltrati, vengono presentate delle immagini di pratiche di allevamento che costituiscono indiscutibilmente dei reati di maltrattamento verso gli animali allevati.

Sullo sfondo degli allevamenti avicoli si lascia intendere la posizione dominante di un gruppo industriale di produzione, senza per altro mai nominarlo, come responsabile delle pratiche descritte; atteggiamento che definirei omertoso.

La cosa grave è che si vuol fare intendere che queste pratiche rappresentino la normalità; per altro sarebbe interessante sapere se, a seguito di queste prove inconfutabili, siano state presentate le dovute e doverose denunce alle autorità dei paesi nei quali i reati si sono svolti, Italia, Spagna e Germania; ma di questo nel film inchiesta non vi è traccia.

Nel film vengono intervistati “liberi pensatori” che vengono presentati come filosofi, scrittori e divulgatori scientifici; non è mai presente un’intervista ad un referente scientifico, docente universitario o ad un Medico Veterinario; non sono presenti dati pubblici ufficiali nè un’analisi del sistema allevatoriale.

Il filmato contiene inoltre affermazioni false e fuorvianti che offendono l’intelligenza della spettatore; si afferma, ad esempio, che viene immesso in commercio latte “guasto” proveniente da bovine con mastite clinica e sub-clinica senza ricordare che tutto il latte che entra nel circuito lattiero-caseario è regolarmente sottoposto a precisi controlli e che il prodotto della mungitura viene utilizzato solo dopo aver subito precisi e consolidati processi che ne garantiscono la qualità igienica e sanitaria; si lascia intendere che gli antibiotici vengono utilizzati in modo indiscriminato e senza controllo mentre nella pratica quotidiana i farmaci vengono prescritti dal Medico Veterinario che ha anche l’obbligo di indicare in modo preciso il protocollo di impiego; si lascia intendere che l’antibiotico resistenza, e quindi la presenza di “super batteri” insensibili ai trattamenti in medicina umana, certamente responsabili di infezioni incurabili che portano gli individui colpiti alla morte, siano la diretta conseguenza di questo uso indiscriminato ed incontrollato di antibiotici negli allevamenti, come se i batteri resistenti passassero dalle carni, dal latte o dalle uova direttamente ai consumatori di alimenti di origine animale.

Chiunque abbia dedicato del tempo allo studio di questo grave problema sa perfettamente che il passaggio non avviene direttamente, anche per il semplice motivo che i prodotti di origine animale non vengono mai consumati tal quale ma solo dopo processi di trasformazione che ne garantiscono la sanificazione e la conservazione nel tempo; l’antibiotico-resistenza avviene per ricombinazione genetica tra batteri patogeni divenuti resistenti e batteri ubiquitari; l’altra fonte, a mio avviso molto più rischiosa per questo fenomeno, è rappresentata dagli animali domestici “d’affezione”, principalmente cani e gatti che vivono a stretto contatto con i loro proprietari; trattandosi di esseri viventi, anch’essi si ammalano e vengono molto spesso curati con antibiotici, frequentemente destinati alle cure per gli uomini, privilegiati nella scelta dei proprietari di animali domestici, per un costo decisamente inferiore a quelli registrati come farmaci veterinari, quando non addirittura acquistati su ricetta medica. Tra questi vi sono anche i CIA.s, cioè quella categoria di antibiotici ritenuti tra i principali responsabili dell’antibiotico resistenza in medicina umana.

Va ricordato a questo proposito che in Italia vivono oltre 60.000.000 di animali domestici, tra questi circa 10.000.000 di gatti e 8.000.000 di cani, tutti fisiologicamente carnivori e potenziali vettori di batteri antibiotico-resistenti.

Tornando all’uomo onnivoro, non voglio colpevolizzare chi si nutre di alimenti di origine animale ma nemmeno lodare chi ha un’alimentazione esclusivamente vegetariana; vorrei solo che ognuno facesse le proprie scelte in modo consapevole ed informato. Non mi piace chi si riempie lo stomaco di carne ma nemmeno chi se lo riempie di insalata. In entrambi i casi di disconosce la storia dell’evoluzione.

Come detto poc’anzi, l’uomo si è evoluto adattandosi a climi ed a regimi alimentari diversi ed adatti alla propria crescita e sopravvivenza.

Valga a titolo di esempio il monumento alla “vacca sacra” eretto a Cuba chiamata Ubre Blanca (tetta bianca), ottenuta con metodi di elaborazione genetica negli anni settanta da un incrocio tra un toro Holstein ed una bovina Zebù, che ancora oggi detiene il record mondiale di produzione di latte. La bovina è morta all’età di 13 anni. Il regime cubano, in pieno periodo di embargo ha dedicato un monumento in marmo bianco a grandezza naturale a questa bovina, ringraziandola per le migliaia di bambini che si sono potuti alimentare grazie alle sue produzioni eccezionali.

Questo rappresenta un uso strumentale dello sfruttamento dell’uomo sull’animale ma fa il paio con l’uso strumentale opposto, cioè quello di ritenere tutti gli animali allevati vittime di sfruttamento da parte dell’uomo.

Per chi desidera approfondire gli argomenti relativi al rapporto tra animali destinati all’alimentazione, ambiente e società umana, consiglio di guardare il film “Cowspiracy” presentato nelle sale cinematografiche nel 2014, realizzato dai registi Kip Andersen e Keegan Kunn, visibile su Netflix o su You Tube. Si tratta a mio avviso di un vero film inchiesta che racconta la storia di un ambientalista (il regista) che diventa vegano, non per motivazioni animaliste ma per ragioni ambientali.

Chi avrà la possibilità di vederli entrambi potrà facilmente cogliere la differenza tra una vero film inchiesta ed un film strumentale, tra un giornalismo militante ed un giornalismo che sfrutta “la pancia” degli spettatori, offendendone l’intelligenza.

Roberto Preti, Medico Veterinario Libero Professionista – Milano