Microbiota intestinale

Noi siamo quel che mangiamo o quello che i microbi intestinali ci permettono di essere? Perché dopo i trattamenti antibiotici possiamo sentirci stanchi o indeboliti? Perché alcuni alimenti ci danno benessere con soddisfazione e gioia mentre altri provocano malessere o tristezza? L’alimentazione umana (e degli animali) deve coprire solo i fabbisogni dell’organismo o anche quelli del microbismo intestinale e in quale misura? A queste ed a tante altre domande possiamo dare una risposta considerando che il corpo umano non è un’isola ordinatamente autosufficiente, ma un ecosistema super-complesso che contiene trilioni di batteri e altri microrganismi che formano un microbiota che popola pelle, bocca, organi sessuali e, in modo particolare, l’apparato digerente. Il microbiota è un ecosistema vario, dinamico e in relazione mutualistica, verticalmente trasmesso al neonato dalla madre, che si stabilisce durante il primo anno di vita e durante la vita subisce trasferimenti orizzontali tra i componenti della comunità. Il microbiota protegge dagli agenti patogeni, nell’intestino metabolizza i complessi lipidici e polisaccaridici rendendoli digeribili, neutralizza farmaci e agenti cancerogeni, modula la motilità intestinale e influenza molti parametri fisiologici, incluse le funzioni cognitive come l’apprendimento, la memoria e i processi decisionali grazie ad una complessa segnalazione bidirezionale tra il tratto gastrointestinale e il cervello, dando origine all’asse intestino-vago-cervello. Questo asse è vitale per il mantenimento dell’omeostasi, è coinvolto nell’eziologia di diverse disfunzioni, disturbi metabolici e mentali contribuendo anche a spiegare le sensazioni che originano dai cambiamenti del microbiota intestinale indotti dagli antibiotici o da taluni alimenti.

Microbiota asse intestino – cervello

Secondo Leo Galland (Galland L. The Gut Microbiome and the Brain– Journal of Medicinal Food, Vol. 17, N. 12, 2014) il microbiota intestinale umano influisce sulla salute del cervello umano in numerosi modi. I lipopolisaccaridi batterici stimolano il sistema immunitario, ma una disbiosi batterica, un’elevata proliferazione batterica nell’intestino tenue o un aumento della permeabilità intestinale provoca un’eccessiva stimolazione che interessa anche il sistema nervoso centrale. Gli enzimi e metaboliti batterici come l’acido D-lattico, l’ammoniaca e gli acidi grassi a catena corta possono produrre effetti neurotossici. I microbi dell’intestino possono inoltre produrre molecole identiche o con azioni simili  a ormoni neurotrasmettitori prodotti dall’uomo. I batteri intestinali hanno la capacità di stimolare i neuroni del sistema nervoso enterico e attraverso il nervo vago inviare segnali al cervello. Attraverso questi ultimi meccanismi, il microbismo intestinale modella l’architettura del sonno, la reattività allo stress dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, influisce sulla memoria, l’umore e la cognizione e divengono clinicamente e terapeuticamente rilevanti in una serie di disturbi e malattie tra le quali l’alcolismo, la sindrome da stanchezza cronica, la lombomialgia, la sindrome delle gambe senza riposo e altre sintomatologie. Per questo il ruolo del microbiota intestinale è allo studio per molte malattie psichiatriche, la sclerosi multipla e le manifestazioni neurologiche della malattia celiaca. Sempre in fase di ricerca e studio sono i mezzi da usare per riportare alla norma o modificare il microbiota intestinale usando antibatterici, cambiamenti della dieta, probiotici e prebiotici.

Microbiota e alimentazione

Oggi abbiamo prove sostanziali sul ruolo del microbiota gastrointestinale nella produzione di molecole neuroattive che causano modificazioni nelle funzioni cerebrali ma poco si conosce su come, in un cammino inverso, l’attività neuroendocrina del cervello possa influenzare la vitalità, la composizione e le funzioni del microbiota. Lyte Joshua M. (Lyte J.M. Eating for 3.8 × 1013: Examining the Impact of Diet and Nutrition on the Microbiota-Gut-Brain Axis Through the Lens of Microbial Endocrinology Front Endocrinol.; 9, 29 Jan. 2019) ritiene necessario approfondire i meccanismi di comunicazione dal cervello all’intestino e come la produzione organica di catecolamine possa indurre cambiamenti nella funzionalità nell’intestino, ma soprattutto sul microbiota. Nella prospettiva di un più approfondito esame di alimentazione e nutrizione, oggi dobbiamo considerare non solo l’organismo, ma anche il suo microbiota, fino al punto da ipotizzare che quest’ultimo sia in grado d’influenzare a proprio vantaggio i comportamenti alimentari, immaginando che vi possano essere fami specifiche indirizzate al mantenimento di un suo buon equilibrio. Infatti, la plasticità del microbiota ai cambiamenti nella dieta dell’ospite è stata vista come un mezzo per guidare la regolazione microbica delle preferenze del cibo da parte dell’ospite attraverso un ciclo di feedback ospite-microbiota. Per questo l’alimentazione dovrebbe essere considerata anche come un mediatore neuroendocrino bi-direzionale ospite-microbiota che condiziona la vitalità del microbiota e la salute dell’ospite.

Microbiota e alimenti

Tutti gli alimenti possono modificare il microbiota intestinale e, tra questi, vi sono i prodotti caseari. Molto ampia è la bibliografia in merito e, ad esempio, Rasnik K. Singh,Hsin-Wen Chang, Di Yan et alii (Influence of diet on the gut microbiome and implications for human health J Transl Med. 15: 73.2017) confermano che il microbioma intestinale gioca un ruolo importante nel modulare il rischio di diverse malattie croniche, ma allo stesso tempo è chiaro che la dieta gioca un ruolo significativo nel configurare il microbiota. Le ricerche dimostrano che le diete possono indurre modificazioni del microbiota intestinale già entro le ventiquattro ore e pertanto vi è una significativa utilità terapeutica nel modificare la composizione del microbioma intestinale attraverso la dieta. In particolare il consumo di particolari tipi di alimenti produce cambiamenti prevedibili nei generi batterici ospiti esistenti, soprattutto di quelli che hanno influenza sui parametri immunitari e metabolici dell’ospite.

I cibi fermentati contenenti batteri lattici, come i prodotti lattiero-caseari sono una fonte di microrganismi in grado di regolare positivamente il microbiota intestinale e, di riflesso, la salute intestinale con benefici risultati sulla malattia infiammatoria intestinale. Si ritiene che tali effetti avvengano grazie alla composizione del microbiota intestinale ed alla produzione di citochine anti-infiammatorie come IL-10. Diverse ricerche segnalano un aumento della popolazione batterica intestinale dopo un regolare consumo di latte fermentato o yogurt, con rilevanti aumenti degli utili bifidobatteri e lattobacilli ed una riduzione dei batteri coliformi e di Escherichia coli intestinali, oltre a una diminuzione nel sangue di trigliceridi, colesterolo totale, il colesterolo LDL, colesterolo VLDL e proteina C reattiva ad alta sensibilità (hsCRP). È stato anche dimostrato che lo yogurt contenente batteri probiotici riduce significativamente nello stomaco la quantità di Helicobacter pylori.

Recentemente, Olesya Volokh, Natalia Klimenko, Yulia Berezhnaya et alii (Gut Microbiome Response Induced by Fermented Dairy Product Intake in Healthy Volunteers– Nutrients,11 (3), 547, 2019) confermano che il consumo di prodotti lattiero-caseari fermentati può avere un effetto positivo sulla salute, anche se la portata e i dettagli di questo possibile impatto sul microbiota intestinale tendono a variare nei singoli individui, come dimostra l’analisi del microbiota dopo trenta giorni di assunzione orale di uno yogurt con aggiunta di Bifidobacterium animalis subsp. lactis BB-12 che provoca anche un aumento di Adlercreutzia equolifaciens e Slackia isoflavoniconvertens, nonché porta ad un’aumentata capacità di metabolizzare il lattosio e sintetizzare gli aminoacidi, assieme a una diminuzione di lipopolisaccaridi. In modo analogo, Ch. Milani, S. Duranti, S. Napoli et alii (Colonization of the human gut by bovine bacteria present in Parmesan cheeseNature, Vol. 10, Article N. 1286, 2019) rilevano che il formaggio Parmigiano Reggiano contiene microrganismi derivati dall’intestino delle bovine, dal latte e dall’ambiente circostante ma soprattutto che il Bifidobacterium mongoliense proveniente dal formaggio transitoriamente colonizza nel microbiota intestinale umano in un processo che può essere migliorato grazie al consumo di latte vaccino. Questi risultati indicano come il microbiota del formaggio ha un impatto sulle complesse relazioni ecologiche tra le popolazioni batteriche ospitate dall’intestino dei consumatori di formaggio, con implicazioni sulla salute umana.

Conclusioni

Considerando la composizione e le modificazione del microbiota, possiamo dare una risposta alla domanda su come i microbi intestinali influenzano il nostro modo di essere, perché dopo i trattamenti antibiotici possiamo sentirci stanchi o indeboliti, come alcuni alimenti che modificano gli equilibri microbiologici intestinali possano dare benessere con soddisfazione, gioia o malessere o tristezza, con la conclusione che l’alimentazione non deve coprire solo i fabbisogni dell’organismo ma anche quelli del microbismo intestinale. Ulteriori ricerche sono però necessarie per meglio conoscere il ruolo che singoli alimenti, come quelli lattiero-caseari, hanno nel modificare favorevolmente il microbiota intestinale e in particolare le quantità e i periodi di assunzione più efficaci.

Una più generale considerazione ci riporta al celebre aforisma dell’antico medico greco Ippocrate: “Fa che il Cibo sia la tua Medicina e che la Medicina sia il tuo Cibo.” Una sentenza che oggi assume un particolare significato da quando si è potuto stabilire il ruolo che gli alimenti hanno nella modificazione del microbiota intestinale.

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.