La produzione del Pecorino di Farindola

In Italia viene prodotto l’unico esempio al mondo di formaggio prodotto con un caglio non di ruminante ma di suino. Si tratta del Pecorino di Farindola, inserito nell’elenco dei PAT, oltre che Presidio Slow Food. Due riconoscimenti che ne attestano una lunga e consolidata tradizione presente in uno specifico territorio che comprende il Comune di Farindola e altri 8 Comuni limitrofi delle province di Teramo e Pescara.

In seguito allo spopolamento del secondo dopoguerra, anche gli allevamenti ovini si erano drasticamente ridotti, con un conseguente impatto sulla produzione del Pecorino di Farindola diventato in quel periodo un prodotto ad esclusivo consumo casalingo. L’istituzione del Presidio e l’inserimento nell’elenco dei PAT ha fatto sì che oltre alla continuità di produzione si salvaguardasse anche il territorio circostante con le sue caratteristiche e la sua biodiversità.

Il Disciplinare di produzione è stato costruito intorno a quella che era già la tecnica produttiva tramandata di generazione in generazione, e che è limitata solo e soltanto a quel territorio con quelle specifiche caratteristiche.

Il latte crudo, l’alimentazione degli animali da prato spontaneo di alta collina e cerali a km 0, insieme al caglio di suino, lo rendono un prodotto non replicabile in altre zone, se non quella riconosciuta dal Disciplinare.

L’origine del Pecorino di Farindola è molto antica. Viene citato da Plinio il Vecchio come il “formaggio dei vestini”, popolo italico stanziato nella fascia pedemontana del versante orientale del Gran Sasso. Anche Marziale nomina questo formaggio prodotto con caglio di suino e lo definisce molto nutriente, assimilabile alla carne, facendo forse riferimento al suo valore proteico.

Il Pecorino di Farindola ha mantenuto sostanzialmente inalterato il procedimento tecnologico che porta alla sua realizzazione. Oggi sono 13 i produttori riconosciuti, le cui aziende hanno tendenzialmente dimensioni medio-piccole, con un numero totale di circa 4.000 capi, comprendenti sia pecore di razza Pagliarola Appenninica, sia incroci con essa o altre razze (ammesse dal Disciplinare essendo la Pagliarola Appenninica in via d’estinzione).

Seguendo la tradizione, l’uomo portava le pecore al pascolo e le donne si occupavano di preparare il caglio e della caseificazione dopo la mungitura. Questo che era un uso contadino diffuso in molte regioni italiane, è diventato in quella zona un valore culturale, il riconoscimento della sapienza e dell’esperienza delle donne nella lavorazione del latte, tanto che oggi il Pecorino di Farindola è anche conosciuto come “Il Formaggio delle donne”. Questa pratica è sancita dal Disciplinare stesso, il quale prevede che solo ed esclusivamente le donne possano produrre il Pecorino di Farindola, proprio per preservare questo valore culturale.

Come si prepara il caglio di suino?

Il caglio suino è una particolarità più unica che rara nel panorama caseario non solo italiano, ma mondiale. Non viene estratto da animali lattanti come nel caso dei ruminanti, ma si ottiene artigianalmente da suini adulti dopo la macellazione eseguita come da tradizione nel periodo invernale.

Viene prelevata molto delicatamente la parte interna dello stomaco del maiale, facendo in modo che rimanga intatta, la si pulisce in modo accurato e poi viene messa in infusione con vino bianco, sale e spezie secondo gli usi di ogni famiglia. Si usa generalmente come vino il Montonico di Bisenti, vitigno autoctono che prende il nome dal Comune anch’esso parte del consorzio del Pecorino di Farindola. Storicamente si è sempre usato questo vino, forse per la sua spiccata acidità che lo rende adatto a conservare meglio il caglio o forse semplicemente per dare più valore ai prodotti del territorio circostante.

L’infusione preparata si lascia in una bottiglia di vetro per 2 o 3 mesi, si filtra e poi è pronta per l’utilizzo. Si conserva a lungo, anche oltre un anno dalla produzione.

Portato il latte ad una temperatura circa di 34°C, si aggiunge il caglio liquido di maiale che impiega più o meno mezz’ora per coagulare il latte, anche se questo tempo può variare in base a diversi fattori, fra cui la stagionalità. La salatura avviene a secco, poi le forme, una volta asciugate su una griglia di legno, vengono trattate con olio d’oliva e aceto e lasciate a stagionare nei caratteristici armadi di legno.

Il caglio di suino contiene a livello enzimatico più pepsina e meno chimosina, rendendo le forme adatte ad una lunga stagionatura che consente al formaggio di mantenere quella nota dolce che lo contraddistingue.

A livello degustativo, all’assaggio, il Pecorino di Farindola ha uno spiccato sapore dolce. Dal punto di vista organolettico prevalgono i profumi ed i sapori di erba e fieno, con leggero sentore animale, con note di sottobosco e fungo specialmente con l’avanzare della stagionatura.

Il Consorzio, nato nel 2002 e di cui è attuale Presidente Annalisa Marzola, “regolamenta e valorizza il prodotto attraverso il mantenimento delle antiche prerogative dell’arte casearia locale, del sistema di allevamento degli animali, della localizzazione dei produttori sul territorio”.

Tutte le forme sono etichettate dai singoli produttori, riportando anche il nome della donna che ha fatto il formaggio.

L’auspicio per il futuro, nelle parole della Presidente Marzola, “è che ci sia un ricambio generazionale che possa garantire il proseguimento di questa lunga e preziosa tradizione, che i giovani possano riscoprire il valore della terra, evitando il fenomeno dello spopolamento contro cui le zone alto-collinari italiane lottano da sempre”.

Maggiori dettagli su questo formaggio sono disponibili QUI. 

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