Latte e altri alimenti per usi non alimentari

Quali prodotti a valore aggiunto si possono ottenere dai sottoprodotti dell’industria lattiero-casearia, nell’ottica di un’economia circolare?

Gli antichi Romani e i guerrieri medievali usavano la pelle dei cinghiali o dei maiali selvatici per i loro scudi e ora noi la utilizziamo per produrre cotechini e zamponi; nelle icone bizantine e nelle tavole rinascimentali, l’uovo, mescolato alla tempera, ha creato pigmenti resistenti al tempo e alle intemperie; le ossa degli animali, oltre ad essere sfruttate per fare il brodo, hanno avuto un largo uso come materiale per costruire oggetti; e, fino al secolo scorso, la farina di grano tenero serviva per fare la colla per i manifesti. Si può dire che non vi è stato alimento, e soprattutto sottoprodotto o coprodotto della lavorazione di alimenti, che non abbia avuto una sua applicazione non alimentare, in una economia circolare che oggi è divenuta quanto mai importante anche per gli aspetti economici e ambientalistici.

Tra i diversi alimenti, il latte di ruminanti e le sue trasformazioni hanno assunto un ruolo di particolare importanza.

Già ai tempi degli antichi egiziani e durante il Medioevo, le colle per cemento e legno erano fatte di caseina di latte. Non dobbiamo quindi meravigliarci del fatto che questo alimento abbia avuto, e continui ad avere, una grande varietà di usi non alimentari e che i costituenti del latte trovino numerose applicazioni nella fabbricazione di materie plastiche, fibre tessili, colle o nella produzione di etanolo o metano, con interessanti prospettive per dare valore aggiunto ai sottoprodotti e agli effluenti lattiero-caseari, riducendo i rifiuti dell’industria lattiero-casearia e permettendo la produzione di film e biomateriali plastici di facile biodegradabilità.

I costituenti del latte che hanno applicazioni non alimentari sono le proteine (caseina e proteine solubili), il lattosio, il grasso e il siero (coprodotto della produzione di formaggio e caseina). Le tecniche di separazione ed estrazione dei diversi componenti del latte sono importanti per la loro valorizzazione. Per esempio, la caseina è precipitata regolando il pH a 4,6, le proteine del siero di latte sono recuperate con ultrafiltrazione e il lattosio è concentrato e cristallizzato dal siero di latte. Tra i molti usi non alimentari del latte alcuni meritano un breve approfondimento.

Caseina e caseinati

La caseina, la principale proteina del latte, ha una lunga storia di utilizzo non alimentare. Fin dall’inizio del diciannovesimo secolo è stata usata nella produzione di una vasta gamma di prodotti, tra cui colle, materie plastiche rigide e fibre tessili, mentre i polimeri a base di caseinato hanno trovato applicazione tecniche come rivestimento protettivo e schiume, rivestimento di carta, adesivi o materiali per stampaggio ad iniezione, agenti di rivestimento o dimensionamento nell’industria cartaria, tessile e della pelle, e come additivi in vernici, calcestruzzo e cemento.

La plastica rigida a base di caseina è uno degli esempi più noti di uso non alimentare delle proteine del latte. La prima, la Galalith®, risale all’inizio del XX secolo in Francia e Germania ed è nota in Italia come Galalite. Altre materie plastiche a base di caseina sono state brevettate con i nomi commerciali di Erinoid® (Regno Unito), Aladdinite® (USA), Casolith® (Paesi Bassi), Lactoloid® (Giappone) e Lactolithe® (Francia) e sono usate per la produzione di bottoni, fibbie, manici di ombrelli e coltelli simili all’avorio. Oggi l’importanza della plastica caseinica è però diminuita a causa della forte concorrenza della plastica sintetica di migliori proprietà.

La caseina è stata usata anche come fibra tessile. Nel 1935 in Italia, nell’era dell’autarchia, Antonio Ferretti della SNIA Viscosa brevetta un processo per un tessile di caseina chiamato Lanital®, nel quale la caseina in soluzione alcalina è diluita in un bagno di coagulazione contenente acido e sali, e le fibre filate sono insolubilizzate in una soluzione di formaldeide. Oggi le fibre di caseina sono note con nomi commerciali come Aralac® (USA), Casolana® (Paesi Bassi) e Fibrolane® (Regno Unito), assomigliano alla lana e sono generalmente combinate con altre fibre artificiali o naturali, come lana, cotone, viscosa e rayon, anche se l’interesse commerciale per queste fibre è diminuito, rispetto alle fibre sintetiche più competitive.

Film e biomateriali per imballaggio a base di caseina hanno trasparenza, biodegradabilità e buone proprietà tecniche (proprietà barriera per gas apolari come O2 e CO2) che li rendono materiali innovativi per il confezionamento di alimenti, anche se di proprietà meccaniche limitate e con sensibilità all’acqua, perché questi film sono idrofili e eccellenti barriere di gas a sostanze non polari come ossigeno, anidride carbonica e aromi. Per la necessità di superare il problema dell’inquinamento ambientale da parte dei polimeri sintetici e grazie alle loro proprietà specifiche, i biopolimeri a base di proteine casearie hanno guadagnato un crescente interesse nell’ultimo decennio e rappresentano un campo emergente negli imballaggi, come film commestibili, nei rivestimenti per frutta e verdura o per pacciamatura delle coltivazioni, e il loro costo più elevato dei film plastici convenzionali potrebbe essere compensato dalle migliori proprietà e prestazioni di biomateriali.

Proteine del siero di latte

Le proteine del siero di latte, che rappresentano dal 15 al 22% delle proteine totali del latte, sono generalmente separate mediante un processo a membrana. Le due più abbondanti sono la β-lattoglobulina e l’α-lattoalbumina. La maggior parte degli usi non alimentari delle proteine del siero di latte riguarda proprietà specifiche delle singole proteine utilizzate in cosmetologia e farmacologia. La β-lattoglobulina e la α-lattoalbumina sono utilizzate come agenti idratanti e antirughe mentre la lattoferrina può prevenire la formazione di radicali liberi attraverso la sua proprietà ferro-chelante. Per la loro origine naturale e le proprietà emulsionanti, le proteine del siero di latte e i loro idrolizzati sono utilizzate in cosmetologia nella formulazione di creme e shampoo non aggressivi e in farmacologia. In altri campi tecnologici le proteine del siero di latte sono state adoperate per la produzione di film e rivestimenti protettivi o di plastificanti della carta di stampa.

Lattosio

Il processo di recupero del lattosio dal latte, o più frequentamene dal siero di latte, comporta generalmente la concentrazione per evaporazione, cristallizzazione, separazione, raffinazione, essiccazione e macinazione. A causa della sua bassa digeribilità e solubilità rispetto ad alcuni altri zuccheri, il lattosio ha limitate applicazioni alimentari, rendendo interessanti altri usi: è adoperato come materia prima in farmacologia, come substrato per la fermentazione di vari prodotti (metano, etanolo …) e nella sintesi di derivati come il lattulosio o lattitolo. Tra i prodotti fermentati dal lattosio e dal siero di latte sono da citare la produzione di metano per digestione anaerobica e la produzione di proteine monocellulari (SCP) e di diversi acidi organici (acetico, propionico, lattico, lattobionico, citrico, gluconico e itaconico) che trovano applicazioni in prodotti chimici speciali. L’acido lattico può essere anche utilizzato per produrre ossido di propilene, polimeri di acido polilattico biodegradabili, glicole propilenico o fibre acriliche, rendendo il mercato dell’acido lattico di primaria importanza (circa 27 milioni di chilogrammi l’anno). L’acido acetico è una materia prima nell’industria chimica e l’acido propionico è utilizzato nella produzione di additivi per mangimi e alimenti, erbicidi e sostanze chimiche intermedie. Il siero di latte è utilizzato come substrato per la produzione di polisaccaridi per fermentazione. I polisaccaridi microbici extracellulari sono utilizzati come addensanti, emulsionanti e stabilizzanti nell’industria alimentare e tessile.

Grassi del latte

Il grasso del latte comprende mono-, di- e trigliceridi, acidi grassi, colesterolo, membrana globulare del grasso del latte e fosfolipidi. Pochi però sono gli usi non alimentari del grasso del latte. Tuttavia proprietà antimicrobiche, antiossidanti e anticancerogene sono attribuite all’acido laurico e all’acido linoleico coniugato, entrambi acidi grassi recuperati dal grasso del latte. Il grasso del latte è stato proposto per la produzione di film commestibili e per imballaggio, e per rivestimenti protettivi che presentano bassa permeabilità al vapore e al vapore acqueo e buone proprietà idrofobiche.

Effluenti dei caseifici

Gli usi non alimentari possono anche essere un metodo alternativo per dare valore agli effluenti lattiero-caseari industriali. L’acqua di lavorazione dei caseifici, esclusa quella di pulizia con detergenti chimici, è composta principalmente da latte diluito e siero di latte, in un rapporto che varia a seconda del tipo di prodotto nell’impianto. Attualmente, parte di questi fluidi è eliminata nei sistemi fognari o è utilizzata senza trattamento nell’alimentazione di animali come suini e bovini come fonte di proteine, lattosio e minerali. Vi è anche l’uso come fertilizzante agricolo ma con due importanti inconvenienti: il trasporto diventa molto costoso a causa del volume quando il siero di latte non è abbastanza concentrato e il siero lascia depositi salini sui suoli con un non trascurabile impatto ambientale. La fermentazione sembra essere il modo migliore per dare un valore aggiunto a tali fluidi concentrati, attraverso la produzione di composti preziosi come alcol o esopolisaccaridi.

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.