Consumi italiani di carne bovina

Le stime sul consumo di proteine d’origine animale redatte dalla FAO con proiezione al 2050 prevedono una crescita commisurata all’incremento della popolazione mondiale e del reddito pro capite atteso per i paesi in via di sviluppo, con un incremento mondiale dei consumi globali di carne e una flessione del consumo apparente pro capite. Una diminuzione pro capite delle carni riguarda anche la carne bovina e bufalina che, secondo una ricerca condotta dalla Commissione di Studio istituita dall’Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali (ASPA) (Russo et al., 2017), in Italia è passata dai 13,57 chilogrammi per anno del 2010 ai 10,03 chilogrammi per anno del 2015, con un minimo di 9,51 kilogrammi per anno registrato nel 2014. Il tasso medio di variazione del consumo reale pro capite è risultato pari a -0,76 chilogrammi per anno. Il calo dei consumi delle carni bovine ha molte cause, tra le quali anche l’opinione di un calo della loro qualità gastronomica, soprattutto della loro tenerezza, condizione che ha molte cause e che merita qualche considerazione.

Carni bibliche grasse e succulente

Nella Bibbia sono magnificate le carni grasse e succulente dei ruminanti, oggi si rimpiangono le carni di una volta e soprattutto ci si lamenta che le carni bovine sono dure, un difetto che contribuisce alla riduzione dei consumi e a rivolgersi alla carne di altri animali. Molte sono le condizioni che contribuiscono a conferire a questo alimento l’apprezzata e ricercata tenerezza e meritano una particolare attenzione, anche perché la non gradita durezza può derivare sia errori che riguardano uno o più anelli della filiera di produzione, che dalla genetica, l’alimentazione e l’allevamento degli animali, fino ai sistemi di cottura.

Genetica, alimentazione e tenerezza della carne

Il muscolo, oltre alle fibre muscolari, contiene anche il tessuto connettivo che serve a unire e sostenere tali fibre e che in buona parte è costituito da collagene, sostanza fondamentale nel determinare la durezza delle carni. In generale, il muscolo più usato ha anche maggiori quantità di collagene ed è più sodo: per questo gli animali che vivono allo stato brado hanno anche carni più dure. Il muscolo contiene diverse quantità di grasso, che serve come carburante per la sua attività. Il grasso si trova sia all’interno che all’esterno del muscolo: per il primo si parla di grasso marezzato, per il secondo di tessuto adiposo di deposito. Soprattutto il grasso interno al muscolo o di marezzatura interviene nella tenerezza della carne e per questo le carni grasse sono più tenere di quelle magre che tendono ad essere dure. Durante la cottura della carne il grasso di marezzatura si scioglie e rende la carne più tenera perché la lubrifica e trattiene l’acqua interna che, se fosse persa, darebbe una carne stopposa. Per questo, contrariamente a quanto si crede, il grasso di marezzatura interno al muscolo è indice di qualità, sia che abbia un colore bianco e sia che tenda al giallo, in dipendenza dal tipo di alimentazione e dall’età dell’animale. La genetica e la selezione dei bovini influiscono in modo considerevole sulla conformazione e sullo sviluppo delle masse muscolari, ma soprattutto sulla quantità del connettivo nel muscolo e sulla distribuzione muscolare del grasso, come pure il tipo di alimentazione. La carne grassa di un giovane bovino di una razza da carne darà una carne tenera, diversamente da quella di un’anziana e magra vacca di una razza da latte.

Allevamento e tenerezza della carne

La consistenza della carne dipende dall’attività fisica dell’animale. Più questo si muove e maggiore è la durezza delle sue carni. Di conseguenza, il vitello ha una carne più tenera del manzo. Per lo stesso motivo i diversi tagli di carne di uno stesso animale hanno una tenerezza differente in base al lavoro che compiono. Il filetto è un muscolo che lavora poco ed è quindi più tenero dei muscoli dei quarti anteriori e posteriori che sostengono il peso dell’animale e lavorano per il suo movimento. Molto importante è anche il regime alimentare dell’animale, e soprattutto l’apporto energetico che condiziona lo stato d’ingrassamento.

Trasporto, macellazione, frollatura e tenerezza della carne

La qualità della carne e la sua tenerezza dipendono anche da come sono eseguiti il trasporto al macello, la macellazione e la frollatura.

Il trasporto, soprattutto di animali non abituati ad un’attività fisica, in particolar modo se lungo e in cattive condizioni (affollamento, forti scuotimenti del mezzo di trasporto, caldo, non abbeverata ecc.), oltre ad essere contrario al benessere degli animali, causa uno stress e un superlavoro muscolare. Un bovino che arriva al macello nelle migliori condizioni e che è macellato bene fornisce una carne di migliore qualità e più tenera di quella di un animale affaticato, spossato e stressato da un lungo viaggio o macellato in modo stressato. Altrettanto importanti sono le condizioni degli animali nel macello, dalle stalle di sosta alle operazioni di macellazione vera e propria, fasi nelle quali bisogna evitare condizioni stressanti di affollamento, temperature troppo basse o troppo elevate e mancanza d’acqua di abbeverata, eseguendo sempre una conduzione accurata e dolce della mandria e del singolo animale.

Il motivo principale che lega uno stress di viaggio e/o di macellazione a una carne dura è che in queste condizioni vi è una forte diminuzione, se non la quasi totale scomparsa dai muscoli, di uno zucchero denominato glicogeno. Un animale stressato ha meno glicogeno nella carne, che sarà quindi meno elastica, più soggetta a guastarsi e soprattutto avrà difficoltà nella successiva fase di frollatura. Per questo le carni di animali selvatici abbattuti dopo una lunga e stressante battuta di caccia hanno bisogno di una lunga frollatura, spesso aiutata da altri trattamenti.

Poche sono le carni di animali che possono essere portate in cucina subito dopo la macellazione e tra queste sicuramente non quelle di ruminanti, che hanno bisogno di un più o meno lungo periodo di maturazione o frollatura. Dopo la macellazione la carcassa dell’animale, un tempo con la sua pelle e oggi protetta da particolari involucri che ne impediscono un eccessivo essiccamento, è appesa per distendere le fibre muscolari e deve essere mantenuta in ambienti con temperatura e umidità controllata. In un periodo di tempo variabile che dipende anche dalle caratteristiche dell’animale, nelle carni avvengono processi fisici e di fermentazione da parte degli enzimi naturalmente presenti nei muscoli, utilizzando anche il glicogeno muscolare. Se questo è scarso, se non assente, la frollatura sarà lunga e incompleta e la carne risulterà inevitabilmente dura.

Conservazione e tenerezza della carne

La carne, come tutti i prodotti alimentari, è soggetta a diversi sistemi di conservazione tra i quali refrigerazione, congelazione, surgelazione, cottura, disidratazione, affumicatura e salatura, ognuno dei quali può interferire sulla sua tenerezza. La refrigerazione a una temperatura che varia da 0 a +4 gradi centigradi rallenta ma non elimina i processi di frollatura e quindi d’intenerimento. La congelazione a temperature da -10 a -20 gradi, che permette una conservazione prolungata delle carni, può danneggiare la loro qualità e durante lo scongelamento si perdono proteine, vitamine e sali minerali che formano il liquido di trasudazione, riducendo il contenuto delle fibre muscolari e aumentando in proporzione la quantità di connettivo, con un conseguente aumento della durezza. Lo scongelamento va fatto lentamente, trasferendo la carne dal congelatore al frigorifero e poi all’esterno. Carni congelate a frollatura incompleta e mal scongelate sono inevitabilmente dure.

Cucina e tenerezza della carne

Molte sono le ragioni per cui si cucina la carne e altrettanto numerose sono le relazioni tra la cottura e la sua consistenza.

In linea generale, sotto l’azione del calore, le proteine coagulano e perdono acqua: per questo una cottura prolungata rende la carne dura. Cuocere la carne al giusto punto di calore è un’operazione solo apparentemente semplice. Per ottenere una carne cotta alla perfezione, cioè tenera, saporita e profumata, bisogna considerare che le fibre muscolari, l’acqua dei tessuti e il collagene richiedono temperature differenti, senza contare il ruolo e l’importanza di eventuali pretrattamenti della carne.

Per avere carni più tenere è utile tritarle, ottenendo polpette e hamburger, o batterle con un pestello. Questi procedimenti scompongono la struttura delle fibre muscolari rendendole più morbide e più facili da masticare. In questo modo sono utilizzate carni che cotte diversamente sarebbero inevitabilmente dure, come quelle di bovine anziane e di razza da latte macellate a fine carriera. Altro sistema è di marinare la carne con acidi come quelli del succo di limone, aceto o vino.

Molti sono i metodi di cottura che sono applicati in relazione alla tradizione, al gusto e al tempo a disposizione e che sono raggruppabili in almeno sei categorie: bollito, fritto, grigliato, arrosto, brasato e stufato. Ognuno di questi metodi di cottura ha le sue caratteristiche in generale abbastanza note e ben adattate alle carni di un tempo, solitamente grasse, di animali adulti e ben frollate. Per le carni bovine moderne, soprattutto magre, è stata sviluppata la cottura a bassa temperatura, meglio se sottovuoto, capace di fornire carni tenere e che merita una particolare attenzione.

Cottura a bassa temperatura e tenerezza

La cottura a bassa temperatura si basa sulla costatazione che le carni sono costituite da fibre muscolari, acqua e collagene, componenti che hanno bisogno di tre diverse temperature. L’acqua evapora a partire dai 100 °C, il collagene si dissolve a partire dai 55 °C e le proteine delle fibre muscolari coagulano a circa 65 °C.

Con le alte temperature la carne perde acqua e tende a divenire più dura, mentre a una temperatura inferiore a 100 °C l’acqua rimane negli alimenti che restano teneri. Da qui la tradizionale regola di lessi ottenuti con acqua che non bolle ma sobbolle. Una lunga cottura poco sopra i 55 °C permette l’idrolisi del collagene e quindi di avere una carne tenera. L’abbinamento di una temperatura tra i 65 e gli 80 °C con tempi di cottura prolungati, soprattutto se eseguita sottovuoto, permette una coagulazione delle proteine muscolari senza indurimento, un interrimento del collagene senza perdita di acqua e quindi una carne cotta morbida e perfetta. Nella pratica, per ottenere una cottura perfetta bisogna stare attenti alla qualità del prodotto scelto, al confezionamento sottovuoto o preventiva rosolatura, a una temperatura di cottura di almeno 65 °C (perché i batteri proliferano dai 5 °C ai 60 °C) e ad un appropriato tempo di riscaldamento.

 

Tabella di cottura a bassa temperatura per manzo e vitello

 

 

Giovanni Ballarini, dal 1953 al 2003 è stato professore dell’Università degli Studi di Parma, nella quale è Professore Emerito. Dottor Honoris Causa dell’Università d’Atene (1996), Medaglia d’oro ai Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, è stato insignito dell’Orde du Mérite Agricole della Repubblica Francese. Premio Scanno – Università di Teramo per l’Alimentazione nel 2005, Premio Giovanni Rebora 2014, Premio Baldassarre Molossi Bancarella della Cucina 2014, Grand Prix de la Culture Gastronomique 2016 dell’Académie Internationale de la Gastronomie. 

Da solo e in collaborazione con numerosi allievi, diversi dei quali ricoprono cattedre universitarie, ha svolto un’intensa ricerca scientifica in numerosi campi, raggiungendo importanti e originali risultati, documentati da oltre novecento pubblicazioni e diversi libri. 

Da trenta anni la sua ricerca è indirizzata alla storia, antropologia e in particolare all’antropologia alimentare e anche con lo pseudonimo di John B. Dancer, ha pubblicato oltre quattrocento articoli e cinquanta libri, svolgendo un’intensa attività di divulgazione, collaborando con riviste italiane, quotidiani nazionali e partecipando a trasmissioni televisive. Socio di numerose Accademie Scientifiche è Presidente Onorario dell’Accademia Italiana della Cucina e già Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie.